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I VOSTRI ELABORATI: WORKSHOP LIVE “IL CINEMA DI QUENTIN TARANTINO”!
Durante il workshop live dedicato al cinema di Quentin Tarantino, abbiamo proposto ai partecipanti di scrivere un elaborato su un elemento emblematico del cinema di un regista icona della storia del cinema. Ecco i lavori che hanno meritato la pubblicazione!

Fabio Baratella
“C'era una volta a...Hollywood”

Il film narra le storie incrociate di Rick Dalton (un sontuoso Leonardo Di Caprio), attore la cui parabola artistica è in declino, del suo stuntman, amico e tuttofare Cliff Booth (Brad Pitt, maiuscolo) e di Sharon Tate (Margot Robbie, in un ruolo iconico in cui le basta essere bella per risultare memorabile), da poco arrivata nella Hollywood del 1969, ricostruita con cura maniacale da Barbara Ling e magistralmente illuminata dalla scintillante fotografia di Robert Richardson.
Con 'C'era una volta a... Hollywood' Quentin Tarantino dirige il suo film con la trama più lineare in assoluto poiché rinuncia in parte ai suoi proverbiali ed estenuanti dialoghi - che hanno fatto del suo cinema postmoderno un marchio di fabbrica - per concentrare maggiormente le sue attenzioni su inquadrature, movimenti di macchina e montaggio.
'C'era una volta a...Hollywood', già citazionista fin dal titolo, parte con qualche incertezza narrativa nel primo blocco del film ma poi, una volta preso il suo ritmo, non si ferma più, fino al fantasmagorico e liberatorio finale, segnato da una dolente amarezza per 'ciò che avrebbe potuto essere ma non è stato'.
Tarantino imbastisce un vero e proprio gioco cinefilo, non fine a se stesso però (come i classici detrattori hanno già più volte sottolineato) ma necessario per la costruzione di un universo-mondo, in cui i suoi personaggi si muovono in un ambiente che lui conosce molto bene e lo fa rivivere, modellandolo e rivisitandolo a suo piacimento, utilizzando musiche d'epoca e mixando personaggi veri ad altri fittizi, smontando la realtà dei fatti per ricostruirne una nuova: se John Ford, tra realtà e leggenda metteva in scena la seconda, Quentin alla (cruda) realtà, così come aveva fatto con 'Bastardi senza gloria', ne preferisce solamente una differente, totalmente inventata ma che, ai suoi occhi (e non solo), è di gran lunga preferibile.  
'Once Upon A Time in...Hollywood' è un'opera di pregevole fattura, interpretata da attori in stato di grazia nei ruoli principali e ravvivata da brillanti caratterizzazioni in parti secondarie e ammantata di nostalgia per un'epoca che non c'è più, mista ad amarezza per un tragico fatto di cronaca verificatosi, qui mostrato in maniera completamente stravolta sullo schermo.
Film imprescindibile, come ogni opera di QT!

Marco Paiano
Perché il finale di “C'era una volta a... Hollywood” è una delle scene più importanti del cinema di Quentin Tarantino

«Sei un buon amico, Cliff», dice l’attore Rick Dalton. «Ci provo», risponde il suo stunt-man e tuttofare Cliff Booth, dopo avergli salvato la vita, col fondamentale supporto del suo pitbull Brandy. È l’agrodolce commiato fra i protagonisti della favola nostalgica di Quentin Tarantino “C'era una volta a... Hollywood”, con cui il regista americano esplicita ciò che abbiamo appena visto, e che in fondo abbiamo sempre saputo: il cinema può davvero salvare la vita, e a salvare il cinema è invece spesso chi lavora dietro le quinte, sacrificandosi ogni giorno senza mai vedere i riflettori puntati su di sé. Ma Tarantino non si ferma qui. C’è un ultimo personaggio da celebrare, la soave presenza attorno a cui ruota questo suo penultimo (?) lavoro, colei che in questa magica ucronia è ancora viva: Sharon Tate. Un fiore barbaramente reciso, che Tarantino ha rappresentato nel modo più toccante e rispettoso possibile, cioè come un angelo che si muove per le infinite strade di Los Angeles, dispensando a chiunque incontri un pizzico della sua grazia. E visto che è il cinema a salvarci, il tributo più dolce e appassionato a Sharon non poteva che arrivare nel buio della sala, dove ha potuto finalmente sentirsi apprezzata e amata, grazie agli applausi del pubblico che la ammirava in “Missione compiuta stop. Bacioni Matt Helm”. Un infinito gioco di specchi, con il cinema che si specchia nella vita, che a sua volta si specchia nel cinema.
Tarantino sceglie di intersecare finalmente le strade di Rick Dalton e Sharon Tate, la celebrità della televisione in caduta libera e la stella nascente di Hollywood. In una delle sequenze più importanti ed evocative del suo cinema, il maestro del pulp diventa cantore della malinconia. Con una voce che proviene da un semplice citofono, ma che metaforicamente non può che venire dall’aldilà, Sharon chiama Rick, chiedendogli di unirsi alla sua compagnia per un drink, per riprendersi dal pericolo scampato. Si apre la porta di Hollywood per Rick, inaspettatamente lanciato verso il cinema di serie A dalla fortuna e da Cliff, ma allo stesso tempo anche i cancelli del cielo in cui si trova idealmente Sharon, con la carezzevole melodia di Miss Lily Langtry che accompagna l’incontro fra i due. L’unione di due sogni, davanti a cui Tarantino si ritrae, con riverenza. Rick continua il suo cammino sul vialetto del 10050 di Cielo Drive da solo, con la telecamera che rimane fuori dalla villa Polanski e fa un passo di lato, limitandosi a osservare ciò che succede dal tetto. Non servono ulteriori parole, non abbiamo bisogno di altri primi piani. Il cinema ci ha ancora salvato, ed è giunto il momento di lasciare questi personaggi al loro destino e inseguire un’altra favola.

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