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Marilyn Monroe – Le immagini simbolo della diva pop per eccellenza
Risulta davvero difficile restituire a parole la portata di quello che ha significato Marilyn Monroe (1º giugno 1926 – 5 agosto 1962) come fenomeno tout court nella società contemporanea. Attrice con all'attivo circa una trentina di film, alcuni memorabili altri decisamente trascurabili, Marilyn, una delle pochissime celebrities che viene naturale chiamare sempre e solo per nome, è il più grande simbolo pop all'interno della storia del costume del '900.

 «Come lei non ce ne sarà mai un'altra, e Dio sa quante imitatrici ha avuto» (Billy Wilder)


Un'icona fragile e incompresa
, inimitabile al di là del semplice ruolo di attrice, professione che è stata quasi lo zuccheroso corollario di un mito che ha saputo segnare un'epoca esponendosi agli occhi del mondo anche nei suoi momenti più intimi. Con Marilyn, il confine tra pubblico e privato viene completamente annullato, la vita stessa diventa cinema come in un ininterrotto set cinematografico dove si susseguono momenti entrati nel mito, basti pensare alla storica dedica Happy Birthday Mr. President cantata il 19 maggio 1962 al Madison Square Garden, durante i festeggiamenti per il quarantacinquesimo compleanno del presidente John F. Kennedy, un momento difficilmente percepibile come reale e non appartenente alla finzione.

Più che le parole, per celebrare a dovere Marilyn Monroe contano le immagini: ecco una carrellata di istantanee che fotografano la bellezza, la grazia e la sensibilità di una donna unica destinata a vivere per sempre.


Commedia spensierata e frizzante, Come sposare un milionario (1953) è un delizioso esempio di cinema hollywoodiano per il grande pubblico che vive del glamour delle interpreti (Marilyn Monroe, Lauren Bacall e Betty Grable) e della raffinata eleganza dell'ambientazione newyorkese. Il tutto condito da battute esilaranti e situazioni quasi surreali. Una chicca da recuperare.


Commedia con numerosi inserti musicali
che vanta la celeberrima sequenza in cui Marilyn canta Diamonds Are a Girl's Best Friend, Gli uomini preferiscono le bionde (1953) è un classico firmato Howard Hawks. Uno dei primi lungometraggi che vede come protagoniste due donne (Marilyn e Jane Russell) e, soprattutto, il primo, all'interno della filmografia di Hawks, dove la guerra dei sessi viene vista da un punto di vista femminile... o quasi. «La Monroe era terrorizzata di entrare in scena, perché aveva un complesso di inferiorità tremendo. Mi dispiaceva per lei. Ne ho visti altre così. Per esempio, quando cominciammo a farla cantare ha cercato di scappare via dallo studio di registrazione due o tre volte. Abbiamo dovuto acchiapparla e tenerla stretta per farla rimanere lì. In realtà cantava molto bene. Aveva paura, tutto qui: paura di non farcela». (Howard Hawks)



Torbido e sensuale noir
, con venature mélo, Niagara (1953) segna il primo e unico incontro tra Marilyn Monroe e il regista Henry Hathaway. Indimenticabile la femme fatale disposta a tutto pur di realizzare i suoi desideri interpretata da Marilyn (in un più unico che raro ruolo da “cattiva”), magnificamente illuminata dal fiammeggiante Technicolor di Joseph MacDonald.


Nel 1954, l'anno successivo alla fine della Guerra di Corea, Marilyn è stata protagonista di una esibizione storica di fronte a più di 100.000 soldati americani ancora stanziati in estremo oriente. Per l'attrice si è trattato di una piccolo "fuori programma", dal momento che, proprio in quel periodo, si trovava nel vicino Giappone in luna di miele con il neo sposo Joe DiMaggio, da cui avrebbe divorziato solo otto mesi più tardi.


La storia del cinema americano degli anni '50 passa anche dall'esplosiva collaborazione tra Marilyn e Billy Wilder. Quando la moglie è in vacanza (1955) e A qualcuno piace caldo (1959) fotografano alla perfezione la poetica di un autore sarcastico e intelligentissimo, capace di mettere alla berlina ipocrisie e falsi miti a stelle e strisce. A suon di sequenze e battute a dir poco memorabili.


Undicesimo film del grande regista-sceneggiatore nato a Sucha Beskidzka (nell'odierna Polonia), Quando la moglie è in vacanza è uno dei più celebri e fulgidi esempi di graffiante commedia wilderiana, dove l'atmosfera e i temi leggeri (se non frivoli) nascondono una satira pungente e cinica dei costumi e dei tic dell'americano medio degli anni '50. La scena in cui Marilyn Monroe (nel ruolo della vita) vede il vestito alzarsi mentre passa sopra la grata della metropolitana è entrata, di diritto, nella storia dell'immaginario collettivo del Ventesimo secolo. Il titolo originale (The Seven Year Itch), letteralmente, significa “il prurito del settimo anno”.


«I wanna be loved by you, just you
And nobody else but you
I wanna be loved by you, alone»

A qualcuno piace caldo, ovvero quello che molti definiscono "il film perfetto". Se il ritmo e la genialità dell'intreccio (con i temi del travestimento e dello scambio di ruoli, topoi del regista, qui portati a vero e proprio vulnus narrativo) non rappresentano nulla di nuovo nella filmografia wilderiana, è nella capacità di rendere, attraverso il filtro della commedia, leggeri e non scandalosi temi come le stragi dei gangster e, soprattutto, l'omosessualità latente in ogni persona, che Billy Wilder si rivela un vero e proprio genio del cinema, allo stesso tempo delicato e spregiudicato. Impossibile dimenticare Jack Lemmon e Tony Curtis, qui all'apice del loro istrionismo, ma che dire di Marilyn nei panni della dolce e svampita Zucchero, suonatrice di ukulele col vizio dell'alcool, reduce da delusioni sentimentali e a caccia di un miliardario da sposare?


Conferenza stampa del film Il principe e la ballerina al Ritz, 1957.
© Eve Arnold


Set del film Gli spostati, 1960.
© Eve Arnold


Uno dei film “maledetti” per eccellenza nella storia del cinema, Gli spostati (1961), in originale The Misfits, è stato il sublime canto del cigno per quasi tutti suoi interpreti principali. Il grande drammaturgo Arthur Miller, all'epoca marito della Monroe, ha scritto una sceneggiatura densa, amarissima e semplicemente splendida, che il regista John Huston ha trasformato in amara elegia post western in memoria di un'America scomparsa, ballata malinconica su un gruppo di outsider alle prese con le ferite laceranti della vita. Ognuno degli attori ha messo qualcosa di sé nel personaggio che ha interpretato e Marilyn, in particolare, ha regalato una delle sue migliori interpretazioni. Fu l'ultima pellicola sia per Clark Gable, morto d'infarto nel 1960 poco dopo le riprese, che per la stessa Marilyn Monroe, scomparsa nel 1962 (anche se lei partecipò nello stesso anno a Something Got To Give di George Cukor, rimasto incompiuto). Montgomery Clift girò ancora una manciata di film e morì nel 1966, stroncato da un attacco cardiaco e da una vita colma d'eccessi.



1961
© Douglas Kirkland



«Ai primi d'agosto del 1962 cominciai con le serigrafie. Volevo qualcosa di più forte, che comunicasse meglio l'effetto di un prodotto seriale. Con la serigrafia si prende una foto, la si sviluppa, la si trasferisce sulla seta mediante colla e poi la si inchiostra, cosicché i colori penetrano attraverso la trama salvo che nei punti dove c'è la colla. Ciò permette di ottenere più volte la stessa immagine, ma sempre con lievi differenze. Tutto così semplice, rapido, casuale: ero eccitatissimo. Poi Marilyn morì quello stesso mese, e mi venne l'idea di trarre delle serigrafie da quel suo bel viso, le mie prime Marilyn». (Andy Warhol)

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