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Da Coppola e Scorsese a Friedkin e Cimino, i film che hanno segnato il cinema americano anni '70

Anni '70: il cinema americano si rinnova. L'avvento della New Hollywood, nata alla fine degli anni Sessanta con film come Il laureato (1967), Gangster Story (1967) e Easy Rider (1969), si esprime in tutta la sua potenza durante un decennio che ha segnato per sempre la storia della settima arte. Cambiamenti nelle dinamiche distributive, produzioni indipendenti, autori che guardano all'Europa ottenendo il pieno controllo sui progetti, il tutto inserito in un contesto sociale devastato dalla guerra in Vietnam e da un forte clima di contestazione.

Venti film per un decennio fondamentale: ecco una classifica dei migliori film americani degli anni '70.

20) Un mercoledì da leoni di John Milius (1978)

Dodici anni di vita e di storia americana sono racchiusi in quattro capitoli corrispondenti ad altrettanti grandi mareggiate (1962, 1965, 1968, 1974): a ogni onda, calare la tavola in mare è il modo migliore per dimenticare un attimo che la vita vera è lì, a presentarti il conto. Il terzo film di John Milius, forse il suo migliore in assoluto, è il più classico e profondamente americano dei coming of age.


19) I guerrieri della notte di Walter Hill (1979)

Folgorante rappresentazione espressionista di una metropoli divisa in tribù, I guerrieri della notte individua con precisione la centralità di alcuni elementi che oggi sono manifesto di un'epoca. Azione, violenza stilizzata e coreografata come una danza, ritmo incessante: un cult.


18) Tutti gli uomini del presidente di Alan J. Pakula (1976)

Ispirato all'omonimo libro di Woodward e Bernstein, fortemente voluto da Robert Redford e Dustin Hoffman, Tutti gli uomini del presidente è uno dei più avvincenti lungometraggi d'inchiesta degli anni '70, una pellicola in cui la denuncia sfocia in un apologo sull'oscurità del potere. Esemplare nel mettere in scena i fatti con perizia filologica il film, lontano da facili toni celebrativi, esalta un giornalismo libero, coraggioso e soprattutto puntiglioso.


17) L'esorcista di William Friedkin (1973)

Il film che ha contribuito a sdoganare l'horror tra il grande pubblico. Capolavoro di costruzione tensiva, capace di annientare emotivamente lo spettatore tramite l'uso di un climax narrativo costante, L'esorcista scava nelle paure ancestrali dell'essere umano, oltre a rivelarsi saggio psicanalitico da manuale nonché riflessione critica sulla dicotomia scienza-fede nella società moderna.


16) Fuga da Alcatraz di Don Siegel (1979)

Classico del cinema carcerario che rappresenta uno dei più alti e cristallini risultati di Don Siegel. Non è semplicemente la cronaca dell'autentica evasione avvenuta nel 1962 (la cui conclusione resta tuttora un mistero), ma si tratta di un'opera capace di riscrivere le regole del sottogenere escape film e di un formidabile saggio sulla dignità dell'essere umano e sulla libertà come suo bisogno inalienabile.


15) Cabaret di Bob Fosse (1972)

Ispirato alle Berlin Stories (1945) di Cristopher Isherwood, e all'omonimo musical di Broadway del 1966 targato Kander & Ebb, è il miglior film del coreografo, regista, attore e sceneggiatore Bob Fosse, geometria ossessiva, caleidoscopica e scomposta: il puzzo del nazismo imperante si mescola ai profumi pesanti degli avventori e degli artisti del Kit-Kat Club, alle dinamiche e ai triangoli sentimentali, a un sesso che si consuma in maniera dolorosa ma estetizzante. Un riferimento assoluto per il musical contemporaneo e un puntiglioso ritratto storico e culturale.


14) Il lungo addio di Robert Altman (1973)

Riferimento assoluto del noir anni '70 e acuta demistificazione del genere e delle sue grammatiche costitutive per mano di Robert Altman, Il lungo addio si fa beffe dei meccanismi e delle ingiunzioni del thriller hollywoodiano convenzionale attraverso tutta la smozzicata irriverenza scolpita nel volto unico e memorabile di Elliott Gould.


13) Quel pomeriggio di un giorno da cani di Sidney Lumet (1975)

Sidney Lumet mescola le carte (sia sul piano morale, sia su quello di genere), raccontando la tragedia e lo smarrimento di un Paese e ragionando fin da subito sul rapporto tra singolo e comunità, sull'invasione dello spazio privato da parte delle autorità. Un heist-movie che diventa presto film politico, intrecciandosi con quello sentimentale e raccontando con sublime avanguardia l'amore tra due uomini.


12) Io & Annie di Woody Allen (1977)

Opera fondamentale nell'itinerario cinematografico di Woody Allen, Io & Annie rappresenta la totale maturazione artistica di un cineasta dall'indole comica, dietro la quale fa capolino una vena malinconica e sottilmente crepuscolare che ritornerà nei suoi film successivi. Spontanea, vitale, multiforme pellicola capace di restituire e integrare armoniosamente la minuziosa analisi di un rapporto di coppia segnato da piccoli traumi e repressioni infantili, la profonda riflessione su un'esistenza alienante e la testimonianza sincera di un'epoca e dei suoi costumi socio-culturali.


11) Qualcuno volò sul nido del cuculo di Miloš Forman (1975)

Tratto dall'omonimo romanzo di Ken Kesey, che narra dell'esperienza volontaria dell'autore in un centro per veterani di guerra, Qualcuno volò sul nido del cuculo è uno dei più toccanti e sconvolgenti film sulla malattia mentale e sulla realtà aberrante dei manicomi negli anni Settanta, quando pratiche barbare come elettroshock e lobotomia erano considerate di ordinaria amministrazione. Un inno alla vita degli ultimi e contemporaneamente un duro attacco a un sistema dimentico dei suoi figli più sfortunati, considerati alla stregua di pesi da cui liberarsi e non di fratelli da aiutare.


10) Halloween – La notte delle streghe di John Carpenter (1978)

«Un ragazzo di sei anni con una faccia atona, bianca, completamente spenta; e gli occhi neri... gli occhi del Diavolo. Per otto anni ho tentato di riportarlo a noi, ma poi per altri sette l'ho tenuto chiuso, nascosto, perché mi sono reso conto con orrore che dietro quegli occhi viveva e cresceva... il male». Al suo terzo lungometraggio, John Carpenter raggiunge uno dei punti più alti della sua carriera, confezionando uno degli archetipi dello slasher e consacrando il suo protagonista, Michael Myers, nell'Olimpo delle icone horror più famose di tutti i tempi.


9) Star Wars : Episodio IV – Una nuova speranza di George Lucas (1977)

Quando un giovane George Lucas, autore con due sole pellicole all'attivo, propone alla Fox il soggetto di un film di fantascienza dalle venature fantasy, è probabilmente il primo a non sospettare che l'impatto di Guerre stellari sul genere sci-fi, ma soprattutto sull'industria cinematografica americana, sarà pari a uno tsunami. Atto di nascita del blockbuster moderno: il grande schermo torna a essere il luogo per eccellenza dell'entertainment.


8) Alien di Ridley Scott (1979)

Capolavoro che travalica i generi: l'atmosfera fantascientifica vira lentamente ma inesorabilmente verso l'horror, sempre cadenzata da una tensione ansiogena da thriller claustrofobico. Uno spostamento che trova la sua incarnazione nella progressiva importanza che il personaggio di Ripley va ad acquisire con l'evolversi della narrazione, secondo violino che diventa protagonista ed emblema di un nuovo modello di eroina, destinato a far scuola.


7) Chinatown di Roman Polanski (1974)

Pietra miliare di un genere allora in declino e perfetta testimonianza del clima di disillusione dei plumbei anni Settanta, Chinatown, nato come progetto su commissione, è il film che (insieme a Il lungo addio di Robert Altman, del 1973) riportò il noir alla ribalta sulla scena hollywoodiana. Roman Polanski attinge alle atmosfere fumose delle detective stories anni Quaranta, aggiungendovi una serie di simbolismi e di richiami interni che fanno del film un fedele omaggio al passato e una geniale opera di rivisitazione moderna di un cinema al tempo dato per deceduto.


6) Arancia meccanica di Stanley Kubrick (1971)

Indimenticabile sinfonia sulla (ultra)violenza insita nella mente umana, la pellicola è una spietata parabola sul libero arbitrio che contiene un forte dilemma morale (è meglio imprigionare una persona o trasformarla in una robotica “arancia meccanica”?) già presente nell'omonimo romanzo di Anthony Burgess da cui il film prende ispirazione. Kubrick punta su una fantascienza distopica, prossima e dagli ampi risvolti sociologici: il regista non poteva prevedere l'aumento di violenze, in qualche modo connesse alle suggestioni della pellicola, e che destarono grandi polemiche, tanto da portare l'autore a scegliere di impedirne la circolazione per diversi anni.


5) Taxi Driver di Martin Scorsese (1976)

Dal “casuale” sodalizio con Paul Schrader, ex critico cinematografico passato alla sceneggiatura, nasce il capolavoro assoluto di Martin Scorsese: un viaggio allucinato in una mente deviata e in una New York mai così sporca e infernale. La città, ritratta nelle vivide luci notturne della fotografia di Michael Chapman, è specchio di una nazione incapace di superare la pesante eredità del Vietnam e che nasconde la sporcizia sotto il tappeto della politica più ipocrita.


4) Il padrino – Parte II di Francis Ford Coppola (1974)

Allo stesso tempo prequel e sequel del primo episodio, Il padrino – Parte II radicalizza, con smisurata ambizione, le tematiche del film precedente: i riti, i meccanismi e le regole della famiglia Corleone si fanno metafora complessa e astratta del potere capitalistico nella sua accezione più metafisica e assoluta. L'occhio di Coppola non è mai quello del giudice moralista, quanto piuttosto quello dell'appassionato narratore onnisciente dell'800, che ama i propri personaggi nonostante stia raccontando una moderna tragedia umana.


3) Il cacciatore di Michael Cimino (1978)

Opera seconda di Michael Cimino che ci consegna un capolavoro di struggente intensità e uno dei più alti risultati della New Hollywood. E pensare che, al di là del grande successo di pubblico, fu considerato un film reazionario e filo-interventista: un primo segnale (confermato due anni dopo con I cancelli del cielo) che dimostra quanto il cinema di Cimino fu poco compreso all'epoca. Un pugno nello stomaco di brutale realismo: imprescindibile.


2) Il padrino di Francis Ford Coppola (1972)

Pietra miliare del cinema americano e architrave della cosiddetta New Hollywood, Il padrino è il film che rilanciò il business delle mega-produzioni americane e che, soprattutto, fece entrare nell'immaginario collettivo il mondo della mafia siciliana. Il culto della famiglia, il parallelismo con la politica, lo sfarzo, l'economia intesa come scambio di favori reciproci e il capitalismo di relazione, dopo l'uscita del film sono diventati un fenomeno pop.


1) Apocalypse Now di Francis Ford Coppola (1979)



Ancora il gigante Francis Ford Coppola, che dà vita a uno dei film più importanti della cultura contemporanea occidentale e, probabilmente, al miglior war-movie di tutti i tempi. Ispirato a Cuore di tenebra (1902) di Joseph Conrad e scritto a quattro mani insieme a John Milius, Apocalypse Now è un'opera folle e debordante che si presta alle più svariate interpretazioni e letture, raro caso in cui il risultato superi le pur superbe ambizioni del regista. Capolavoro assoluto. Da segnalare l'uscita in sala nel 2001 di Apocalypse Now Redux, versione restaurata dell'originale con un nuovo montaggio e 53 minuti di pellicola in più.

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