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Master MICA - Analisi di "Nocturama"
Gli studenti del Master in Management dell'Immagine, del Cinema e dell'Audiovisivo dell'Università Cattolica di Milano, hanno svolto delle interessanti analisi per il corso di Storia e scenari dell'immagine e dell'audiovisivo: le pubblichiamo con piacere sul nostro portale! Complimenti!

Gisa Maiello - Nocturama (2016) di Bertrand Bonello


Introduzione
La particolarità di questo film è già nel suo esordio: non vi è alcuna traccia di distribuzione. Uscito nel 2016, era in cantiere dal 2011. Quando Bertrand Bonello abbozza l’idea, il titolo doveva essere sarcasticamente "Festa mobile", tratto dal noto romanzo "Paris est une fête" di Hemingway. Caso vuole che dopo l’attentato del novembre 2015 al locale storico del Bataclan, quel libro diventa il simbolo della reazione al terrore; a quel punto si orientò altrove. Una prima versione di Nocturama, dunque, è scritta cinque anni prima, mentre il regista lavorava su un altro lungometraggio: L'Apollonide. Quest’ultimo è un film d’epoca, ambientato a fine ‘800 e suscitò in Bonello la voglia di creare subito dopo qualcosa di estremamente contemporaneo e totalmente diverso. Inconsapevole, funge da “precursore dei tempi” presentando una sceneggiatura che ha avuto la capacità di evolversi con uno sguardo originale, al terrorismo contemporaneo. Purtroppo questa scelta non ha giocato a suo favore poiché il periodo storico è particolarmente fragile e il film facilmente fraintendibile se accostato agli eventi di cronaca. 
Da un punto di vista alquanto beffardo, questo getta ancor di più nell’ombra i suoi protagonisti e la loro storia. 

Un gioco contemporaneo di luci e ombre 
Possiamo dividere l’opera in due parti: 
- introduzione ai personaggi e preparazione/organizzazione del piano.
- attesa dell’esito nel centro commerciale.
Per quanto riguarda i dialoghi, sono per lo più assenti: questo incoraggia un’atmosfera straniante, che accompagna lo spettatore nell’intera visione. La sensazione che qualcosa stia per accadere, permane per tutti i 130 minuti; una sorta di effetto pentola a pressione. Si tratta di due tensioni diverse però: all’inizio è lo spettatore a essere bloccato nell’attesa dell’avvenire, in seguito, saranno i protagonisti ad attendere la propria sorte, inconsapevoli di cosa succede fuori. 
Nocturama inizia con una ripresa panoramica di Parigi in diurna dall’alto, città protagonista insieme ai malcapitati della vicenda. 
Ciò che si nota dalle prime inquadrature e sequenze, è una netta contrapposizione fra la luce esterna iniziale e l’oscurità del sottosuolo in cui agisce il gruppo. Si muovono fra le linee metropolitane e i vagoni in modo spedito, un habitat naturale in cui si trovano a loro agio. Non a caso il regista Bonello, ha ritenuto opportuno e calzante il titolo:

 “Nocturama è il titolo di un album di Nick Cave. Amavo l'idea di questo ibrido tra latino e greco che vorrebbe significare visione di notte e gli ho chiesto l'autorizzazione. Ha accettato e mi ha spiegato che di fatto il termine designava, in uno zoo, la zona creata per gli animali notturni. Questo mi andava particolarmente bene”

Nella prima ora, vediamo questi ragazzi deambulare per la città, scattare delle foto con vecchi cellulari, raccogliere oggetti in delle buste, incrociarsi fingendo di non conoscersi. Non è un semplice gruppo di amici ma un vero e proprio branco in azione, ognuno con un compito e un percorso ben stabilito. A scandire il tempo che passa, è l’apparizione saltuaria dell’orario in sovrimpressione. Questo espediente ci è utile per due ragioni:
- individuare il susseguirsi o la simultaneità delle vicende mostrate. 
- distinguere il tempo reale della narrazione dai flash back. 
Questi ultimi, ci permettono di delineare meglio i personaggi e di tracciare un’idea della motivazione che li spinge a commettere certe azioni. 
In una delle sequenze volte al passato, i ragazzi sono riuniti all’aperto. Anche in quel caso, vi è una linea labile che li divide dalla luce e confina nell’ombra. L’oscurità in cui si trovano non è solo fisica, ma suggerisce la frustrazione del non sentirsi totalmente riconosciuti e accettati all’interno di una grande comunità come quella parigina. Ci sono i loro legami e nient’altro, sono soli.

La storia si ripete
David, Sabrina, Yacine, Sarah, Andrè, Omar, Mika, Fred e Samir, sono nove amici di estrazioni sociali differenti, uniti da un certo interesse per la storia e la politica. Ciò che si può evincere dalle loro parole, è l’astio per il sistema politico ed economico in cui si trovano. Gli attentati che si apprestano ad attuare durante la giornata hanno come obiettivo una banca, la statua di Jeanne d’Arc in Rue de Rivoli, alcuni appartamenti e uffici in un grattacielo alla Défence e un ministero. Simboli del potere e dell’economia, che lasciano ipotizzare la matrice anti-capitalista delle loro azioni. 

“- Dovevamo far saltare Facebook.
  - E il MEDEF.”

Il MEDEF(1998) è la più grande federazione di datori di lavoro in Francia, Facebook il social network emblema del contemporaneo. Possiamo identificare in quelle parole dunque, una vera e propria denuncia sociale all’ordine del giorno: la scarsità di lavoro (soprattutto giovanile) e la presenza dei social sempre più radicati nella vita del singolo a discapito della privacy (e non solo). 
In un dialogo al ristorante, riguardo a un esame di storia, Andrè spiega il suo punto di vista:

“In pratica, avevo detto che il XX secolo è la prova che la cosiddetta democrazia “perfetta” crea i suoi stessi nemici e che vuole essere giudicata sulla base dei nemici, non dei risultati.”

Ed è proprio così che verranno identificati alla fine, come un unico nemico pubblico. Nonostante le loro diversità, è un unico corpo che si muove all’unisono in un atto terroristico nei confronti della loro stessa patria. Non c’è una ragione prettamente religiosa, nessuna rivendicazione, solo un folle gesto senza alcuna attenuante esplicita. Loro sono la prova che uno stato può fallire, che c’è una falla nel sistema e che il sentimento di avversione parte dall’interno e non solo oltre il confine. Tocca allo spettatore il compito di intuire e cogliere i motivi, anche attraverso i fatti storici cui i ragazzi fanno riferimento. 
Proseguiamo con una ricerca sul web di David, riguardo la seconda rivoluzione francese: 

Il 27, 28 e 29 luglio del 1830 a Parigi, scoppia una rivoluzione popolare, di cui i principali esponenti e partecipanti furono studenti e operai repubblicani. La speranza è che con la fuga del Re, cambi anche la forma istituzionale. Nonostante gli esiti positivi della rivolta, le redini della nuova guida del paese furono assunte dalla borghesia, quindi cambiò ben poco. Di fatto fu sostituito il Re, e di conseguenza la dinastia al comando, ma la forma istituzionale monarchica è la stessa. Gli esiti sono deludenti, gli sforzi vani e sfavorevoli alle classi che l'avevano determinata, una carneficina inutile per quanto memorabile.

Ed ecco che la storia si ripete: è proprio ciò che accade ai ragazzi. Un atto rivoluzionario che per quanto indimenticabile andrà a loro discapito senza alcun risultato concreto.
I numeri 27, 28 e 29, si presentano più volte durante il film. Un nice touch molto apprezzato dallo spettatore più attento. 

Tra elettronica e pop
In Nocturama il regista Bertrand Bonello, continua il lavoro come compositore musicale. È sia il film più tranquillo sia quello in cui la sua musica originale è facilmente identificabile. Le atmosfere elettroniche donano al film un valore aggiunto che strizza l’occhio al thriller. Ad accentuare l’effetto sonoro, è l’uso dei long take e il formato 2,35:1 che permette una visuale molto ampia d’effetto. Uno stile registico lineare, pulito e geometrico. Ciò che non è detto a parole, è mostrato e percepito grazie alla musica, estremamente straniante, incerta e asettica. Anche il contatto umano tra i due fidanzati Sarah e David, risulta freddo e per niente rassicurante. Quasi impercettibile il legame di sangue fra Sabrina e Amir.
Per l’ambiente metropolitano e la fase di organizzazione del piano, le tracce elettroniche sono molto efficaci. I brani scelti successivamente dai ragazzi invece, sono tendenti al pop/rap. I testi delle canzoni sono accomunati da un senso di spensieratezza e menefreghismo nei confronti di tutto ciò che li circonda. Una posizione di sfida, lanciata indistintamente a tutti e a nessuno. Reagiscono come delle belve aggredite, nei confronti di un cacciatore invisibile.

Il centro commerciale
L’ipocrisia e l’ingenuità nella quale si muovono è lampante, non solo per l’utilizzo del social che da lì a poco sdegnano. Scelgono come rifugio post esplosioni, il grande magazzino La Samaritaine. E’ nel centro commerciale che l’inconsistenza delle loro convinzioni e azioni viene a galla. L’ideologia consumista soggioga i protagonisti che si perdono nel desiderio per le cose esposte: li persuade, li riflette, li muta o più semplicemente fa emergere il loro vero io. Abiti, scarpe, gioielli, apparecchi elettronici, cibi costosi, la forza seduttiva esercitata da questi oggetti sui ragazzi è inarrestabile. Mentre tutto fuori va in fiamme, loro sembrano bambini nel paese dei balocchi. Fra scaffali e reparti vari, ognuno trova il proprio angolo di comfort. Si appropriano con arroganza crescente, di tutto ciò su cui posano gli occhi. E’ un micro mondo perfetto, in cui sguazzano senza remore. Rispetto alla prima parte, all’esterno adesso è buio e loro sono avvolti dalla luminosità fittizia dei led del centro commerciale. Sono sotto i riflettori, godono della gloria delle loro gesta, brindano all’oscuro di una città distrutta. Sono totalmente immersi e ammaliati da ciò che fino a poco prima recriminavano da non porre la giusta attenzione sul loro compagno morto, Fred. Alcuni studiosi dei processi culturali, vedono nel centro commerciale un simbolo del capitalismo borghese che sfrutta le masse e impedisce di riconoscerne lo sfruttamento, facendo deviare la loro attenzione dal dominio politico cui sono sottoposti al consumo.[1] Anche quando riescono a sintonizzarsi su un telegiornale, l’attenzione si sposta sulla traccia musicale in sottofondo, impostata a un volume così alto da sovrastare l’audio del televisore. Uno a uno, iniziano a indossare giacche e vestiti eleganti, mettendo da parte i propri abiti che, benché meno lussuosi, griffati e in linea con la moda corrente. A dire il vero, la frivola cura per l’aspetto esteriore emerge già all’inizio: Sarah si prepara accuratamente prima di uscire di casa, scegliendo con premura quale camicetta e braccialetto indossare. Sabrina fa una doccia pur sapendo di dover indossare la finta divisa della pulizia monumentale. Impeccabili tanto quanto è sporca la loro coscienza.
A notte inoltrata emergono le loro insicurezze, ansie e paure.
Ognuno di loro sembra esser giunto a una propria consapevolezza, sono soli anche se recintati e costretti nello stesso spazio. Mika per assurdo riesce a perdersi e smarrito girovaga con la stessa innocenza dei bambini quando cercano i genitori tra la folla…una folla di manichini senza volto. 
Tra di loro, c’è anche chi smarrisce la propria identità per entrare nei panni della star. In un flashback Yacine, si rifiuta di cantare davanti agli amici sbottando di non essere un “buffone”. Contrariamente, nel centro commerciale dà vita ad una vera e propria esibizione sulle note di My Way nella versione di Shirley Bassey, con tanto di parrucca e trucco a cui non rinuncerà a canzone finita. Ormai fuori di sé, l’istinto più rude e animalesco prende il sopravvento: con l’ausilio di una pistola giocattolo, violenta una silhouette femminile in costume. Tutto quel benessere lo trasforma e corrode non solo esteticamente come tutti gli altri, anche dentro.

Chi è Greg?
Nonostante i compiti ben precisi, ognuno di loro commette degli errori. Potrebbe emergere come un inconscio desiderio di sabotare il piano o più semplicemente, sottolinearne le debolezze in quanto semplici ragazzini. L’unica figura adulta con cui li vediamo interagire è Greg. Il suo personaggio è molto ambiguo e tramite la visione di Mika, abbiamo una possibile motivazione della sua assenza. Un’altra interpretazione è dettata da un aneddoto di Yacine:

“Durante la guerra Iran-Iraq, gli iraniani mandavano i bambini a bonificare i campi minati. In avanscoperta, tanto per vedere. Veniva loro promesso il paradiso, molti sono esplosi. […]L a cosa pazzesca è che prima dei bambini mandavano gli asini. Ma poi loro si sono rifiutati, non riuscivano a farli andare. E cos’hanno fatto? Hanno mandato i bambini.”
È Greg a procurare il semtex e organizzare il piano. Nelle poche scene in cui è presente, risulta un uomo solo e alla ricerca di lavoro, un inetto, un fantoccio. Potrebbe aver mandato in avanscoperta il gruppo di amici, promettendogli gloria; di fatto però una morte certa. O potrebbe aver mandato immediatamente in fumo i programmi, beccato con la pistola in mano.
Supposizione giusta o no, ritroviamo un paragone con gli animali o l’ennesimo con dei bambini.

Peccati capitali(sti)
David assume i connotati da leader. La sua convinzione che sia tutto sotto controllo è tale da prendere iniziative pericolose. Uscendo a fumare, incrocia un clochard e invita lui e sua moglie a entrare nei grandi magazzini, non curante che un tale gesto possa mettere sé stesso e i suoi amici a repentaglio. Il confine tra solidarietà e vanità è molto labile. È totalmente calato nei suoi nuovi abiti e nella parte da proprietario dell’edificio. Così come i ragazzi hanno ceduto al benessere, anche i due vagabondi approfitteranno di quell’attimo di paradiso prima di un’immeritata fine. Il costo del peccato della lussuria viene saldato con la morte.

Nemico Pubblico
Siamo alle battute finali e il telegiornale annuncia di aver trovato gli attentatori. Di solito a questo punto, siamo abituati a un gesto di resa, a un tentativo di connessione con i terroristi, a ricevere una motivazione o una mediazione. Non è questo il caso. Classificati come nemico pubblico, non è obbligatoria alcuna negoziazione ma la brutale pratica dello “sparare a vista”. Così, ironicamente, parte Call Me dei Blondie, melodica e stonata rispetto al momento catartico. 

– Chiamami! Sempre, in qualsiasi posto, ovunque, ogni giorno, in qualsiasi modo-

Non arriva nessuna chiamata e le forze dell’ordine irrompono nell’edificio. Si spengono le luci. Inizia una sorta di nascondino della rassegnazione. 
Omar a differenza di quanto stabilito in precedenza, uccide i colleghi della security nella sala di controllo. Più volte ci viene mostrato tramite split screen, un’oggettiva irreale sulle quattro inquadrature delle camere di sorveglianza, pur non essendoci nessuno a controllarle…o almeno è quello che crediamo. Riusciamo così ad avere simultaneamente la visione di ciò che accade nei diversi reparti.
 La scena del primo sparo, viene ripresa da punti differenti e ripetuta. Possiamo così cogliere la reazione straziante di ogni personaggio. Lo stesso per gli spari successivi. Il montaggio frenetico, rende la sequenza ritmata, basata sul ripetersi del suono dei colpi che rimbombano e si susseguono nel silenzio.
Questa volta il buio non basterà a renderli invisibili. L’ultimo fascio di luce riflesso sul loro corpo è quello definitivo.

Conclusione
Nocturama non è un film facile da digerire e una sola visione non basta per carpire tutte le sfumature e i dettagli. Molte domande restano irrisolte, ad esempio come le forze dell’ordine riescano a risalire ai colpevoli, che fine abbia fatto Greg, quante sono le vittime, le famiglie dei ragazzi, cosa accade successivamente a Parigi…ma il punto non è questo. Il pensiero più schietto e immediato, è che il capitalismo sia una sorta di gabbia d’oro. Per quanto puoi odiarlo o tentare di combatterlo, è costruito ad hoc attorno a te. Più lo rinneghi e più ti dimostra che non puoi farne a meno. A quel punto conviene godere dei suoi benefici finché si può, invece di combattere inutilmente contro un mostro invisibile. 
Maximal Interjector
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