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Ingrid Bergman – Sorrisi e lacrime di un'indimenticabile antidiva europea
La storia del cinema si evolve sicuramente grazie a produttori coraggiosi, sceneggiatori geniali e registi carismatici. La maggior parte delle volte, però, il grande pubblico fatica a tenere a mente i nomi di chi "non ci mette la faccia". Ci si ricorda sempre, invece, dei divi, delle stelle del grande schermo il cui volto viene automaticamente associato alle pellicole in cui hanno recitato. Ecco, in quanto a riconoscibilità di un nome e di un viso, Ingrid Bergman occupa un posto speciale all'interno della cultura popolare internazionale, perfino per coloro i quali non hanno mai visto (possibile?) un suo film. E fra le molte cinematografie nazionali in cui l'attrice ha lasciato un segno indelebile, un posto di rilievo è occupato dall'Italia, professionalmente e sentimentalmente.

Nata a Stoccolma il 29 agosto 1915, Ingrid Bergman si può definire una vera e propria attrice cosmopolita. Lo star system hollywoodiano è già quella macchina imponente e vincolante che detta le regole nel cinema mondiale, ma Bergman è un'attrice atipica: dopo il fulmineo inizio carriera in Svezia, dimostra sì un'incredibile fotogenia e un'ottima predisposizione per la macchina da presa, ma soprattutto possiede già un forte carattere ed è decisa a ricercare solo ruoli significativi, non esitando a rifiutare imposizioni dall'alto. «Non sono venuta ad Hollywood per la fama, il glamour e le celebrità, ma perché è qui che si producono i film, alcuni di ottima qualità, e ho pensato che fosse un'opportunità da cogliere come attrice», commenta appena arrivata negli States. Riesce così a tenere a bada un gigante come David O. Selznick, che pur di metterla sotto contratto le offre libera scelta sui copioni da accettare, i registi da cui essere diretta e perfino i partner con cui recitare.


Ha inizio una delle carriere più strabilianti della storia del cinema. Il remake di Intermezzo (1939), in cui recita al fianco di Leslie Howard, ottiene un successo enorme e le permette di poter essere "prestata" da Selznick ad altre case di produzione, così da farla lavorare con attori sempre più famosi. Nel 1941 entra così nel cast de Il dottor Jekyll e Mr. Hyde, diretto da Victor Fleming con Spencer Tracy nei panni del celebre dottore protagonista, di cui rifiuta il ruolo della tenera fidanzata di Tracy perché stufa di personaggi melensi e, insistendo, ottiene la parte della frivola cameriera del mostro, Ivy.  La decisione sembra azzeccata perché appena un anno dopo, in prestito alla Warner Bros., impersona uno dei personaggi femminili più celebri di tutti i tempi: Ilsa Lund, profuga norvegese che a Casablanca si ritrova con l'amore della vita, Rick Blaine alias Humphrey Bogart. Casablanca (1942) di Michael Curtiz entra da subito nell'immaginario collettivo e nella leggenda del cinema, grazie a uno dei rapporti sentimentali più malinconici e tormentati proiettati sul grande schermo. Bergman, invece, diventa la stella del momento.

Comincia la folgorante ascesa e la progressiva costruzione in antidiva che, nonostante alcuni successi commerciali e di critica, la allontanerà da Hollywood verso la strada del ritorno in Europa. Il resto degli anni '40 rappresentano infatti uno spartiacque per la sua carriera e vita personale. Per chi suona la campana (1943) e Angoscia (1944) si rivelano dei successi e le fruttano rispettivamente una candidatura e una prima vittoria ai premi Oscar come miglior attrice, il legame intrecciato con Alfred Hitchcock in Io ti salverò (1945) e nel capolavoro Notorious - L'amante perduta (1946) rappresenta una delle parentesi più felici della sua vita, ma è solo questione di tempo prima che la fine del decennio spenga l'entusiasmo dell'attrice nei confronti del pubblico e della critica americani. Nel 1948 si impone per interpretare Giovanna d'Arco nell'omonimo film di Victor Fleming e l'anno successivo torna a lavorare con Hitchcock ne Il peccato di Lady Considine: entrambe le pellicole si rivelano dei clamorosi fallimenti e la convincono definitivamente che a Hollywood conti solo il lato commerciale del cinema, a discapito di quello artistico.

In rotta con l'industria e in piena crisi matrimoniale col marito Petter Lindström (residente in Svezia e con cui ha una figlia), Bergman ha una folgorazione. Decide di scrivere una lettera a un regista di cui ha visto solo due film: Roberto Rossellini, pioniere del cinema neorealista italiano e figura artistica diametralmente opposta agli edulcorati canoni hollywoodiani.


«Caro signor Rossellini, ho visto i suoi film Roma città aperta e Paisà e li ho apprezzati moltissimo. Se ha bisogno di un'attrice svedese che parla inglese molto bene, che non ha dimenticato il suo tedesco, non si fa quasi capire in francese, e in italiano sa dire solo 'ti amo', sono pronta a venire in Italia per lavorare con lei».

Così recita il contenuto della lettera più famosa della storia del cinema. Apriti cielo. Rossellini all'epoca è già finito sotto i riflettori a causa della convivenza con la sua musa dell'epoca, la leggenda Anna Magnani, per la quale ha lasciato la moglie "legale" (il divorzio non era ancora permesso), la costumista Marcella De Marchis, madre dei suoi due figli. La lettera di Ingrid Bergman giunge a casa Rossellini/Magnani l'8 maggio 1948 e da quel momento la vita del regista diventa un andirivieni tra Roma e le capitali europee in cui l'attrice svedese si trova per girare. La leggenda vuole che, all'ennesimo telegramma firmato Bergman e giunto a Roma, Anna Magnani rovesci una scodella di spaghetti sul capo di Rossellini. Ma ormai il processo di amore è già in atto e le fughe del regista sono sempre più numerose: in una di queste, propone alla sua amante di rimpiazzare proprio Anna Magnani nel film che sta scrivendo.

Ha così inizio la travagliata lavorazione di Stromboli terra di Dio (1950), accompagnata da un enorme chiasso mediatico per la storia d'amore fedifraga tra regista e attrice protagonista, entrambi ancora sposati. Il caso vuole che Rossellini abbia già girato parte del film con un produttore siciliano e con Anna Magnani, i quali decidono di continuare il progetto con un regista tedesco (William Dieterle), cambiando il titolo in Vulcano. Così, nell'estate 1949, due troupe si fanno la guerra sulle isole Eolie, una a Stromboli e l'altra a Vulcano, con i paparazzi tutto intorno a documentare lo scandalo dell'anno.


Se per Rossellini Stromboli terra di Dio rappresenta il film dell'abbandono del Neorealismo a favore di un cinema più intimista e spirituale, per Ingrid Bergman si rivela un'ulteriore conferma di talento grazie all'emblematico ruolo di una donna moderna circondata da un mondo antico e ostile. Presentato in concorso alla Mostra di Venezia, il film registra buoni numeri al botteghino italiano (grazie soprattutto al clamore ricamato dai media) e un clamoroso fiasco negli Stati Uniti, dove Bergman, fino ad allora considerata alla stregua di una santa, diventa improvvisamente un'adultera da lapidare, etichettata dalla stampa americana come "L'apostolo della degradazione di Hollywood".

I motivi della crociata contro l'attrice svedese non sono da ricercarsi nel solo tradimento: a fine anno, infatti, la stampa pubblica la notizia della sua nuova gravidanza. Nello stesso anno, Lindström chiede il divorzio e nel 1950 Roberto Rossellini e Ingrid Bergman si sposano (in Messico): nasce Roberto jr, detto Robertino. Appena due anni dopo, ecco che arrivano anche le gemelle Isotta Ingrid e Isabella, con quest'ultima che ricalcherà le orme della madre in qualità di attrice. Nel frattempo, il nome Bergman non viene più accolto da lodi entusiastiche da parte delle produzioni: l'attrice fatica infatti a trovare nuovi lavori o registi vogliosi di collaborare con lei e, per i successivi due anni, le sue doti recitative rimangono ad esclusivo servizio di Rossellini.

Nel 1952 la coppa gira Europa '51, nel quale Bergman interpreta una donna agiata ed alto-borghese che piomba in una crisi esistenziale dopo la morte del figlio: si tratta di un ritratto pessimista e disperato dell'essere umano, con la protagonista/Bergman al centro di un progressivo deragliamento psicologico e in fuga dal mito del benessere economico decantato dalla cultura borghese italiana dell'epoca. Accolto tiepidamente dalla critica del tempo, verrà poi rivalutato dagli esponenti della Nouvelle Vague e andrà ad occupare un posto di primo piano nella carriera del regista, tanto dal punto di vista formale quanto tematico. Dopo la partecipazione in un episodio del film corale Siamo donne (1953), Rossellini e Bergman riprendono la loro collaborazione con Viaggio in Italia (1954), terzo e ultimo capitolo della "Trilogia della solitudine" rosselliniana.


Si tratta dell'opera più impenetrabile, audace e moderna della trilogia, in anticipo sul cinema anti-narrativo che si svilupperà negli anni successivi, in cui lo stato di perdita della razionalità della protagonista è fortemente influenzato dal contesto geografico (tutto italiano) che la circonda. La ricongiunzione finale col marito (il premio Oscar George Sanders) simboleggia un'ideale conclusione delle peregrinazioni irrazionali che fanno da leitmotiv alle tre pellicole. Stroncato dalla critica italiana e americana, il film verrà considerato un capolavoro dai Cahiers du Cinéma e dalla generazione successiva di giovani registi che guarderanno a Rossellini e a Bergman come punti di riferimento (in primis Martin Scorsese che sposerà proprio Isabella Rossellini).

«Odio i flash delle macchine fotografiche. Ho imparato che per affrontare i vari fastidi e mantenere la propria dignità bisogna rimanere calmi, sorridere di tanto in tanto, ma rimanere tranquilli, e non curarsi troppo di ciò che la gente ha da dire su di te: sono parole che non si possono controllare».

Ferita nel cuore dopo la rottura con Rossellini, Ingrid Bergman fa ritorno a Hollywood nel 1956 e riabilita la sua immagine di diva hollywoodiana. Riprende a far parte di successi commerciali e, negli ultimi anni della carriera, vince addirittura un terzo Oscar, questa volta come Best Supporting Actress, per la sua performance in Assassinio sull'Orient Express (1975) di Sidney Lumet, dopo quelli da protagonista per Angoscia (1944) e Anastasia (1956). Da non dimenticare, però, l'ultima e una delle sue migliori interpretazioni, quella di Charlotte nel dramma Sinfonia d'autunno (1978), al servizio del più grande regista svedese di sempre, Ingmar Bergman, affrontata nonostante un intervento chirurgico e una pesante chemioterapia per un tumore al seno.


Ingrid Bergman muore a Londra il 29 agosto 1982, giorno del suo sessantasettesimo compleanno e le sue ceneri vengono sparse sulle acque svedesi. Nel 1999 l'American Film Institute l'ha inserita al quarto posto tra le più grandi star della storia del cinema. Un riconoscimento più che meritato.

Nicolò Palmieri

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