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FESCAAAL 31 – Il racconto della ottava giornata: la prima italiana di tre (ottimi) film "The Exam", "Assault" e "Angle Mort"
In una giornata con diversi film del Concorso EXTR’A in replica, gli spettatori si sono potuti “consolare” con la prima italiana di tre (ottimi) film: The Exam di Shawkat Amin Korki, Assault di Adilkhan Yerzhanov e Angle Mort di Lotfi Achour.

SEZIONE FLASH

Dopo il film d’apertura, Twist à Bamako torna la sezione FLASH con Assault di Adilkhan Yerzhanov. In uno sperduto villaggio tra i ghiacciai kazaki, un pavido insegnante abbandona la sua classe mentre l’intera scuola è occupata da un gruppo di uomini armati e mascherati. In attesa della polizia, otto improvvisati assaltatori pianificano un raid nell’edificio per liberare i piccoli ostaggi. Commedia nera sì, ma non come quelle (spesso di matrice inglese) alla quale ci siamo ormai abituati. Qui la ridicolaggine dell’essere umano viene mostrata dal primo all’ultimo minuto e, soprattutto, a farne le spese sono i bambini, l’unico gruppo ad essere totalmente innocente. L’evento che dà il via alla trama, nel suo essere insensato e ingiustificato, risulta essere poco più che un MacGuffin. Esso consente infatti di raggruppare e isolare i personaggi contro il quale il regista si scaglierà, deridendoli senza pietà. Al termine dell’impresa, nessuno degli otto assaltatori viene ricompensato per lo sforzo (minimo, dato che gli uomini mascherati si rivelano essere quasi dei manichini). Il tutto è perfettamente coerente con l’idea del regista di mostrare la meschinità dei suoi personaggi durante tutto il corso della pellicola, senza possibilità di redenzione.


CONCORSO LUNGOMETRAGGI “FINESTRE SUL MONDO”

L’ultimo film a concorrere al premio più importante, The Exam di Shawkat Amin Korki, è un dramma sociale dal ritmo sostenuto che narra la storia di Rojin, la quale si sta preparando all'esame di ammissione all'università e della sorella Shilan, che farà di tutto per aiutarla. Ella infatti è consapevole che, qualora la sorella non passasse l’esame, sarà data in sposa contro il suo volere. Incastrata in un matrimonio segnato da violenza e paura, Shilan trova degli uomini che aiuteranno la sorella a barare. Sorretto da una sceneggiatura ben calibrata tra la componente sociale (la quale mette in mostra un Kurdistan iracheno dominato da corruzione e ingiustizie) e quella di puro intrattenimento (basata su un climax narrativo in cui, ogni giorno che passa, diventa più difficile trovare un modo per barare), il film, grazie a degli interessanti personaggi secondari, tratta anche di dilemmi morali, i quali ovviamente si devono scontrare con la realtà dei fatti. Il protagonista a due teste, Shilan che rappresenta il futuro e Rojin il presente, è scisso al suo interno: quanto spingersi oltre per opporsi al proprio destino?

CONCORSO CORTOMETRAGGI AFRICANI

Ad anticipare The Exam è stato uno dei corti più stupefacenti e di impatto del festival: Angle Mort di Lotfi Achour. Tramite materiali audio d’archivio e un’animazione mista, fatta di disegno, di immagini fotografiche, graffiate o ricalcate ma, tutte rigorosamente in bianco e nero, viene raccontata la tragica fine di Kamal Matmati. Nella Tunisia sotto la dittatura di Ben Ali, venne rapito, torturato, ucciso e poi dato per scomparso. Quasi come fosse un fantasma in attesa del definitivo riposo, egli narra, in prima persona (al momento della sua uccisione lo spettatore rimarrà sicuramente spiazzato), non tanto la sua storia, quanto quella della sua famiglia, la quale, anche dopo la sua morte, continuerà a essere perseguitata. Un’epopea familiare che mostra li strascichi secolari della dittatura che, tra bugie, omissioni e menefreghismo, rende impossibile la pace, sia terrena che dei cieli.


CONCORSO EXTR’A

Si ripetono i sei film proiettati la scorsa giornata con l’aggiunta di una nuova replica: La leggenda dell’albero segreto. Giuseppe Carrieri, nel suo ultimo documentario, realizzato in collaborazione con l’Università IULM di Milano, ci guida attraverso le tradizioni del Messico legate all’utilizzo della pianta di cacao e, grazie anche alla scelta di un elegante bianco e nero, riesce ad esprimere la spiritualità di queste antiche popolazioni da sempre legate alla natura e ai suoi frutti. L’incanto è però presto spezzato da un differente punto di vista: quello della scienza e della ricerca, che mira alla coltivazione in laboratorio del cacao e alla produzione su larga scala dello stesso e dei suoi derivati. Le due componenti si scontrano e si incontrano, in un dialogo proficuo e attuale. Il film è inoltre legato ad una mostra interna all’università IULM che presenta i luoghi e la diffusione della pianta di cacao con tutti i significati che essa assume e ha assunto nella storia. Sia per l’organizzazione di quest’ultima che per la realizzazione del documentario, gli studenti sono stati protagonisti e questo è sicuramente una nota di merito. Un’ora di viaggio che vale la pena compiere.

Rue Garibaldi, già presentato nello scorso Torino Film Festival (durante la quale ha vinto il premio per il miglior documentario italiano), racconta la storia di Ines e Rafik, fratello e sorella di origine tunisine ma cresciuti in Sicilia, i quali cercano di sopravvivere lavorando a Parigi. Federico Francioni abbandona ogni remore di distacco oggettivo e decide di immergersi totalmente nella vita dei due fratelli per trattare le questioni di lavoro, di precarietà, di identità, di una ricerca di senso, emerse dall’intima investigazione dei due ventenni.

Con The Nightwalk, Adriano Valerio centra l’obiettivo di raccontare in maniera convincente il dramma della vita nell’era della pandemia. L’incubo del confinamento lontano dalla propria casa e dai propri affetti, vissuto da Jarvis, ragazzo trasferitosi a Shangai per motivi di studio nel 2020, si configura come singola storia all’interno un’esperienza collettiva provata da gran parte della popolazione mondiale. Utilizzando numerose immagini di repertorio alternate a riprese particolarmente efficaci, grazie all’uso della fotografia elegante e, allo stesso tempo, incisiva di Olivier Dressen, il regista riesce a coinvolgere lo spettatore. Il quale, da subito, si immedesima nel protagonista, introiettando la sua ansia, la sua stessa angoscia e il senso di impotenza. La maggior parte del film si svolge in un’ambientazione notturna. Un’oscurità che diventa metafora del buio nel quale è sprofondata l’umanità.
 
Capitan Didier, corto realizzato da Margherita Ferri a partire da una sceneggiatura vincitrice della seconda edizione di “Una storia per EMERGENCY”, bando di concorso per sceneggiature che si pongono come obiettivo quello di illuminare le devastanti conseguenze sociali e sanitarie della guerra, dell’accoglienza e della tutela dei diritti umani come primo, indispensabile passo verso un percorso di pace. Nasce a partire da questi sentimenti l’idea di raccontare la storia di Didier, bambino di origine sub-sahariana che, grazie all’aiuto del padre, sta cercando di realizzare il suo sogno di costruire una barca fatta di cartoni di pizza. La regista riesce nell’impresa di rendere questa barca contemporaneamente astratta e concreta, trasformandola quindi in uno strumento utile sia per immaginare un futuro più speranzoso, che per affrontare un qualcosa che non c’è più.

Scopo di Pietro Malegori, regista di Free Town è invece quello di mostrarci le conseguenze dei limiti posti alla libera circolazione delle persone attraverso la storia di un uomo e una donna del Ghana, immigrati in Italia, che si scontrano con un carceriere che li tiene in ostaggio in una prigione improvvisata, insieme ad altri.

Il corto di Angela Norelli, Ai bambini piace nascondersi, si sviluppa a partire da una trama distopica: i bambini sono estinti. Questo spunto dà la possibilità alla regista di analizzare la natura volatile dell’infanzia, tempo nella quale ci troviamo a far parte di una bizzarra società, dedita esclusivamente al gioco e alla spensieratezza. La giovanissima regista romana decide inoltre di utilizzare qualsiasi materiale preesistente: alta e bassa qualità, action cam e super8 fanno tutti parte della nostra esperienza. Come per un gioco dell’infanzia, il limite dell’archivio è la fantasia.

Lo spettacolo composto dai quattro film della sezione, proiettati al Wanted Clan si chiude con Un usage de la mer di Fabrizio Polpettini, diario di viaggio apertamente autobiografico. Una serie di incontri casuali rivelano le tracce lasciate da eventi semi-dimenticati che in un modo o nell’altro hanno dato forma alla storia del Mediterraneo. Il mare unisce, ma a volte separa. Le "usanze" del mare si assomigliano, ma guardate da vicino differiscono e sono caratterizzanti. La riflessione personale si allarga allora, inevitabilmente, all'universale. Non un "documentario sul Mediterraneo" ma una riflessione che coinvolge, tra splendide immagini del Ponente ligure, tradizioni e personali dubbi.


I FILM DEL SABATO

Avvicinandosi al termine, la rassegna incomincia ad uscire i suoi assi nella manica. Ecco allora le prime apparizioni dei fuori concorso Children of the Sun di Prasanna Vithanage, Neighbours di Mano Khalil e Isole di Mario Brenta e Karine de Villers. Vengono inoltre mostrati gli ultimi due film di ogni sezione: per quanto riguarda il Concorso Lungometraggi 98 segundos sin sombra di Juan Pablo Richter e Freda di Gessica Généus; per quello riservato ai corti Chitana di Amel Guellaty e Will My Parents Come To See Me di Mo Harawe; all’interno del Concorso EXTR’A invece Mother Lode di Matteo Tortone e Los Zuluagas di Flavia Montini.

A cura di Emma Onesti ed Enrico Nicolosi 
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