News
Harry Potter e il prigioniero di Azkaban: i 10 motivi per cui è il miglior film della saga
La maratona di Harry Potter prosegue su Canale 5: questa sera verrà trasmesso sull’emittente Mediaset il terzo capitolo cinematografico della saga creata da J.K. Rowling, Harry Potter e il prigioniero di Azkaban, uscito nel 2004 e diretto da Alfonso Cuarón. Si tratta, per quanto ci riguarda, del film migliore tra gli 8 realizzati a partire dalle pagine dedicate al celebre maghetto, almeno per 10 ragioni che abbiamo elencato di seguito, tra slanci di maturità e moltissime sequenze memorabili.  

1. La sequenza del Nottetempo 
 

Si tratta di uno dei momenti visivamente più avanzati e ambiziosi di tutta la saga, con un ritmo travolgente ma anche stralunato e sincopato che rende l’intera sequenza indimenticabile per originalità e bizzarria. Poco dopo aver praticato in casa dei Dursley un incantesimo su zia Marge che potrebbe costargli caro, Harry scopre un mezzo di trasporto magico che permette di viaggiare tra le strade comuni senza essere visto dai babbani. Il ragazzo lo chiama per caso, puntando la sua bacchetta contro l’oscurità nel momento in cui un misterioso e minaccioso cane nero (si tratta di Sirius, ma Harry non può ancora saperlo) gli si para davanti ringhiando dietro un cespuglio. Sarà proprio il Nottetempo, “mezzo di trasporto di emergenza per maghi e streghe in difficoltà”, a condurlo al Paiolo Magico di Londra. Al suo interno troviamo il bigliettaio Stan Picchetto, in futuro sospettato di essere un Mangiamorte, e il conducente Ern con l’aggiunta di una macabra ed esilarante testa parlante totalmente assente dalle pagine della Rowling a fargli da balia e a scandire le tappe del viaggio. La divertente idea fu del regista e dello sceneggiatore Steve Kloves e la Rowling, a quanto pare, prese bene l’aggiunta e ne fu molto colpita (particolarmente significative e spassose la battuta sulla zuppa di piselli, la brusca frenata per scansare la vecchina sulle strisce pedonali e il momento conclusivo dell’allungamento del Nottetempo per passare in mezzo a due autobus canonici e non magici). 
 
2. La regia di Cuarón

 

La ricerca di un regista britannico da parte della produzione non va a buon fine nemmeno per il terzo capitolo, dopo che Harry Potter e la pietra filosofale e Harry Potter e la camera dei segreti erano stati affidati a Chris Columbus. Tocca dunque al cineasta messicano sedersi dietro la macchina da presa, convinto dal suo amico Guillermo del Toro dopo l’iniziale rifiuto. Il cambio alla regia è notevole, e si nota sin dalla prima sequenza il cui l’errore (perché Harry la magia non potrebbe usarla tra i babbani, e Lumos maxima non fa eccezione) è immediatamente perdonato dalla macchina da presa che entra con naturalezza attraverso il vetro della finestra. Non sarà l’unico movimento di macchina simile: celebre l’attraversamento dello specchio nella sequenza in cui Remus Lupin spiega ai ragazzi l’incantesimo Riddikulus. Cuarón alterna sapientemente i registri, passando agilmente dalla favola al fantasy, dall’horror alla comicità, senza dimenticarsi delle sue origini. A partire dal suo accento messicano che ha causato un piccolo malinteso in sede di riprese: quando l’Hogwarts Express si ferma per l’arrivo dei Dissennatori, piove ghiaccio, ma i primi concept finiti tra le mani del regista mostravano una pioggia di occhi, in quanto la sua pronuncia ha portato confusione tra ice e eyes. Nel negozio di dolci situato a Hogsmeade, Mielandia, le decorazioni con scheletri, tipiche del Día de los muertos, danno un ulteriore tocco personale e autoriale all’opera alludendo alle origini messicane del regista.                                                                   

3. L’approccio disinvolto alle uniformi



Nei primi due film tutti i ragazzi indossano le uniformi ufficiali, che si tratti di Grifondoro, Serpeverde, Tassorosso o Corvonero. L’approccio del regista messicano, tuttavia, è diverso: pretende che ogni studente mostri la sua individualità, ma soprattutto desidera che i protagonisti siano in tutto e per tutto dei ragazzi normali, acuendo ancora di più la dimensione del sogno proibito che ha accompagnato tutti i potterhead da sempre: ricevere la fatidica lettera per Hogwarts. Certo, a scuola l’uniforme rimane, ma viene mostrata il meno possibile. E c’è di più: durante i primi giorni di riprese ha chiesto ai tre protagonisti di scrivere qualche pagina presentando il proprio personaggio, per proseguire un discorso di immedesimazione degli attori: Emma Watson, da buona Hermione, ha scritto moltissime pagine, mentre Daniel Radcliffe, in linea con l’operato di Harry, ha scritto l’essenziale. E Rupert Grint? Non ha svolto il compito, e quando il regista ha chiesto spiegazioni ha risposto semplicemente: «Ron Weasley non l’avrebbe mai fatto». Per Cuarón è stato sufficiente.

4. Il nuovo Silente di Michael Gambon e gli ingressi nel cast di David Thewlis e Gary Oldman
 

Nel terzo film della serie Richard Harris (scomparso nel 2002) è stato sostituito da Michael Gambon, che reciterà anche nei successivi cinque film. Il Silente di Gambon perde quasi tutta l’aura altera di quello portato sul grande schermo da Harris, ma in compenso restituisce in misura maggiore gli aspetti più buffi e strampalati del personaggio, compresa quell’ironia e quell’ambigua pensosità che lo caratterizzeranno nei film a venire e che renderanno Silente un enigma degno di nota per lo stesso Harry nel proseguo della storia (fino al momento in cui, all’indomani della sua morte alla fine del sesto libro, egli avrà la sensazione di non averlo conosciuto poi così bene). Il cast del terzo capitolo può però vantare anche le new entry di peso di David Thewlis e Gary Oldman: due dei migliori attori britannici della loro generazione chiamati a dare vita a due tra i personaggi maschili meglio riusciti e più accattivanti dell’intera saga, Remus Lupin e Sirius Black, che nell’arco del terzo film si riveleranno, in misure e forme naturalmente molto diverse, due padri putativi non da poco per la crescita e l’evoluzione di Harry. 

5. Le scenografie di Hogwarts 


 
Hogwarts è sempre stato un personaggio aggiunto all’interno della saga, ma in questo film tale caratteristica raggiunge una dimensione decisamente più tangibile, facendo del castello quasi una creatura senziente: il Platano Picchiatore viene trasferito fuori dalle mura e lascia intravedere il trascorrere delle stagioni “sulla propria pelle” (risultando non poco umanizzato nei suoi tremolii e sussulti rispetto ai due film precedenti, in cui era più asettico e feroce) e la torre dell’orologio, introdotta laddove in passato c’era una semplice torre, fa il paio con un ponte di legno che ospita uno di dialoghi può significativi e intensi del film tra Harry e Lupin, avente per oggetto le somiglianze tra il ragazzo e i suoi genitori. Anche la casa di Hagrid viene spostata alla fine di un pendio e di un sentiero, collocandola in uno spazio meglio definito, a cominciare dall’orto di zucche che la costeggia e che tornerà molto utile nell’economia temporale del finale di cui parleremo tra poco.

6. Il design delle bacchette 



Anche le bacchette de Il prigioniero di Azkaban si presentano in maniera meno asettica e più elaborata: la bacchetta di Harry cessa di essere una semplice asta scura e lunga per diventare più corta ma anche più irregolare e frastagliata, con l’impugnatura condita da un ramo. Un vigore floreale che caratterizza anche la macchietta di Hermione e che ribadisce la volontà del film di venire a capo di ogni singolo dettaglio per lasciare meno elementi possibile al caso. Una tendenza all’elaborazione e alla messa a punto di aspetti secondari e solo in apparenza irrilevanti che il proseguo della saga non sempre porterà allo stesso grado di perfezionamento. 

7. La Giratempo 



La Giratempo è un’introduzione del terzo libro, un oggetto magico molto potente originariamente affidato a Hermione Granger per frequentare più lezioni in contemporanea. Sebbene possa risultare curioso e perfino improbabile che il Ministero conceda a una tredicenne, per quanto dotatissima, un manufatto magico di tale fattura, la Giratempo diventa fondamentale nell’epilogo del film per salvare l’ippogrifo Fierobecco (di cui parliamo più specificatamente al punto 9) da morte sicura e presta il fianco a un ingorgo affascinante e intricato di eventi e punti di vista. Un reticolo che fa dell’epilogo del terzo film un gioco di prospettive prossimo al rompicapo ma indubbiamente esaltante e coinvolgente come poche altre sequenze all’interno della saga cinematografica. 

8. L’omaggio all’horror 


 
La tematica della paura era già stata abbozzata in Harry Potter e la camera dei segreti, in cui, non a caso, le creature mostruose affrontate da Harry sono Aragog e il Basilisco. Un ragno e un serpente, tra le fobie che si è scoperto essere innate nell’essere umano. Alfonso Cuarón va ancora più in profondita, lavorando su tre livelli di paura: visivo, psicologico e citazionistico. In primo luogo è notevole quello che accade tra la fuga da casa di Harry e l’arrivo del Nottetempo: buio, strade deserte, luci dei lampioni riflesse nell’asfalto umido di pioggia, colonna sonora assente, solo i rumori del parco giochi amplificati dalle inquadrature, un lampione che manda luce intermittente e un lupo che spunta dalla siepe: perfetto. Un lupo che poco dopo si trasforma nella paura implicita e psicologica di Harry, ossia la figura di Sirius Black che sembra essere fuggito dalla prigione di Azkaban per ucciderlo, portando a termine ciò che Voldemort non era riuscito a fare 12 anni prima: terrore latente, che si trasforma in ansia mista a desiderio di vendetta. Cosa dire dei Dissennatori e della sequenza in cui in piena notte l’Hogwarts Express si ferma, in mezzo al temporale, con i finestrini che improvvisamente congelano? Tensione, horror, cui si lega anche una nuova dimensione, di cui i guardiani di Azkaban sono simbolo: la depressione. «Mi sentivo strano, come se non potessi più essere allegro». Anche i fiori appassiscono al loro tocco. Il palliativo? Il cioccolato («Mangia, ti sentirai meglio»). La cura? Expecto Patronum: «Per far sì che funzioni devi concentrarti su un ricordo. Non un ricordo qualsiasi. Un ricordo molto felice, di grandissima intensità». Parola di Remus Lupin, un lupo mannaro, appunto, tra i personaggi classici del cinema horror più riconoscibili. Lo stesso professore insegna ai ragazzi come combattere le loro paure, grazie all’incantesimo Riddikulus: per farlo, usa un molliccio che tiene chiuso in un armadio, in un’altra sequenza dall’alto valore simbolico. «I mollicci sono dei mutaforma. Assumono la forma di ciò che una particolare persona teme di più. È questo che li rende così terrificanti». Immediato il pensiero a IT, il mutaforma di Stephen King. E nel susseguirsi di fobie dei ragazzi ci sono i serpenti, i ragni e i clown. Nel libro, Harry non lo affronta. La paura di Lupin? Una luna piena.

9. Il volo su Fierobecco



Probabilmente la sequenza più bella di tutto il film, se non tra le migliori in assoluto dell’intera saga. Hagrid è diventato professore di Cura delle Creature Magiche e per la lezione pratica ha scelto Fierobecco, un Ippogrifo. Dopo aver scelto Harry come volontario, spiega ai ragazzi come ci si approccia a un Ippogrifo per conquistarne la fiducia: il ragazzo esegue le istruzioni alla perfezione, rivelandosi degno di cavalcare la creatura. La magia può cominciare: Harry sale sull’Ippogrifo che inizia a cavalcare, la colonna sonora di un ispirato John Williams lo accompagna con le percussioni, prima che a farsi strada siano gli archi e la loro melodia incantevole, epica e toccante, capace di amplificare l’emozione della visione. Fierobecco sorvola Hogwarts, per poi spostarsi sul lago, dove plana, appoggiando leggero le sue zampe a filo d’acqua: Harry ha paura, si tiene stretto all’Ippogrifo, finché l’acqua diventa per lui uno specchio dove guardarsi e prendere consapevolezza di sé. In quel momento può aprire le braccia e lasciare che il vento lo accarezzi, un urlo di gioia esce dalla sua bocca: per la prima volta da quando lo conosciamo, forse, Harry si sente veramente libero.

10. Animagus 



«Chi di voi è in grado di dirmi la differenza tra un animagus e un lupo mannaro?» «Un animagus è un mago che sceglie di trasformarsi in animale». Risposta corretta signorina Granger, anche se Severus Piton non è altrettanto soddisfatto. Ne abbiamo avuto un assaggio durante la prima sequenza del primo film, quando Minerva McGranitt compare sotto forma di gatto. Ma è in questo film che vengono presentati gli altri animagi non registrati (non tutti, manca Rita Skeeter, lo scarabeo): Felpato (Sirius Black, il cane) Ramoso (James Potter, un cervo) Codaliscia (Peter Minus, il topo), che con Lunastorta (Remus Lupin) sono i creatori della Mappa del Malandrino, lo strumento magico capace di mostrare i corridoi del castello e chiunque si muova al suo interno. E, a ben guardare, troviamo anche Newt Scamander, ma non c’è da stupirsi, con un Ippogrifo condannato a morte.



Fatto il misfatto.
Maximal Interjector
Browser non supportato.