I VOSTRI ELABORATI: WORKSHOP LIVE “ANDREJ TARKOVSKIJ E IL GRANDE CINEMA RUSSOâ€!
10/05/2020
Durante il workshop live dedicato ad Andrej Tarkovskij e il grande cinema russo, abbiamo proposto ai partecipanti di scrivere un elaborato su un elemento emblematico di una cinematografia che ci ha regalato film di grande spessore contenutistico e formale. Ecco i lavori che hanno meritato la pubblicazione!

Valentina Castellani
BREVISSIMA RIFLESSIONE SU NOSTALGHIA E TARKOWSKIJ

Lo sai perché loro stanno dentro l’acqua? Vogliono vivere eternamente, dice “il matto” in “Nostalghia”. 
Chissà se risiedono qui il significato e l’ossessione di Tarkovskij per l’acqua.
Immerso nell’acqua a Bagno Vignoni parli di fine del mondo, gelosia, paura, fede, follia e verità, nell’acqua tutto si scioglie, cola, precipita, muore, si purifica, rinasce. Nell’acqua ti specchi, e lì tutto si fonde per acquisire un nuovo significato o per ritrovare il significato perduto, e te stesso. 
Attraverso l’acqua – che però non c’è e dunque non può sostenerti – devi condurre la candela, la fiamma del ricordo, della vita, della speranza. 
C’è acqua stagnante negli ambienti in rovina, acqua che si infiltra scrostando gli intonaci, acqua scrosciante che non riesce ad abbattere quella ragnatela ostinata fuori dalla finestra, acqua specchiante ai cui limiti ti soffermi anche dopo la vita, con qualcuno di fedele accanto e alle spalle l’icona della tua casa, sotto un tetto crollato da secoli come quello di San Galgano. Perché da secoli, o da sempre, tutto è crollato e immutabile. Non si può ricostruire. Non materialmente, questo è negato.
Scorre la storia, rimane la prigionia, anche dei sentimenti.
I sentimenti non espressi non si dimenticano, si dice infatti. Perché quelli che esprimi sono solo i sentimenti consentiti, sdoganati a stento. E quando li esprimi muori, gloriosamente, fra parole finalmente urlate e fiamme, un fuoco che come l’acqua distrugge, purifica, ti farà rinascere dalle ceneri, e dà la misura della tua vita. 
Eppure, se sei Tarkovskij, i sentimenti veri puoi rallentarli infinitamente, bloccarli, mascherarli, farli volare dai campanili, rispecchiare nelle pozzanghere, stramazzare al suolo come cavalli che si rialzano, perdersi in un bosco di betulle, farli bruciare in un’immane catarsi, rivivere in un mondo parallelo e futuristico dove restano comunque addossati a ogni oggetto, a ogni immagine mentale, a ogni visione dei tuoi occhi.
E rimangono quel dolore sordo e livido e quella sfrenata potenza del pensiero nelle immagini che crei e che ci portano proprio lì dove volevi condurci.
Perché sono i cosiddetti sani che hanno portato il mondo sull’orlo della catastrofe. 

Vincenzo Di Pizzo
L'ESPERIENZA SENSITIVA E MISTICA DELLA SEQUENZA “RIPOSO-SOGNO-RISVEGLIO” IN STALKER DI ANDREI TARKOVSKIJ

Quando si osserva l'ultima inquadratura della sequenza che chiamo “Riposo-Sogno-Risveglio”, ci si imbatte nell'immagine sospesa dello Scrittore e Professore seduti, in mezza figura e frontali rispetto alla mdp, i quali, non ancora completamente svegli dopo un breve riposo ristoratore, hanno in volto un'espressione estatica, che parla di un'esperienza mistica e rivelatrice appena vissuta. I due ascoltano ora lo Stalker, immersi totalmente nelle parole da lui pronunciate circa il ruolo dell'arte e in particolare della musica nella vita umana. La musica originale di Edward Artemiev, Meditation, che di tanto in tanto riecheggia nella scena, porta con sé suggestioni che ricordano quelle provate ascoltando band del Krautrock tedesco dei primi anni 70 (in particolare l'album Malesh del gruppo Agitation Free), inserendosi in un connubio armonioso con le immagini, con le parole e i suoni diegetici della natura, amplificando notevolmente le impressioni di misticismo e mistero. Un effetto ulteriormente rafforzato dalla voce over di una donna che legge un passo dall' Apocalisse di Giovanni, incorniciata nell' inquadratura più lunga della sequenza, quella del sogno. 
Siamo davanti ad una scena di tre minuti e mezzo circa (virata in seppia), costruita con una lunga carrellata che parte dalla pancia dello Stalker, e ci mostra dall'alto verso il basso vari oggetti immersi nell'acqua per poi ritornare sul personaggio. Tra gli oggetti si riconoscono una pistola, siringhe, aggeggi metallici e un'icona religiosa, residui di una qualche catastrofe o distruzione e appartenenti ad una civiltà tecnologica ormai scomparsa, che non ha mostrato fiducia nella potenza creatrice dell'arte. I movimenti lenti e quasi impercettibili della mdp in alcune inquadrature, contribuiscono a creare un’atmosfera spirituale e mistica (come nell'inquadratura del cane nero avvolto nel paesaggio ripreso in campo lungo, che sembra provenire da un oltre lontano), forza principale del cinema del regista, che ci invita a non rincorrere a tutti i costi un significato razionale rispetto a ciò che vediamo, ma conducendoci piuttosto ad un approccio sensitivo nell'esperienza filmica. L’intera sequenza, comunica inoltre la concezione che Andrei Tarkovskij ha dell’arte e della sua azione: disinteressata, buona, libera, che per un qualche miracolo penetra l'animo umano, ... fonte di un immenso piacere, e unisce, e commuove; per mezzo della percezione di emozioni profonde, traghetta l'uomo in un’altra dimensione, sospesa e misteriosa, dove ci si può elevare spiritualmente e cogliere frammenti di verità. Uno spazio che Tarkovskij ricrea col suo cinema, e noi spettatori ci ritroviamo ad essere immagine riflessa dello Scrittore e del Professore dell'ultima inquadratura della sequenza, estasiati e segnati dalla potenza espressiva del suo cinema.

Mariaserena Pasinetti
TARKOVSKIJ E “THE STREAM OF CONSCIOUSNESS”

Durante il bellissimo workshop su Tarkovskij sono rimasta affascinata da alcune sequenze,  come in “Stalker” la bambina che muove i bicchieri contenenti dell'acqua e in “Nostalghia” il finale nell’Abbazia di San Galgano, con l’acqua sul terreno della costruzione senza tetto.
Sempre acqua.
E ho cominciato a cercare di capire queste bellissime sequenze con spiegazioni molto "razionali"  tentando di dare delle interpretazioni che avrebbero potuto essere più originali di quelle già note.
Anche nel workshop si è fatto un po’ a gara, anche giustamente, perché è umano tentare di spiegare  perché il regista mette in scena scegliendo alcuni oggetti, persone e immagini e non altri.
E poi mi sono detta, e anche Andrea Chimento lo suggerisce  continuamente, approvando tante interpretazioni, è in realtà il flusso  di coscienza del regista che mette  il suo sentire per immagini legate spesso all’acqua , che fluisce come la coscienza.
Dice Wikipedia: “Il flusso di coscienza (stream of consciousness in lingua inglese) è una tecnica narrativa consistente nella libera rappresentazione dei pensieri di una persona così come compaiono nella mente, prima di essere riorganizzati logicamente in frasi”.
Di questa corrente ho amato  Virginia Woolf con il suo flusso per parole, Tarkovskij lo fa per immagini.
Non dobbiamo spiegare molto, è il suo pensiero che scorre.
Non so se questa mia associazione abbia senso, ma Virginia Woolf si è suicidata entrando con lentezza nel fluire di un fiume. Il tutto messo per immagini in quello stupendo film che è… THE HOURS.

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