Gary Oldman racconta del suo passato da alcolista dietro l'interpretazione in Mank
05/03/2021
C’è un antefatto dietro l'ennesima incredibile interpretazione di Gary Oldman in Mank. A rivelarlo è stato lo stesso attore che, in un'intervista al Los Angeles Times, ha parlato del suo passato da alcolista e del lavoro sul protagonista dell'ultimo film di David Fincher.
Sono passati circa ventiquattro anni da quando Oldman ha superato la dipendenza ed è probabile che questa drammatica esperienza lo abbia fortemente aiutato a calarsi nella parte dell’accanito bevitore Herman Mankiewicz. Lo sceneggiatore di Quarto potere andava vantando, proprio come Oldman, di non avere un reale problema di dipendenza visto l'eccellente lavoro che era ancora in grado di fare, spiega l'attore: «Herman, con quell'umorismo dimesso, era a pranzo, a bere, con un amico che a un tratto gli ha detto: “Perché non torni a casa sobrio per una volta?”. Lui pare abbia risposto: “Cosa?” E Sara (sua moglie) lo ha buttato fuori come se fosse un bugiardo. Io ho vissuto allo stesso modo. Mi sedevo e dicevo al cameriere: “Prenderò un grande vodka tonic e devi portarlo subito perché sono un alcolizzato. Ne ho bisogno immediatamente”».
Il problema per Oldman è stato quindi l'aver associato l'alcolismo all'essere un grande interprete: «La gente lo romanticizza, e anche io lo romanticizzavo. Tutti i miei eroi erano bevitori o tossicodipendenti da oppio, e tutti questi poeti, drammaturghi e attori, che erano grandi bevitori, mi hanno reso cieco all’evidenza. Mi è successo di sudare vodka. Era diventata una parte importante di me. La mia lingua era nera al mattino […]! Non lo augurerei al mio peggior nemico. È l'inferno. E quell'umorismo schivo? Era ed è lì solo per mascherare l'inadeguatezza».
Superato il problema, l'attore ha potuto così interpretare in maniera estremamente convincente il Mank sceneggiatore maudit, in una delle migliori performance della sua carriera e tra le più convincenti di tutto il 2020.
Fonte: Los Angeles Times
Sono passati circa ventiquattro anni da quando Oldman ha superato la dipendenza ed è probabile che questa drammatica esperienza lo abbia fortemente aiutato a calarsi nella parte dell’accanito bevitore Herman Mankiewicz. Lo sceneggiatore di Quarto potere andava vantando, proprio come Oldman, di non avere un reale problema di dipendenza visto l'eccellente lavoro che era ancora in grado di fare, spiega l'attore: «Herman, con quell'umorismo dimesso, era a pranzo, a bere, con un amico che a un tratto gli ha detto: “Perché non torni a casa sobrio per una volta?”. Lui pare abbia risposto: “Cosa?” E Sara (sua moglie) lo ha buttato fuori come se fosse un bugiardo. Io ho vissuto allo stesso modo. Mi sedevo e dicevo al cameriere: “Prenderò un grande vodka tonic e devi portarlo subito perché sono un alcolizzato. Ne ho bisogno immediatamente”».
Il problema per Oldman è stato quindi l'aver associato l'alcolismo all'essere un grande interprete: «La gente lo romanticizza, e anche io lo romanticizzavo. Tutti i miei eroi erano bevitori o tossicodipendenti da oppio, e tutti questi poeti, drammaturghi e attori, che erano grandi bevitori, mi hanno reso cieco all’evidenza. Mi è successo di sudare vodka. Era diventata una parte importante di me. La mia lingua era nera al mattino […]! Non lo augurerei al mio peggior nemico. È l'inferno. E quell'umorismo schivo? Era ed è lì solo per mascherare l'inadeguatezza».
Superato il problema, l'attore ha potuto così interpretare in maniera estremamente convincente il Mank sceneggiatore maudit, in una delle migliori performance della sua carriera e tra le più convincenti di tutto il 2020.
Fonte: Los Angeles Times