Il cinema di Wong Kar-wai: le vostre analisi!
20/11/2021
Durante il workshop dedicato al cinema di Wong Kar-wai, abbiamo proposto ai partecipanti di scrivere una loro analisi su un elemento emblematico dellle opere di uno dei maestri del cinema contemporaneo: ecco i lavori che hanno meritato la pubblicazione!

Wong Kar-Wai: il tempo come puntuale “coincidenza” tra Caso e Necessità
di Lucia Cirillo

Riuscire a notare una Coincidenza e attribuirle il valore di una svolta irripetibile della propria esistenza, saper riconoscere l’attimo del perfetto incastro tra Caso e Necessità e congelarlo nella memoria come l’evento fondamentale e indimenticabile di una vita intera.  Questa pare essere l’ossessione costante che ispira la poetica di Wong Kar-Wai, regista da sempre attento a raccontare scorci di esistenze sospese tra il bisogno di inseguire l’intima pulsione immediata e i freni di una coscienza che costringe a valutare ogni conseguenza: scansionare il tempo in modo che rientri in una geometria narrativa funzionale alla lettura degli eventi dei personaggi coinvolti nelle sue storie. Non vi è suo racconto senza una cronologia da ricalibrare con sovrapposizioni temporali, ricostruite con unità di misura differenziate, una messa in scena che tenesse conto dello sfalsamento temporale tra il tempo interiore dei protagonisti e quello esterno del contesto in cui, e con cui, si confrontano.
 “Sono nato alle 6 del mattino. Ancora 2 minuti e avrei avuto 25 anni esatti. In altre parole un quarto di secolo di esperienza su questa terra”. Ore, minuti, anni, secoli…tutto concorre a definire frammenti di vita inglobati in un tempo che incrocia scorci differenti del percorso individuale del protagonista di Hong Kong Express. Subito dopo ecco l’inquadratura di un orologio che segna il passaggio all’ora esatta del suo compleanno e proprio in quell’istante arriva un messaggio di auguri da parte di una sconosciuta. Una coincidenza insignificante che però lui ricorderà per sempre. Una cosa priva di scadenza, per quanto apparentemente insignificante, si insinuerà per sempre nella sua memoria in modo indelebile. Accadrà anche ai protagonisti, amanti mancati, di Days of being wild, in cui – ancora una volta - la volontà dei due pare essere il frutto di un mero incastro bizzarro tra passato e presente, tanto da chiedersi quanto davvero conti la loro scelta o non sia stato invece il semplice caso dettato dalle circostanze ad impedire una storia tutta diversa.    

“Chissà da quando e perché tutto ha una data di scadenza”. Ecco, appunto.

Come si riconosce un istante significativo al punto da definire un intero destino? Qual è il tempo esatto in cui farlo ricadere? Basti pensare che persino un semplice un fuso orario differente (una unità di misura del tempo diversa, dunque), come quello tra Hong Kong e la California, è sufficiente a non rendere “contemporanei” due che si danno appuntamento. Restituire lo sfalsamento tra un tempo interiore e la velocità spedita con cui procede il mondo circostante, si diceva, come una delle cifre più rappresentative di questo regista: movimenti a rallentatore dei protagonisti nello spazio e al contempo uno sfondo con immagini sfocate, quasi da videoclip, a sottolineare mondi con tempi di marcia differenti eppure contenuti nella stessa storia.

Se mai si potesse tradurre la poetica del tempo secondo Wong Kar – Wai e sul suo effettivo ruolo nella definizione dei percorsi inconsapevoli di ciascuno - prima di arrivare a definire la propria, unica e irripetibile epica individuale - si potrebbe forse rifarsi a questi versi della poetessa polacca Wislawa Szymborska:

Prospettiva
Si sono incrociati come estranei,
senza un gesto o una parola,
lei diretta al negozio,
lui alla sua auto.

Forse smarriti
O distratti
O immemori
Di essersi, per un breve attimo,
amati per sempre.

D’altronde nessuna garanzia
Che fossero loro.
Sì, forse, da lontano,
ma da vicino niente affatto.

Li ho visti dalla finestra
E chi guarda dall’alto
Sbaglia più facilmente.

Lei è sparita dietro la porta a vetri,
lui si è messo al volante
ed è partito in fretta.
Cioè, come se nulla fosse accaduto,
anche se è accaduto.

E io, solo per un istante
Certa di quel che ho visto,
cerco di persuadere Voi, Lettori,
con brevi versi occasionali
quanto triste è stato.


NULLA È PER SEMPRE?
di Giulia Pugliese

“Sostenere che nella vita non si hanno rimpianti è ingannare se stessi, che noia sarebbe la vita senza rimpianti (…), è arrivato il momento di interrompere la nostra partita a scacchi.”

“Negli scacchi e nella vita la mossa fatta non si cancella dalla scacchiera, dobbiamo fare i conti con il destino”

Nella nostra mente noi possiamo rivivere infinite volte, un avvenimento, il tempo viene stravolto e forse anche l’avvenimento stesso. Marcel Proust definisce il tempo non come qualcosa di reale, ma qualcosa di sensoriale e circolare perché ritorna sempre; Wong Kar Wai dice che la prerogativa del regista è giocare con il tempo, tutto ha una data di scadenza e c’è un tempo per tutto. Nel cinema il tempo può essere dilatato, bloccato o destrutturato come non si può fare nella vita reale; Andrej Tarkovskij invece parla di pressione temporale riferendosi a un tempo che scorre dentro l’inquadratura e la scena, ogni scena è a parte, ha vita propria e ogni spettatore “entra” nella scena con la sua singolarità.

Marcel Proust nella “Ricerca del tempo perduto” non racconta una storia fatta di momenti che si susseguono, ma fatto di impressione ed evocazioni, in un continuum dove si va dall’infanzia all’età adulta in maniera non cronologica. Un puzzle di impressioni che solo guardandolo dall’alto può essere colto tutto. I ricordi sono qualcosa di molto personale, ma le modalità su come vengono scatenati i ricordi possono essere universali: un colore, un odore, un sapore (come la famosa madeleine o il critico di Ratatouille che assaggiando il medesimo piatto rivive i suoi pomeriggi estivi da bambino), una canzone o un luogo posso farci tornare in mente il nostro passato. A Marcel Proust non interessava raccontare una storia, ma esprimere una verità che rimane intatta nelle sua  mente e che rivive all’infinito.

Per Wong Kar-wai c’è un tempo reale molto chiaro: 1997 accordo tra la Cina e Hong Kong, Hong Kong rimane indipendente fino al 2046; 1966 visita di De Gaulle in Cambogia; vigilia di Natale del 1968; 1 maggio 1994; Natale 1997. Lo scandire del tempo è chiaro e i suoi film hanno una rituale cadenza spesso dettata da una voce esterna. Ma c’è un altro tempo: il tempo del sentire: In the Mood for love è un susseguirsi di scene, che ci danno anche un idea di circolarità, noi capiamo che il tempo passa solo dai costumi e dagli oggetti di scena, come se vedessimo le memorie dei protagonisti in una carrellata di immagini; in Happy Together ci sono dei flash back in bianco e nero, ma anche dei ricordi che forse non sono mai esistiti (i due protagonisti che ballano in cucina); in 2046 molte donne e un androide si sovrappongono a una. L’uso del rallenty, il fumo o le vetrate da cui guardiamo i personaggi ci danno una percezione esterna e di qualcosa di irreale ed intangibile, ma allo stesso tempo trasformano un immagine in qualcosa di unico e personale. Alla fine, quello che connatura i nostri ricordi sono proprio i dettagli che a differenza degli avvenimenti e delle linee temporanee che potrebbero essere non più chiare. 

Tempo reale e tempo del sentire si scontrano, come i luoghi dell’immaginato e luoghi reali.  Come i personaggi dei suoi film, il futuro di Hong Kong è certo fino a un determinato orizzonte temporale, il 2046. L’impressione che abbiamo è di guardare dallo spioncino i personaggi dei film di Wong Kar Wai come spiandoli, nel gioco di guardare ed essere guardato, di vite precedenti, di momenti, di eterni ritorni, di decisioni prese e non prese. “Se ci fosse un biglietto in più verresti con me?” “Se ci fosse un biglietto in più mi porteresti con te?”, il passato è noto, il presente è fatto di numerose possibilità e il futuro è incerto.

Andrej Tarkovskij inverte il processo, crea delle immagini che vanno direttamente alla nostra psiche. Il regista parlava di pressione temporale e di verità del tempo: infatti unendo diverse linee temporali si può ottenere un tempo unico e reale. Il tempo dei film di Tarkovskijva oltre l’immagine, oltre lo schermo e oltre la storia “Quando si percepisce del tutto chiaramente che quel che si vede nell’inquadratura non si esaurisce nella sua raffigurazione visiva, ma allude soltanto a qualcosa che si estende all’ infinito al di fuori dell’inquadratura, allude alla vita.” I suoi film sono pellicole in divenire che mutano e cambiano a contatto con lo spettatore. Noi percepiamo il tempo in contatto con il nostro io, la realtà entra nell’ inquadratura e noi la percepiamo attraverso i nostri sensi. Lo spettatore è parte stesso della fruizione dell’immagine e di come viene percepita. Quando guardiamo i film di Tarkovskij ci sentiamo come in sospensione, tutto fluttua e tutto vola, si sospende anche il tempo, in maniera che noi stessi riusciamo a valutarle lo scorrere. C’ è il tempo della storia cinematografica, la durata del film e poi un terzo tempo che è percepito dallo spettatore. 

La fisica moderna ci dice che il tempo non può essere compreso se non viene rapportato con lo spazio, lo stesso Sant’ Agostino diceva che il tempo ha natura misteriosa: ”Se non mi chiedono cosa sia il tempo lo so, ma se me lo chiedono non lo so”. Quello che so io è che un'immagine registrata, un film è fruibile infinite volte, forse per sempre, come ad abbattere il concetto di tempo. 

 

 

 

 

 

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