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LongTake Interactive Film Festival 2019 | LE TRAME COMPLETE DI TUTTI I FILM

Concorso

ASSASSINATION NATION (2018) di Sam Levinson, USA, 108 minuti

A Salem, “tranquilla” cittadina della provincia americana, quattro ragazze all’ultimo anno di liceo conducono una vita fatta di feste, chat, selfie e video di dubbio gusto. Non solo i cellulari delle protagoniste, ma anche quelli di altri abitanti del luogo nascondono segreti…Quando un misterioso hacker inizia a rendere pubblici i contenuti degli smartphone, si scatena una vera e propria follia omicida.

Ambientato, non certo per caso, a Salem, città del Massachusetts nota per il celebre processo alle streghe del 1692, il film trasla l’isteria collettiva e la folla ricerca di un capro espiatorio del fatto storico alla contemporaneità dei social network.

Sam Levinson, alla sua seconda regia dopo Another Happy Day del 2011, firma un film provocatorio e originale, un ritratto potente e inquietante degli Stati Uniti di oggi (e non solo), coinvolgente e ben interpretato da Odessa Young nei panni della protagonista e voce narrante fuori campo.

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LAST FLAG FLYING (2017) di Richard Linklater, USA, 124 minuti

Courtesy of Amazon Studios

Trent'anni dopo la tragica esperienza della Guerra del Vietnam, lo schivo Larry 'Doc' Shepherd (Steve Carell) chiede ai suoi due vecchi compagni Sal (Bryan Cranston) e Richard (Laurence Fishburne), con cui non ha rapporti da allora, di accompagnarlo a porgere un ultimo saluto alla salma di proprio figlio, caduto durante il conflitto in Iraq.

Commedia e dramma si fondono magicamente in un emozionante racconto che mette in luce lo stile spontaneo e mai invasivo di Richard Linklater, regista in grado come pochi altri di ragionare sullo scorrere del tempo e i legami affettivi tra le persone. Magnifico ritratto di un’America che si rispecchia nelle esistenze passate, presenti e future dei tre protagonisti, declinazioni diverse della medesima disillusione, il film è un colpo al cuore capace di commuovere e far sorridere, grazie soprattutto alle straordinarie prove di Steve Carell, Bryan Cranston e Laurence Fishburne.

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LES GARÇONS SAUVAGES (2017) di Bertrand Mandico, Francia, 110 minuti

Cinque adolescenti di buona famiglia si macchiano di un crimine disgustoso senza censurare in alcun modo i propri istinti più selvaggi. Il compito di rieducarli viene assegnato al capitano di una nave che userà modalità altrettanto brutali per correggere la loro indole. 

Uno degli esordi più chiacchierati e controversi degli ultimi anni, Les garçons sauvages è un’opera prima semplicemente unica, dotata di fiammeggianti intuizioni visive e di una narrazione capace di scuotere e sorprendere a ogni sequenza. Il regista Bertrand Mandico, con tocchi sperimentali e surreali, supportati da un coraggio estetico impressionante, mescola il cinema di Fassbinder con quello di Genet, inserendo ingredienti provenienti dalle opere di Jean Cocteau e Jean Vigo, senza dimenticare i viaggi di Jules Verne e Il signore delle mosche di William Golding. Eletto miglior film dell’anno dai Cahiers du Cinéma nel 2018.

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KILLING (2018) di Shin'ya Tsukamoto, Giappone, 80 minuti

Dopo circa 250 anni di pace, a metà del XIX secolo, in Giappone i guerrieri samurai si sono impoveriti e di conseguenza molti lasciano i loro padroni per diventare dei ronin erranti. Per conservare la sua abilità nel maneggiare la spada, uno di loro (Sosuke Ikematsu) si allena quotidianamente in un villaggio di campagna. L’arrivo sul posto di un abile ronin (Shin’ya Tsukamoto) in cerca di altri potenziali guerrieri, potrebbe cambiare la sua vita.

Tsukamoto torna con Killing al tema della violenza, raccontando di un samurai che si rifiuta di uccidere, facendo una scelta totalmente controcorrente per l’epoca rappresentata (e, sembra voler suggerire il regista, anche per il mondo di oggi). In quest’opera profonda e incisiva, ritroviamo alcuni elementi distintivi della filmografia del regista: la spada che diventa una sorta di protesi del guerriero e la danza come modo per dare voce al corpo, a partire dai tormenti che toccano i protagonisti. Con il consueto stile dinamico, Tsukamoto dà vita a un bombardamento audiovisivo che trascina lo spettatore a vivere il cuore della vicenda.

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FUNAN (2018) di Denis Do, Francia / Belgio / Lussemburgo / Cambogia, 84 minuti

Phnom Penh, 1975. La follia degli khmer rossi fa piombare la Cambogia nell’orrore e la popolazione viene deportata nei campi di prigionia: Chou e Khon non perdono la speranza di ritrovare il figlio di quattro anni, disperso durante la fuga.

Opera prima di Denis Do, regista francese d’origine cambogiana, che si è ispirato alla storia di sua madre per mettere in scena questo potente esordio e ha scelto l’animazione per raccontare il genocidio operato dal regime di Pol Pot dal 1975 al 1979. Funan è un film drammatico, dal tratto visivo molto semplice ma efficace, che segue il percorso di un uomo e una donna tra orrori di ogni sorta. Denis Do riesce a emozionare, anche grazie ad alcune immagini di notevole bellezza artistica, e a coinvolgere sempre più col passare dei minuti fino a un finale che è la degna conclusione di un’opera prima sorprendente. Premiato al Festival di Annecy, il film è doppiato da due attori d’eccezione: Louis Garrel e Bérénice Bejo, che prestano le voci ai due personaggi principali.  

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TARDE PARA MORIR JOVEN (2018) di Dominga Sotomayor Castillo, Cile / Argentina / Brasile / Olanda / Qatar, 110 minuti

In Cile, nell’estate del 1990, un gruppetto di famiglie che abita in una comunità isolata ai piedi delle Ande, vive nell’utopia di costruire un nuovo mondo, distante dagli eccessi metropolitani, sfruttando al meglio la recente libertà conquistata con la fine della dittatura. 

La regista cilena Dominga Sotomayor Castillo (che nel 1990 aveva quattro anni) sceglie un momento decisivo nella storia del suo paese per dare vita a una sorprendente pellicola dal forte sapore metaforico, mettendo al centro della narrazione un microcosmo simbolo di una società disposta a tutto pur di vivere a pieno la libertà appena ottenuta. Un cast in gran forma e gli eccezionali giochi di luce contribuiscono all’efficacia del disegno d’insieme di un film emozionante senza essere retorico, che conferma la grande capacità del cinema cileno di riflettere sul proprio passato, in maniera tanto originale quanto profonda. 

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SORRY TO BOTHER YOU (2018) di Boots Riley, USA, 112 minuti

Cassius Green è un trentenne di colore che abita a Oakland nel garage dello zio, faticando non poco a pagare l’affitto. Nella speranza di trovare i soldi per sopravvivere degnamente, comincia a lavorare in un’azienda di telemarketing: gli inizi non sono incoraggianti, ma ben presto Cassius scoprirà un trucco che gli porterà finalmente i guadagni sperati.

A metà tra commedia, fantascienza e puro cinema politico, Sorry To Bother You è uno dei film di cui si è più parlato al Sundance dello scorso anno, sia per l’originalità narrativa sia per i contenuti che vanno a toccare punti cruciali della società americana odierna: dal razzismo alle differenze sociali, il film lancia messaggi di grande potenza attraverso un apparato allegorico degno del cinema di Spike Lee e Jordan Peele, a cui è stato spesso paragonato.

Si tratta dell’opera prima di Boots Riley, rapper americano socialmente impegnato, che ha dimostrato un talento dietro la macchina da presa che in pochi si sarebbero aspettati.

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FIRST REFORMED (2017) di Paul Schrader, USA, 108 minuti

Toller (Ethan Hawke), ex cappellano militare segnato dalla morte del figlio in guerra, gestisce con diligente austerità una piccola chiesa protestante di provincia, la First Reformed. Quando il suo tentativo di salvare dalla depressione un giovane ambientalista radicale fallisce tragicamente, Toller, schiacciato dal senso di colpa, stringe una relazione sempre più intima con Mary (Amanda Seyfried), ex moglie del ragazzo che non è riuscito a salvare. Il suo rapporto con l’organizzazione che si occupa della chiesa a cui ha dedicato la propria vita cambierà profondamente.

Una delle opere più rappresentative della poetica di Paul Schrader, autore di spicco della New Hollywood (molto vicino al cinema di Martin Scorsese) e profondo innovatore dei canoni del cinema classico. Un dramma di dolente umanità, austero e disadorno, interpretato da un Ethan Hawke in stato di grazia, su un percorso di redenzione che rimanda allo spiritualismo di Bresson e Dreyer. Impressionante per profondità di sguardo e perfezione formale, con un memorabile finale sulle note dell’inno evangelico Leaning on the Everlasting Arms.

Capolavori del 1969 

IL MUCCHIO SELVAGGIO (The Wild Bunch) di Sam Peckinpah, USA, 135 minuti

1913. Alcuni banditi guidati da Pike Bishop (William Holden), inseguiti dai bounty killer di Deke Thornton (Robert Ryan), ex compagno di Pike, sconfinano in Messico e compiono un furto d'armi per conto del generale Mapache (Emilio Fernández). Le cose non andranno come previsto e lo scontro finale sarà inevitabile.

Maestoso monumento funebre al western classico e alla sua epopea, manifesto crepuscolare che racchiude il sentimento di una intera epoca, tappa imprescindibile nella storia della Settima arte. Tutto e questo (e forse molto di più) nel capolavoro assoluto di Sam Peckinpah, cantore ribelle e anticonvenzionale che ha scardinato codici e convenzioni di Hollywood per dare vita a una nuova e rivoluzionaria idea di cinema. Una esperienza cinematografica unica e irripetibile.

Omaggio ad Agnès Varda

SENZA TETTO NÉ LEGGE (Sans toit ni loi, 1985), Francia, 105 minuti

L'omaggio ad Agnès Varda, indimenticabile regista, sceneggiatrice e fotografa scomparsa quest'anno, attraverso un’opera potente, anticonvenzionale e appassionante, premiata con il Leone d’oro alla Mostra del Cinema di Venezia.

Nella campagna francese viene ritrovato il cadavere di una giovane: come è morta? Con chi ha avuto gli ultimi contatti?

La morte di Mona (interpretata con straordinario talento da Sandrine Bonnaire, capace sotto la sapiente guida della regista di rendere espressiva una giovane imperscrutabile) rimane un mistero: non ci sono risposte nette alle tante domande, ma una galleria di personaggi che parlano della ragazza e ne ricostruiscono gli ultimi istanti di vita, tratteggiati da Varda con ineguagliabile maestria 

Omaggio speciale a Josef von Sternberg

L'ANGELO AZZURRO (Der blaue Engel, 1930), Germania, 99 minuti

Immanuel Rath (Emil Jannings), rispettabile professore di ginnasio in una cittadina tedesca, rimane stregato dalla bella e provocante cantante Lola Lola (Marlene Dietrich) e le propone di sposarlo. È l'inizio del declino per il professore che viene licenziato e si riduce a fare il clown su palcoscenici di quart'ordine, mentre sua moglie lo tradisce e lo mortifica.

Primo lungometraggio del sodalizio artistico tra Josef von Sternberg e Marlene Dietrich, è l'opera che lanciò l'attrice come diva internazionale e icona destinata a restare indelebilmente impressa nell'immaginario collettivo. Amore, fascino, seduzione e autodistruzione si sovrappongono e confondono in una pellicola dal fascino magnetico, che rappresenta l'inesorabile disfacimento di un mondo in mutamento, sempre più cinico e feroce. Indimenticabile.

Omaggio a Bernardo Bertolucci 

IL CONFORMISTA (1970), Francia / Rft / Italia, 113 minuti

Il ricordo del maestro Bernardo Bertolucci, a un anno della sua scomparsa, con uno dei capolavori assoluti del cinema italiano di ogni tempo. 

Nel 1938 Marcello Clerici si offre volontario per una missione per conto dell'OVRA (la polizia politica fascista): uccidere Luca Quadri, suo ex professore all'università e ora antifascista in esilio. Ma l'incontro con la seducente moglie del professore fa vacillare la determinazione di Marcello.

Libero adattamento dell'omonimo romanzo di Alberto Moravia, il film sonda nel profondo le contraddizioni dell'essere umano di fronte alla tragedia, in un affresco di rara potenza che incrocia dramma, Storia e sentimenti. Fotografia, costumi e scenografie di altissimo livello, così come le interpretazioni di Jean-Louis Trintignant, Stefania Sandrelli e Dominique Sanda.

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