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Pierfrancesco Favino, il duro dal cuore d'oro del cinema italiano
Tre David di Donatello, cinque Nastri d'argento e una Coppa Volpi alla Mostra del Cinema di Venezia: questo il biglietto da visita di Pierfrancesco Favino, uno dei nomi di punta del panorama cinematografico italiano contemporaneo. Attore versatile che ha fatto della capacità mimetica nell'interpretare personaggi fortemente connnotati il suo punto di forza, Favino ha il carisma e il fascino magnetico del divo d'altri tempi. Ora sornione, ora irrequieto, l'attore romano dà sfoggio del suo talento cristallino in maniera misurata e mai invasiva, come solo i grandi sanno fare.

Ecco la nostra classifica delle sue cinque migliori interpretazioni:

5) Romanzo criminale (Michele Placido, 2005)


Ambizioso progetto di Michele Placido che, adattando l'omonimo libro di Giancarlo De Cataldo, intende raccontare trent'anni di storia italiana attraverso le vicissitudini e i crimini della Banda della Magliana, l'organizzazione criminale più potente di Roma a partire dagli anni Settanta. Benché su tutto aleggi un certo pressapochismo storiografico e qualche schematismo dicotomico di troppo (specie nella contrapposizione tra il romanticismo dolente dei fuorilegge condannati alla sconfitta e il cinico pragmatismo dei poteri occulti che agiscono in nome della ragion di stato), lo stile fiammeggiante e nervoso di Placido è funzionale e sorprendentemente misurato, capace di garantire un solido impianto drammaturgico grazie anche a una narrazione che regge assai bene l'imponente durata. Un bell'esempio di gangster italiano calato in un'atmosfera noir. Il film ha ispirato l'omonima serie televisiva prodotta da Sky e diretta da Stefano Sollima. Il Freddo (Kim Rossi Stuart), il Dandi (Claudio Santamaria) e, soprattutto, il Libanese (Pierfrancesco Favino) non si dimenticano facilmente.

4) Il traditore (Marco Bellocchio, 2019)


Marco Bellocchio si confronta con un biopic lineare, complessivamente schematico e dal taglio informativo, sulla vita di Tommaso Buscetta, detto “don Masino”, il pentito più celebre e influente della storia della mafia siciliana e non solo. Il risultato è un affresco dell’Italia dell’epoca che passa attraverso tradimenti e menzogne, dialoghi rivelatori (quelli con Falcone, ad esempio, dove echeggia inequivocabile il tema della morte) e un pallottoliere di omicidi d’onore che scorre in maniera inesorabile. Il tessuto formale del film, che segue le peregrinazioni di Buscetta, noto come “il boss dei due mondi”, anche in Brasile e negli Stati Uniti, regala più di un momento in linea con la forza espressiva delle immagini di Marco Bellocchio, che plasma intorno a un personaggio prismatico e indecifrabile, divorato dal destino tragico che si è scelto, la propria consueta riflessione sulla famiglia (i figli e i padri, i legami interni a Cosa Nostra). Un'opera che si regge tutta sulle spalle di un ottimo Favino, costretto agli straordinari per dare spessore al suo personaggio.

3) Suburra (Stefano Sollima, 2015)



Tratto dall'omonimo romanzo di Carlo Bonini e Giancarlo De Cataldo, un film corale dove si intrecciano le storie di vari personaggi, carnefici e vittime di un sistema corrotto e brutale, dove per raggiungere i propri scopi si è disposti a fare qualsiasi cosa. Stefano Sollima, grazie anche alla sceneggiatura di Stefano Rulli e Sandro Petraglia, gestisce bene una narrazione non semplice, giocando con un efficace simbolismo ma appoggiandosi forse troppo a ripetitive, per quanto suggestive, intuizioni visive e sonore, tipiche di un prodotto alla moda (basti pensare alla colonna sonora) che segue un preciso mood stilistico. In ogni caso, un noir cupo e pessimista girato con mano sicura, dal grande appeal. Il titolo fa riferimento a un quartiere della Roma antica in cui il potere e la criminalità s'incontravano segretamente. Memorabile il viscido onorevole corrotto interpretato da Favino.

2) Romanzo di una strage (Marco Tullio Giordana, 2012)



A quasi cinquant'anni dalla tragedia di Piazza Fontana, Marco Tullio Giordana tenta di ricostruire l'irrapresentabile e, avvezzo a temi scottanti, sceglie di raccontare una delle pagine più drammatiche della storia nazionale, evitando variazioni sul tema e lasciandosi guidare da eventi meticolosamente ricostruiti. Un film curatissimo, controllato sia dal punto di vista formale che narrativo, neutrale nell'esposizione di fatti aberranti, asciutto pur rifiutando pretese documentaristiche. Dalle vicende storiche al calvario processuale, corredato da indizi, testimonianze, verità e bugie che depistano e mantengono alto il livello di tensione, una notevole opera di impegno civile con cadenze da thriller poliziesco, ottimamente scritta e interpretata. Straordinario Favino nei panni dell'anarchico e partigiano italiano Giuseppe Pinelli.

1) Hammamet (Gianni Amelio, 2020)



Il re è caduto. Concentrandosi su una ferita ancora aperta di Storia italiana, Gianni Amelio, autore unico del soggetto e sceneggiatore accanto ad Alberto Taraglio, ha realizzato un film biografico che si concentra quasi esclusivamente sul versante umano del protagonista Bettino Craxi (il suo nome, però, non viene mai menzionato), affrontando il funereo epilogo di uno spaccato scottante di politica nostrana senza farne un resoconto fazioso o strettamente militante. Il travaglio esangue dell'uomo, arrogante, impulsivo e falso (anche con se stesso) coincide con la frattura insanabile di un Paese al capolinea, costretto a rifondare la propria classe politica. Tra aderenza filologica alla realtà dei fatti, tanto da girare all'interno della vera dimora tunisina di Craxi e citare alcuni momenti specifici passati a memoria (come il lancio delle monetine), e volontà di tendere la mano all'immaginazione, Amelio porta a compimento un trait d'union di rara raffinatezza, tra parossistico iperrealismo, soprattutto nella mimesi fisica del protagonista, ed esaltazione della finzione cinematografica, occultando i nomi propri dei personaggi e inserendo un fittizio elemento "thriller". Monumentale prova di un Pierfrancesco Favino al suo meglio.
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