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Berenice: alla scoperta del corto di Eric Rohmer tratto da Edgar Allan Poe e disponibile su MUBI
A più di un secolo dalla pubblicazione, Berenice (1954) arriva sugli schermi in bianco e nero. Attraverso l’occhio-cinepresa di Éric Rohmer, la novella di Edgar Allan Poe datata 1835 assume forma visiva e s’inserisce in una parentesi florida (e giovanile) nella produzione del regista francese. Pièce di studio, fondamenta stilistiche, riproposizione di temi senza tempo. Il racconto dell’ossessione del giovane protagonista (Aegeus, interpretato da Rohmer stesso) per la cugina Berenice si dipana tra morbosa tenerezza e macabra monomania.



Berenice, la cui salute è gravemente deteriorata, si consuma nel corpo nei giorni precedenti il matrimonio con il cugino; a preservarsi, i denti della ragazza, per cui Aegeus sviluppa una fissazione feticcia. Su un bianco e nero sporco, Rohmer incide una favola nera dai toni espressionisti, reminiscente del cinema delle origini. Ad accompagnare la narrazione, voice over e colonna sonora orchestrata.



Minimalismo è la parola d’ordine di Berenice; scarnificare il mezzo espressivo per concentrare la totalità delle forze su micro-passaggi a effetto, capaci di imprimersi, incancellabili, nella memoria dello spettatore. Il sapore DIY del corto – girato in casa dell’amico e collega di Rohmer, André Bazin, e fotografato dal critico e regista Jacques Rivette – aumenta l’energia dell’insieme. Che nasce, cresce, ed esplode in un battito di ciglia: proprio come Poe amava scrivere.



Elisa Teneggi

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