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Il cavaliere oscuro: il Batman reale nella trilogia di Christopher Nolan
Il biglietto da visita di Christopher Nolan recita così: Following, Memento e Insomnia. Non c’è da stupirsi che la Warner Bros. lo abbia scelto come regista per rilanciare sul grande schermo la figura di Batman, dopo le due opere dark/fumettistiche di Tim Burton e la cocente delusione dei film firmati Joel Schumacher. L’autore Nolan, come fece Burton nel 1989 e nel 1992, non si accontenta di raccontare le vicende di Bruce Wayne e le sue avventure come Uomo Pipistrello, anzi, fa molto di più: lo immerge nel reale e nella sua poetica per parlare di argomenti ancora più profondi. Per farlo, non poteva che concepire una trilogia, in quanto il regista inglese è da sempre legato al numero 3 e non poteva dirlo più chiaramente in The Prestige: «Ogni numero di magia è composto da tre parti o atti. La prima parte è chiamata "la promessa". L'illusionista vi mostra qualcosa di ordinario: un mazzo di carte, un uccellino o un uomo. Vi mostra questo oggetto. Magari vi chiede di ispezionarlo, di controllare che sia davvero reale... sì, inalterato, normale. Ma ovviamente... è probabile che non lo sia. [...] Il secondo atto è chiamato "la svolta". L'illusionista prende quel qualcosa di ordinario e lo trasforma in qualcosa di straordinario. Ora voi state cercando il segreto... ma non lo troverete, perché in realtà non state davvero guardando. Voi non volete saperlo. Voi volete essere ingannati. Ma ancora non applaudite. Perché far sparire qualcosa non è sufficiente; bisogna anche farla riapparire. Ecco perché ogni numero di magia ha un terzo atto, la parte più ardua, la parte che chiamiamo "il prestigio"». In questo caso, la promessa è Batman Begins.

«Di che cosa hai paura?» - Batman Begins (2005)

 
La paura. Ecco il tema principale di Batman Begins. Bruce Wayne (Christian Bale) è dilaniato dal senso di colpa e dal trauma per la morte dei suoi genitori che il suo unico desiderio è la vendetta. Il periodo trascorso sulle montagne, al cospetto di Ra’s al Ghul (Liam Neeson), è per lui fonte di addestramento per l’eroe che verrà e accanto all’esercizio fisico ricopre ancor più importanza il lavoro sulla sua mente, sul dominio della paura e sulla presa di coscienza di quest’ultima. Una sorta di psicanalisi, a conti fatti, in cui emerge il terrore che Bruce nutre nei confronti dei pipistrelli, fin da quella volta che cadde (simbolicamente?) nel pozzo, finendo nella (bat)caverna e risvegliandosi tra le braccia di suo padre, Thomas Wayne: «Sai perché cadiamo Bruce? Per imparare a rimetterci in piedi». E ci sarà tempo per le rinascite, durante la trilogia. In questo caso si parla di riscatto e maturazione, di presa di coscienza delle proprie paure dopo averle affrontate, senza rifuggirle con scorciatoie (la vendetta) e solo in quel modo riuscendo quasi a trasformarsi in esse, con lo scopo di incutere il timore nella malavita. Dopotutto, è ancora Thomas Wayne in uno dei tanti flasback del film, ad esplictare al giovane Bruce come siano soprattutto le creature che mettono paura, ad averne. E non a caso uno dei due villain del film (saranno sempre una coppia, componendo quindi un trio con Batman: 3) è lo Spaventapasseri, lo psichiatra Jonathan Crane, che ha come obiettivo far inalare a tutta la città una soluzione chimica che faccia emergere le paure, portando tutta Gotham alla follia. Infine, è lo stesso Bruce Wayne a esplicitare la sua decisione in un dialogo con Alfred: «Perché i pipistrelli, signor Wayne?» «Perché mi fanno paura».

«Il caos è equo» - Il cavaliere oscuro (2008)

 
Più che la svolta, con The Dark Knight potremmo davvero parlare del prestigio, e non è solo merito della strepitosa prova d’attore offerta dal compianto Heath Ledger nei panni del Joker. Il secondo capitolo è per Nolan una riconferma, e dove spesso si parla della crisi (si pensi al secondo capitolo di Spider-Man, per stare in ambito di supereroi) il regista vira sul concetto di scelta, declinato in giustizia, equità e caos, che si possono tradurre in Batman, Due Facce e Joker. Batman ormai ha superato l’idea di vendetta e ha un suo codice etico, in accordo anche con la polizia: ora deve cercare di far convivere il suo essere eroe e la vita che vorrebbe con Rachel (Maggie Gyllenhaal a sostituire Katie Holmes): l’aver messo in galera tutti i più grandi malavitosi di Gotham sembrerebbe permettergli di fare a meno di Batman, ma non tutte le carte sono state scoperte. Manca il Jolly. L’agente del caos, il Joker, che senza una logica stravolge i piani, lanciando provocazioni, raccontando svariate versioni delle sue cicatrici, monopolizzando l’attenzione del pubblico e della città, una Gotham City mai così uguale a New York. Why so serious? Proprio lui, senza identità nè scopi, porta la città davanti alla scelta, nel modo più sadico possibile: facendo partire due navi, una piena di carcerati, caricandole entrambe di esplosivo, e dando all’una il detonatore dell’altra. Chi far saltare in aria? E per scegliere non è sufficiente lanciare una monetina. Nè quando la fortuna la si crea (Harvey Dent), nè quando la fortuna ti ha voltato le spalle e ora non ci sono più due teste sulla moneta, ma Due Facce (Aaron Eckhart), che è il prodotto di una società capace, attraverso la follia (Joker) di dilaniare anche l’animo più puro, facendolo piombare nell’oblio. Ma Batman non può permetterlo, ed erge Harvey Dent a simbolo luminoso, l’altra faccia della medaglia di giustizia di cui lui è il Cavaliere Oscuro.

«La città ha bisogno di Bruce Wayne, delle sue risorse, della sua competenza, non ha bisogno del suo corpo, né della sua vita. Quel tempo è passato». – Il cavaliere oscuro – Il ritorno (2012)



Simboli e rinascita, dalle ceneri del passato. The Dark Knight Rises è il capitolo conclusivo di una trilogia memorabile: a tratti imperfetto, non totalmente corretto in relazione ai fumetti, ma comunque ottimo e degno finale di un percorso memorabile. Bruce Wayne non ha mai superato la morte di Rachel, è un nuovo trauma nella sua vita, che questa volta ha lasciato segni ancora più profondi, facendo sì che non fosse solo Batman ad uscire di scena, ma anche lui. L’arrivo a Gotham City di una nuova minaccia, Bane (Tom Hardy, ben altro spessore rispetto a quello proposto in Batman&Robin) e della ladra Selina Kyle/Catwoman (Anne Hathaway) fanno rinascere in Bruce il desiderio di salvare nuovamente la città. O di eliminare completamente sé stesso, come gli ricorda il fido Alfred (Michael Caine). O di rinascere. La rinascita di Selina è una redenzione, in realtà: da ladra comune a personaggio decisivo per il salvataggio di Gotham. La rinascita di Bruce è legata a Bane dalla corda, o meglio, dall’assenza di corda con cui riesce a risalire dal pozzo in cui è precipitato dopo che la sua schiena è stata spezzata. Simbolo. Come quello che decide di diventare Batman alla fine, fingendosi morto, lasciando a Gotham un nuovo eroe (Robin) e permettendo alla città di ergere in suo onore una statua, portando quindi a compimento le parole pronunciate da Ra’s Al Ghul nel primo film:    

«Un vigilante è un uomo sbandato, che si getta nella mischia per la propria gratificazione e che può essere annientato o chiuso in prigione. Invece, se ti tramuti in qualcosa di più di un semplice uomo, se consacri te stesso a un ideale e se nessuno riesce a fermarti, allora diventerai tutta un'altra cosa».
«Che cosa?»
«Una leggenda, signor Wayne».

Lorenzo Bianchi
Maximal Interjector
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