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Chiamami col tuo nome: la magia delle location di un set fuori dal tempo
Estate 1983. Elio (Timothée Chalamet), timido diciassettenne americano con la passione per la musica, sta trascorrendo le vacanze nella tenuta di famiglia insieme ai propri genitori, nella campagna lombarda. L'arrivo nella villa di Oliver (Armie Hammer), affascinante studente ventiquattrenne, coincide con l'inizio di una amicizia sempre più intima che porterà i due a innamorarsi l'uno dell'altro.

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Love my way, It's a new road

I follow where my mind goes



Ispirato all'omonimo romanzo (2007) di André Aciman, il quinto lungometraggio di finzione di Luca Guadagnino è un lineare racconto di formazione che scivola in maniera pudica nell'educazione sessuale del giovane protagonista. Un film libero e spontaneo, che trova nella placida calma dell'assolato paesaggio agreste lo scenario ideale per affrontare una storia di fertile semplicità segnata da un significativo gusto per il dettaglio. Questo delizioso coming of age, che può ricordare il cinema di Eric Rohmer, è valorizzato dalla scelta di ambientare la vicenda in un preciso contesto storico-culturale, con la politica che appare dagli schermi della TV, da una semplice immagine colta con naturalezza (quella di Mussolini) o da pittoreschi discorsi a tavola. L'amore diventa espressione di uno stato d'animo che vuole e deve rifiutare il pregiudizio e la repressione dei sentimenti, come se il "fantasma della libertà", suggerito anche dal riferimento al film di Buñuel, si dovesse fare largo dall'effimera spensieratezza degli anni '80, costantemente velata di malinconia. La bellezza del corpo, incarnata dalla figura di Armie Hammer, si specchia nella bellezza dell'Arte (le sculture, i reperti archeologici) e in quella della musica, in un'opera che ricerca in maniera misurata la modernità ma non si vergogna di guardare a un cinema di stampo classico. Oltre ai due protagonisti, sempre credibili, hanno un ruolo di rilievo i genitori di Elio, veicolo di una non banale apertura mentale. Attraverso un approccio tradizionale, il regista palermitano limita al massimo i virtuosismi di regia, rimanendo sempre in sintonia con una scrittura lontana da ogni eccesso melodrammatico: notevolissima, in questo senso, la sceneggiatura di James Ivory, il quale originariamente avrebbe dovuto anche dirigere il film.

Grazie anche allo straordinario lavoro in pellicola 35mm del direttore della fotografia tailandese Sayombhu Mukdeeprom, il quale ha ricreato l'atmosfera dell'epoca ricorrendo a luci completamente artificiali, il film conserva una patina vintage che restituisce un fascino unico agli ambienti in cui si svolge la vicenda. Il risultato è un’opera sofisticata e palpitante, curatissima a livello formale, esaltata anche dalla straordinaria cura delle location. Per la residenza di Elio è stata utilizzata Villa Albergoni, una villa seicentesca disabitata a Moscazzano, piccolo comune in provincia di Cremona. Sei settimane prima della produzione, la troupe (tra cui lo scenografo francese Samuel Dehors e la decoratrice Violante Visconti di Modrone) ha gradualmente decorato la casa con mobili, oggetti e decorazioni ispirati ai personaggi. La costumista Giulia Piersanti ha evitato l'uso di costumi d'epoca e ha voluto fornire «un senso di spensierata sensualità adolescenziale, calore estivo e risveglio sessuale» a Elio e Oliver.






© Giulio Ghirardi


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