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Casinò: i 25 anni del più furibondo dei tour de force di Martin Scorsese

Martin Scorsese trovò una nuova ispirazione grazie a un articolo di cronaca inviatogli da Nicholas Pileggi, scrittore e sceneggiatore che aveva già collaborato con lui in Quei bravi ragazzi. I fatti parlano di Frank "Lefty" Rosenthal (di origini ebraiche e non italiane) gestore del casinò Stardust di Las Vegas, imputato per i suoi legami con la criminalità organizzata. Sembrerebbe essere proprio il personaggio perfetto per un suo nuovo film: un uomo eccentrico, ambizioso e brillante.

Ed è proprio così che nasce l’idea di produrre Casinò: un enorme capolavoro manieristico del regista newyorkese che sancisce la fine di un’ipotetica trilogia sulla mafia italo-americana, iniziata nel 1973 con Mean Streets e progredita con Quei bravi ragazzi nel 1991. 

Casinò, uscito per la prima volta in sala il 22 Novembre del 1995, è giunto al 25° anniversario e ci sembrava doveroso mettere in evidenza alcune caratteristiche di un gangster movie di grande valore artistico, probabilmente sottovalutato negli anni.

Martin Scorsese ambienta le vicende di Casinò nella capitale del gioco d’azzardo: Las Vegas. Si allontana dalla sua amata (criticata) New York per raccontare, o meglio, per farci raccontare da Sam (Robert De Niro) e Nicky (Joe Pesci), grazie al supporto del voice-over, tutte le dinamiche criminose che si celano dietro la gestione del casinò Tangiers.


“Dirigere un casinò è come vendere dei sogni alle persone in cambio di soldi”



Il risultato strabiliante dell’opera garantisce un’immersione all’interno di un’atmosfera infernale, come ci suggerisce il virtuosissimo incipit, distaccandosi dalla semplicistica messinscena dei fatti, attraverso il linguaggio cinematografico. In altre parole, lo stesso Martin Scorsese dichiara che non si tratta di un film con una trama specifica, bensì di un’opera nel quale lo spettatore gode di un’esperienza sensoriale fatta di suoni, voci e immagini genialmente interconnessi tra loro. L’iperrealismo supportato dal piano sequenza, la messa in scena brutale della violenza, la colonna sonora rockeggiante, specchio dell’animo dannato di Sam e Nicky e il montaggio frenetico, opera della semper fidelis Thelma Schoonmaker (con cui intrattiene rapporti professionali fin dalla progettazione di un film), sono le cifre stilistiche decisive che consentono, così, di riprodurre realisticamente un’atmosfera, prima ancora di una trama precisa.

Dunque, lo spettatore si ritrova calato in un inferno terreno nascosto dietro le mille luci ipnotiche di Las Vegas, un puntino scintillante visto dal cielo, circondato da chilometri di deserto dove le persone sono senza morale, dominate da passioni effimere e pronte a ingannare il prossimo pur di ottenere ciò che conta davvero: potere e denaro.

È lo stesso spettatore a vivere uno stato di esaltazione nel vedere quel flusso di denaro che passa, di mano in mano, di stanza in stanza, alla velocità della luce, dalla sala del casinò per finire dritto nelle mani di loschi criminali. D’altronde è questo che fa il casinò Tangiers di Las Vegas: vende sogni in cambio di denaro, ed è lui l’unico vincitore.


“Noi siamo i vincitori, i giocatori non hanno speranze”



Il voice-over conferisce maggiore autenticità all’intera opera, poiché così i fatti non vengono raccontati in maniera oggettiva, bensì Sam e Nick Santoro manifestano la loro versione soggettiva delle vicende in cui sono coinvolti. Quindi, gli istanti narrati prendono una piega differente, a seconda della voce fuoricampo del personaggio. Se sono filtrati dal punto di vista di Sam, assumono contorni più drammatici; diversamente accade se esposti da Nicky Santoro che colora le vicende di tinte grottesche ed esuberanti.

Casinò è una parabola discendente sull’uomo destinato alla dannazione eterna, che comincia dal successo e da una parvenza di vita perfetta, per poi giungere a una profonda e inesorabile auto-distruzione dell’anima che sprofonda, sempre più, nella depressione e nella solitudine.

Sam è un tipo furbo, astuto, bravo a celare i suoi loschi affari, senza farsi notare troppo. Nicky, in stretta parentela con il personaggio di Tommy in Quei bravi ragazzi, cerca di imporsi sugli altri soltanto manifestando una brutale violenza.

Robert de Niro e Joe Pesci sono in uno stato di grazia assoluto, dimostrando tutta la loro professionalità, data anche dal fatto che molte scene sono frutto di improvvisazioni, a incrementare il realismo dell’opera. L’interpretazione sicuramente più riuscita, però, è quella della splendida Sharon Stone, nei panni di Ginger, moglie di Sam, forse mai più così incisiva come in Casinò e incredibilmente sconfitta agli Oscar.


“Mi innamorai subito. Ma a Las Vegas, per una come Ginger, l’amore costa denaro”



Sharon Stone è un’affascinante gangster-lady a cui piace navigare nel lusso sfrenato, ignara del fatto che questa vita materiale e un amore utilitaristico la condurranno a un inesorabile perdita di ogni sentimento umano, a un vuoto interiore che si espande come un buco nero nell’universo, annientandola e portandola a ogni eccesso. Non c’è niente che possa redimere i personaggi di Casinò, che dall’apice del successo si ritrovano a essere un nulla: sono soltanto corpi che fluttuano per le strade illusorie di Las Vegas. Il deserto colmo di cadaveri sotterrati che circonda la città, diventa simbolo dell’eterno nulla di cui sono realmente composti i personaggi, privi di ogni forma di umanità.

Trovandosi a Las Vegas, in un casinò, i numeri sono importanti. Il film raggiunse un curioso record: per 435 volte viene ripetuta la parola fuck (2,4 al minuto). Eguagliato successivamente da Summer of Sam di Spike Lee, e nuovamente superato da Martin Scorsese in The Wolf of Wall Street, che la utilizzò quasi 600 volte. 

Su un budget di circa 52 milioni di dollari 1 milione venne stanziato per i costumi: De Niro indossò 70 diversi costumi, mentre Sharon Stone circa 40, e a entrambi fu permesso di tenersi tutti gli abiti.

Il film venne girato all’interno di un vero casinò: il Riviera di Las Vegas, nel quale la troupe dovette effettuare le riprese dall’1 alle 4 di notte, in modo da non intralciare l’attività del gioco d’azzardo.


“Al casinò il segreto è farli continuare a giocare e a tornare. Più giocano e più perdono. E alla fine ci prendiamo tutto noi.”



Matteo Malaisi

Maximal Interjector
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