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Indiana Jones: avventura, emozione e ironia in 10 momenti cult della saga
Indiana Jones, ovvero il temerario archeologo dal cuore d'oro pronto a rischiare la vita per difendere tesori e antichità di inestimabile valore, diviso tra scrupolosa carriera accademica e indiavolata esperienza sul campo. Incarnazione dell'eterna lotta del Bene contro il Male, Indy (non chiamatelo Junior come fa suo padre perché va su tutte le furie!) nasce dal genio assoluto di George Lucas, padre putativo anche di Star Wars, e Steven Spielberg, ovvero colui che riesce a esprimere meglio di chiunque altro le potenzialità del mezzo cinematografico in termini di magia, emozione e spettacolo.


«Perciò toglietevi dalla testa città abbandonate, viaggi esotici e scavi in giro per il mondo. Noi non seguiamo mappe di tesori nascosti e la X non indica mai il punto dove scavare»



Tra gli eroi più iconici, influenti e amati nella storia del cinema ma anche del costume contemporaneo, Indiana Jones vive di un'aura mitica fuori dal tempo, che rispecchia l'esplosività e il gusto per l'esagerazione degli anni '80 ma, allo stesso tempo, si fa cantore di una cultura postmoderna che spazia dai serial televisivi per ragazzi al cinema avventuroso degli anni '30 e '40, passando per gli intrighi spionistici alla 007. Impossibile, come accade davvero pochissime volte al cinema, scindere il personaggio dall'attore che lo ha sempre interpretato nei 3 + 1 film della serie, in attesa di vederlo tornare nel quinto episodio, diretto da James Mangold, che uscirà il 29 luglio 2022: frusta, capellaccio sgualcito e giacca di pelle, Harrison Ford è l'immagine dell'archeologo/professore/avventuriero per eccellenza, più volte imitato ma mai nemmeno lontanamente eguagliato.

Nel 2003, l'American Film Institute lo ha classificato come il secondo più grande eroe cinematografico di tutti i tempi, dopo Atticus Finch (Gregory Peck) ne Il buio oltre la siepe e prima di James Bond (Sean Connery) in Agente 007 – Licenza di uccidere, mentre nel 2020 è stato eletto il più grande personaggio cinematografico dalla rivista Empire. Entertainment Weekly nel 2009 lo ha classificato al 2º posto nella lista degli eroi più cool di tutti i tempi nella cultura pop, tra James Bond (primo) e Superman (terzo).

Ecco 10 immagini per 10 momenti cult della saga di Indiana Jones:



La maxi sequenza di apertura dell'immortale capostipite della saga, I predatori dell'arca perduta (1981), è un classico della storia del cinema, un condensato di gran parte dei tratti distintivi che tutti i film del fortunato franchise proporranno negli anni a venire. Esotismo, un costante senso di minaccia incombente, ingegnose trappole da cui sfuggire in nome della gloria eterna, battute fulminanti, colpi di scena e un magnifico senso plastico dell'azione (come dimenticare il masso gigante che rotola alle spalle di Indy!). Ma il momento in cui si trattiene letteralmente il respiro insieme al nostro eroe è quello della "sostituzione" del sacchetto di sabbia al posto della preziosa statuetta per far sì che non scattino strani congegni.



Se c'è un cliché che Indiana Jones ha spazzato via dalla faccia della Terra, è quello dell'archeologo compassato e legnoso che passa le giornate a spolverare reliquie nel suo grigio laboratorio. Per la premiata ditta Lucas&Spielberg l'archeologia diventa una scienza dal fascino incredibile, e il dottor Jones, oltre a mille eccentriche insidie sul campo, deve arginare anche le avances di qualche studentessa in aula durante le lezioni...



Il finale del primo capitolo della saga è un altro dei momenti cult per eccellenza della storia del personaggio e di ciò che il mondo entro cui si muove significhi a livello di immaginario cinematografico. La presunzione di sostituirsi al Divino e l'accecante brama di potere sono due elementi chiave, e se ci aggiungiamo che i cattivi sono i nazisti, si può dire di aver raggiunto la perfezione. Dal punto di vista dello spettacolo, la sciagurata e incauta apertura dell'arca dell'Alleanza è qualcosa di straordinario.



L'opening scene di Indiana Jones e il tempio maledetto (1984), ambientata al Club Obi Wan (!!!) nella Shanghai del 1935, è uno dei vertici assoluti della tetralogia e di tutta la carriera di Spielberg, senza ombra di dubbio. La chicca per cui andare in estasi totale è Ford/Indy che omaggia il Connery/Bond di Goldfinger con tanto di tuxedo bianco e garofano rosso all'occhiello. Love reactions only.



Il tempio maledetto è il capitolo più cupo della saga, con i sanguinosi culti dei Thugs alla dea Kalima dalle tinte quasi horror, ma non mancano momenti leggeri che sembrano usciti da una commedia sofisticata di Hawks, grazie alla presenza della meravigliosa Kate Capshaw, futura moglie di Spielberg dal 1991. I suoi siparietti con Ford sono una delizia, e la sequenza della cena a base di specialità indiane è da antologia. Fondamentale, nell'economia del film, anche il personaggio del simpaticissimo Shorty (Jonathan Ke Quan), a dimostrazione di come, ancora una volta, il cinema spielberghiano trovi nei bambini i suoi interlocutori privilegiati.



A una sequenza di apertura a dir poco magistrale, corrisponde un finale altrettanto eccezionale: dopo la mirabolante fuga a bordo dei carrellini della miniera, nell'epilogo da togliere il fiato de Il tempio maledetto il nostro eroi si trova sospeso su un pericolante ponte tibetano a combattere i cattivi di turno. Meraviglia!



Fulcro del terzo capitolo della serie, Indiana Jones e l'ultima crociata (1989), è l'irresistibile dinamica conflittuale del rapporto tra Indy e suo padre, magnificamente incarnato da una icona come Sean Connery. La ricerca del Graal, simbolica ricerca delle fede e del divino, coincide per Indy con la ricerca di un ritrovato rapporto paterno. Secondo Steven Spielberg soltanto l'autentico James Bond poteva impersonare il padre di Indiana Jones e il risultato del film gli ha dato pienamente ragione. «Quegli imbecilli che marciano al passo dell'oca come lei, dovrebbero leggerli i libri, invece di bruciarli» (Prof. Henry Jones Sr.).



Come dimenticare l'incontro vis-à-vis tra Indy e Hitler? Una trovata a dir poco geniale.



Dopo l'immane impresa che ha visto padre e figlio scontrarsi con i sovrumani poteri del Santo Graal, L'ultima crociata si chiude con una memorabile cavalcata western alla John Ford che parte dalle rovine di Petra e si perde all'orizzonte del deserto al tramomto. L'essenza del cinema è tutta qui.



Quarto film della saga, realizzato diciannove anni dopo il capitolo che l'ha preceduto, Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo (2008) cerca di rinverdire stancamente il mito, con un uso smodato di effetti (poco) speciali digitali e uno script che mette troppa carne al fuoco, tra civiltà perdute, alieni, Guerra fredda, bomba atomica e agnizioni familiari. Notevole però l'idea di base di far in modo che l'eroe si confronti con elementi di diverse epoche, passate e future, per diventare un simbolo al di là di ogni coordinata temporale, ma il fascino dei primi tre film resterà per sempre ineguagliato.

Davide Dubinelli
Maximal Interjector
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