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Master MICA - Analisi de "La notte del giudizio"
Gli studenti del Master in Management dell'Immagine, del Cinema e dell'Audiovisivo dell'Università Cattolica di Milano, hanno svolto delle interessanti analisi per il corso di Storia e scenari dell'immagine e dell'audiovisivo: le pubblichiamo con piacere sul nostro portale! Complimenti!

Erica Nobis - La notte del giudizio (2013) di James DeMonaco

La notte del giudizio: una distopica realtà


“You don’t remember how bad it was, Charlie.
The poverty, all the crime. This night saved our country”.

Parlare della realtà attraverso la distopia
Il genere distopico adotta un contesto decisamente diverso da quello della realtà annettendo alla narrazione una critica alla società contemporanea. La distopia mostra come, in un possibile futuro, delle scelte optate nel passato possano avere delle ricadute fondamentali sul mantenimento di un ordine fittizio in una società in particolare.
La distopia, al contrario dell’utopia, dimostrerebbe come queste decisioni effettuate potrebbero portare una determinata società al limite, arrivando a costituire il peggior esempio di se stessa. Nella letteratura, nel cinema e nella serialità sono molti i titoli che appartengono a questo determinato filone. Infatti, non è raro che un romanzo distopico venga adattato cinematograficamente. Tra questi esperimenti possiamo citare le saghe di Divergent e Hunger Games, insieme a molti altri film. Come nel caso de La notte del giudizio, nei titoli citati la società di riferimento è quella degli Stati Uniti d’America e ciascun titolo fornisce una rappresentazione della società che inizialmente viene presentata allo spettatore come utopica ma che, nel corso della narrazione, subisce un ribaltamento dovuto a delle prese di posizioni contrastanti verso il potere centrale che controlla tutto e tutti.
Solitamente la “rivoluzione” viene condotta da membri delle classi sociali più basse che lavorano per il solo benessere delle famiglie più abbienti ritrovandosi a vivere un’esistenza allo stremo, di solito posizionati anche nei luoghi più remoti controllati da un potere che è sempre centrale. Infatti, nella maggior parte dei casi, i luoghi dove queste società vivono sono isolati, senza possibilità di entrata ed uscita, in modo tale che tutto possa essere controllato dai piani alti.
Anche la tecnologia detiene un ruolo fondamentale: è grazie ad essa che tutti possono essere controllati e che i comportamenti di ogni soggetto vengono indirettamente limitati. Negli Hunger Games, questi giochi sono visti da tutti tramite mega schermi posizionati nei principali centri sociali e quindi gli spostamenti e le azioni dei ragazzi sono seguiti passo dopo passo. La morte, come nel caso preso in esame, diventa un’espediente di intrattenimento e, indirettamente, un metodo per eliminare i membri scomodi della società, ovvero i meno abbienti. I device tecnologici sono, inoltre, uno strumento deterrente per mostrare la potenza di chi è al comando e il controllo che questi hanno sull’intera società.
In Divergent, invece, la fazione degli Eruditi che tenta un Colpo di Stato per salire al potere sviluppa una tecnologia in grado di annullare la coscienza degli Intrepidi, i protettori delle fazioni, per trasformarli in veri e propri automi che rispondono esclusivamente agli ordini dei trasmettitori impiantati nel loro corpo. In questo caso la tecnologia, rappresentata da un siero chimico, permette l’annullamento della personalità di coloro che dovrebbero proteggere i più deboli e li trasforma in veri e propri soldati al servizio degli oppressori.
Tramite l’utilizzo di un’ambientazione distopica, infatti, l’autore si pone l’obiettivo di analizzare approfonditamente la società in cui il protagonista agisce. Nella maggior parte dei casi, inoltre, la collettività presa in considerazione rappresenta l’estremizzazione di alcune caratteristiche della società reale, quella in cui vive l’autore stesso. La facile reperibilità di armi per una “giustizia”
individuale (La notte del giudizio), il dissesto socio-economico (In Time), il diffondersi della discriminazione razziale (Us), l’affidamento quasi totale alla tecnologia (Black Mirror) e la continua sfida dell’uomo nei confronti della scienza (28 giorni dopo), la repressione dell’individualità a favore dell’impersonalità della società (Divergent) e i sempre più numerosi segreti tenuti nascosti alla popolazione (Hunger Games) sono solamente alcune delle caratteristiche presenti nelle contemporanee società che la distopia acutizza ed estremizza per dimostrare come possa diventare il mondo che oggi conosciamo nel caso in cui uno o più di questi elementi dilagasse in maniera incontrollabile.
La notte del giudizio si inserisce perfettamente in questo particolare contesto narrativo in quanto affronta molti dei temi sopra elencati e dove l’ambientazione riguarda un futuro distopico molto prossimo che rischia addirittura di avverarsi. Più nell’immediato, però, La notte del giudizio fotografa in maniera quasi incomodante quelli che sono oggi gli Stati Uniti d’America.

“Blessed be America, a nation reborn”
Per capire fino in fondo quale sia l’obiettivo de La notte del giudizio pare imprescindibile dover guardare con attenzione l’intero franchise che il film ha generato per porlo in relazione con il contesto socio-politico contemporaneo degli Stati Uniti.
Il film in analisi, uscito nel 2013, ci presenta sin dall’opening quella che è la situazione cui stiamo per assistere. 21 marzo 2022, negli Stati Uniti si celebra per il quinto anno consecutivo quella che viene definita la “notte dello Sfogo”, dodici ore durante le quali tutti i crimini, incluso l’omicidio, sono permessi sull’intero territorio. Facendo un piccolo calcolo e guardando il film prequel del 2018 La prima notte del giudizio, sappiamo quindi che i Nuovi Padri Fondatori, saliti al governo probabilmente nel 2016, hanno istituito lo “Sfogo” per la prima volta nel marzo 2017. Pubblicamente, il loro obiettivo era quello di ridurre al minimo la criminalità dilagante ma, come viene sottolineato più volte nei film, questa direzione ha portato nell’immediato all’eliminazione della fascia più debole della popolazione, quella che non ha i mezzi per difendersi e che è composta, per la maggior parte, da immigrati e senzatetto. È proprio per questo motivo che la situazione che ci si presenta in apertura de La notte del giudizio sembrerebbe quasi un’utopia: disoccupazione praticamente assente, criminalità al minimo storico e violenza sporadica. La contraddizione continua che permeerà l’intera narrazione del film, comprese le caratterizzazioni dei personaggi protagonisti, ci viene palesata dal regista sin dalle prime immagini che vediamo scorrere sullo schermo con i titoli di testa. James Demonaco mette di fronte allo spettatore delle immagini di alcune videocamere di sorveglianza nelle quali vengono mostrati degli efferati delitti notturni. Nella descrizione di questi finti found footage, tutti fatti risalire dal 21 marzo 2017 al marzo 2021, notiamo la dicitura “Purge Feed”, ad indicare quello che dovrebbe essere lo scopo dello “Sfogo”, ossia un nutrimento della rabbia del Paese. Ecco quindi che emerge quello che è il primo grande ossimoro che accompagna sia la diegesi de La notte del giudizio sia l’origine stessa nell’evento. Infatti, sin da subito, la presentazione utopica della situazione socio-economica degli Stati Uniti d’America nel 2022, caratterizzata da un livello di disoccupazione quasi nullo, criminalità ai minimi storici e violenza pressoché inesistente, stride con le immagini di cui abbiamo parlato poc’anzi. Se da una parte ci viene presentata l’America come una “nazione risorta”, dall’altra l’evento stesso dello “Sfogo” ci pare invece un ritorno alla primitivizzazione della società stessa. Lo “Sfogo”, infatti, non è altro che un giorno in cui ogni tipo di legge, primo elemento che caratterizza una società evoluta, viene a mancare portando così gli individui che compongono la società allo stato brado in cui la violenza viene riconosciuta come unica via per rendere le persone più felici e sicure.
Questa caratteristica contraddittoria, presente di fondo nella diegesi de La notte del giudizio e nella costituzione dello “Sfogo”, può essere considerata lo specchio della società contemporanea statunitense, un evento che, paradossalmente, potrebbe essere proposto nel mondo reale per far fronte all’inaudito tasso di violenza e di paura che il Paese sta vivendo negli ultimi decenni. Ed è proprio da questo paradosso, e dagli eventi che sono succeduti all’uscita dei primi tre film, che il franchise de La notte del giudizio può essere considerata una serie cinematografica imprescindibile per capire la contemporaneità, soprattutto dopo il clima d’odio che sembrerebbe essersi rinvigorito dopo l’elezione di Donald Trump del 2017.
La particolarità più singolare che caratterizza questo franchise, e soprattutto il primo film, è che può avere due chiavi di lettura differenti legate a un tourning point molto importante nella storia politica e sociale del Paese. Se da una parte il primo film trova dei collegamenti molto rilevanti con il clima post 11 settembre, d’altra parte arriva a trattare, ad anni dall’uscita dei primi tre film, delle pericolose verità con le elezioni presidenziali del 2017, quando Donald Trump fu eletto come 45° Presidente degli Stati Uniti.

Home invasion, Nation invasion
Con la categoria “home invasion” ci si riferisce a quel sottogenere che tratta, con particolare attenzione, di vicende inerenti all’intrusione, fisica e psicologica, di uno o più estranei nella sfera intima e personale di una o più persone.
Ne La notte del giudizio la famiglia protagonista, infatti, subisce l’irruzione di un gruppo di studenti nella sua ricca residenza durante la notte dello “Sfogo”. Sin dall’inizio del film, inoltre, la narrazione procede solamente da un punto di vista interno alla casa, senza mai valicare l’uscita, ottenendo subito un’atmosfera rassicurante e protettiva che però verrà messa in discussione dall’entrata in gioco degli “invasori”. Il clima rassicurante che Demonaco costruisce nelle prime sequenze del film è avvalorato anche dal fatto che James Sandin, il protagonista, come lavoro fornisce i suoi clienti di nuovi sistemi di sicurezza per far fronte allo “Sfogo” ed è proprio per questo motivo che i loro vicini accusano l’intera famiglia di essersi arricchiti alle loro spalle. Infatti, la famiglia Sandin è diventata molto abbiente nel giro di pochissimi anni, trovando nello “Sfogo” una forma molto remunerativa di lucro.
Vendendo sistema di sicurezza, quindi, James Sandin ha attrezzato la sua casa al meglio, cercando di garantire alla sua famiglia il massimo della tranquillità possibile durante la notte più spaventosa dell’anno. La loro casa, quindi, si erge agli occhi di tutti come una fortezza, in teoria impossibile da penetrare dall’esterno e dove, all’interno, la vita si svolge con naturale normalità. Una volta che le sirene danno inizio allo “Sfogo”, la famiglia riprende le sue attività quotidiane: lavoro, relax, un film in famiglia.
L’isolamento costituito dal sistema di sicurezza della villetta famigliare riflette però anche la condizione del Paese in cui La notte del giudizio è ambientato. La casa, quindi, si pone come sineddoche dell’intera nazione, dove l’isolamento geografico e la protezione che offriva ha portato i suoi abitanti all’illusione della perpetua sicurezza che la nazione garantiva loro. La tranquilla quotidianità in cui sia i protagonisti del film sia gli americani pensavano di vivere è stata però compromessa quando un nemico senza volto ha attentato alla loro vita. L’11 settembre 2001 due aerei di linea si schiantarono contro le Twin Towers a New York, uccidendo in totale quasi tremila persone e minando per sempre la finta intoccabilità raffigurata dagli Stati Uniti d’America. In quell’occasione la vita reale, e le sue conseguenze, hanno illuminato il clima di omertà in cui il Mondo Occidentale stava vivendo, arrivando a pensare che i conflitti in corso in Medio Oriente mai si sarebbero potuti avvicinare alle consuetudini comportamentali degli occidentali. Per la prima volta un evento del genere, che il mondo intero avrebbe potuto immaginare solo nel contesto di finzione di un film, stava avvenendo in tempo reale, nella realtà. L’attacco alle Torri Gemelle fu il primo evento trasmesso in diretta su tutte le televisioni, con documentazioni registrate tramite telefoni cellulari dai testimoni presenti sul posto. Le immagini dei morti e del crollo delle Torri trasmesse in diretta colpirono nel profondo il mondo intero, segnando un punto di svolta sia nella Storia sia nel Cinema.
La notte del giudizio riprende tutti questi ragionamenti seguendo l’intero percorso emotivo e psicologico che ha accompagnato gli americani durante la presa di coscienza di quello che accadde quell’11 settembre.
Come sottolineato, infatti, la situazione che ci viene presentata dal regista all’inizio del film è la preparazione della famiglia ad un evento “straordinario” come quello rappresentato dallo “Sfogo” durante la loro quotidianità. Lo “Sfogo”, in questo contesto, può essere considerato un diretto riferimento alla politica estera portata avanti dagli Stati Uniti durante le guerre del Vietnam e del Golfo dove i conflitti venivano combattuti in territori lontani e in cui, di conseguenza, la popolazione americana non veniva toccata sul proprio territorio. Il clima di accettazione silenziosa delle ostilità aperte al di fuori dagli Stati Uniti è lo stesso che la famiglia Sandin vive durante la notte dello “Sfogo”. Il padre, inoltre, rappresenta la maggior parte della popolazione americana, in difesa delle decisioni prese dal proprio Paese ma comunque inizialmente passivo di fronte a quello che sta accadendo al di fuori dalla propria casa, gli Stati Uniti d’America. Lui stesso, inoltre, come la nazione di cui sto trattando, arma i propri vicini con protezioni e armi vere e proprie con l’obiettivo di difendersi dai nemici esterni. Ma chi sono veramente questi nemici?
Ne La notte del giudizio, James Demonaco inserisce quattro diverse tipologie di nemico, tutte che indossano una maschera (metaforica o fisica) celante la loro vera identità e il loro intento.
Quando i due aerei di linea colpirono le Torri, uno dei simboli di New York, nessuno conosceva l’identità degli assalitori. I quattro aerei dirottati quel giorno, infatti, appartenevano a due compagnie aeree nazionali, non straniere e, da un certo punto di vista, dall’esterno l’attacco poteva apparire simbolicamente come l’America che distrugge se stessa. Da quel giorno, la consapevolezza di non essere più potenzialmente inarrivabili e di non poter mai conoscere la vera identità di chi ci circonda è stato uno degli elementi che hanno portato gli Occidentali a nutrire un sentimento di paura verso il prossimo, ma soprattutto verso il diverso.
Il primo nemico con cui veniamo in contatto nel film è rappresentato da Henry, il ragazzo della figlia maggiore Zoey, che convince la ragazza a concedergli un dialogo con il padre con la convinzione che l’uomo debba ascoltare le sue motivazioni. All’improvviso, però, Henry sceglie di mettere da parte il dialogo e passare subito all’azione estraendo un’arma per sparare contro James ma finendo colpito a sua volta a morte. Questo caso, assieme al rapporto conflittuale tra padre e figlia, rappresenta lo scontro generazionale dove il padre incarna la razionalità e il ragazzo l’istintività. È solo dopo la morte del ragazzo che Zoey si rende conto che il padre rappresenta comunque una figura atta a proteggere e non a rendere infelici i propri figli. La maschera del ragazzo crolla quindi inesorabilmente di fronte all’esperienza, alla vita vissuta.
All’inizio, quindi, nella casa “impenetrabile” troviamo ben due estranei: Henry e un secondo personaggio che il figlio minore, Charlie, aveva fatto entrare nel tentativo di salvarlo dalla strada. Questo secondo personaggio senza nome rimarrà quasi costantemente nell’ombra facendo in modo che l’intera famiglia stia sempre in allerta. Di lui non si conosce l’identità e viene quindi considerato immediatamente il nemico. Sarà proprio questo personaggio, che si scoprirà essere un senzatetto di origine afroamericana, a salvare poi la famiglia dalle ostilità dei loro simili, i vicini di casa, dimostrando come, spesso, sono le persone di cui non sai nulla ad essere più buone nei tuoi confronti rispetto ad altre che pensi di conoscere e con cui parli più volte al giorno.
Il terzo nemico all’interno del film è rappresentato dal gruppo di studenti facoltosi che irrompono nella casa dei Sandin per cercare di recuperare la loro preda: il senzatetto. Se inizialmente James dava la caccia a questo personaggio, una volta arrivato il gruppo di ragazzi la sua attenzione si rivolge direttamente a questi ultimi. Infatti, James è consapevole che la sua casa non è inespugnabile come invece millanta e questi ragazzi hanno le possibilità economiche e fisiche di ottenere gli attrezzi adatti per entrare in casa sua e uccidere tutti quelli che si erano messi sulla loro strada.
Dapprima conosciamo questo nemico tramite dei filtri: la macchina da presa non li inquadra mai direttamente ma sempre attraverso elementi che “intralciano” la vista come lo spioncino della porta e le telecamere di sorveglianza.
La vista “filtrata” fa risaltare ancora di più l’aspetto dell’home invasion in quanto il nemico viene osservato in lontananza, non esiste ancora la paura del contatto ravvicinato. Le immagini delle videocamere di sorveglianza, insieme al robot di Charlie che viene comandato a distanza, acquisiscono un’importanza fondamentale soprattutto alla luce degli eventi dell’11 settembre. L’attacco alle Torri, come già sottolineato, fu filmato da un impressionante numero di dispositivi attivati filtrando lo sguardo sia di chi riprendeva sia di chi avrebbe poi visto il video. Lo schermo funge, quindi, da protezione dello sguardo dello spettatore che percepisce quegli eventi più lontani di quanto effettivamente siano. La famiglia Sandin sperimenta sulla propria pelle questa lontananza fittizia e si ritrova, all’improvviso, vittima di un feroce attacco.
Solamente quando i nemici irrompono nella casa la macchina da presa li riprende senza filtri rendendo anche la loro identità più immediata e, allo stesso tempo, più angosciante. Le maschere che tutti indossano indicano una forma di arroganza, una facciata che, durante l’anno, essi assumono e che fanno crollare durante lo “Sfogo”. Ma se ci si pensa meglio, ne La notte del giudizio quell’espressione sorniona la incontriamo già nei primi minuti del film quando la signora Sandin ha un dialogo con la sua vicina di casa e, sullo sfondo, appaiono altri due vicini con dei grandi sorrisi stampati sul volto.
Queste espressioni sono le medesime, accomunate dal fatto di essere delle vere e proprie maschere che celano le vere identità degli individui. Ecco quindi che la maschera di plastica che portano gli attentatori è la stessa che portano tutti i giorni sul loro viso: non serve più travestirsi. Questa modalità appartiene anche all’ultimo nemico che irrompe nella casa dei Sandin: i loro vicini di casa. Le maschere indossate dai giovani assalitori non servono più alle loro versioni adulte poiché non serve nascondere le proprie identità solamente una volta all’anno, lo si fa tutti i giorni indossando falsi sorrisi.

Virtual Reality
Come scritto in precedenza, le videocamere di sorveglianza poste sul perimetro di casa Sandin non sono gli unici device presenti ne La notte del giudizio. Charlie, il figlio minore, possiede infatti un piccolo robot su ruote costruito da lui stesso con i resti di un bambolotto e una microcamera al posto di un occhio. Questo robot viene comandato a distanza da Charlie tramite un joystick e degli occhiali con degli schermi al posto del paio di lenti e degli auricolari integrati.
Le caratteristiche sopra elencate sono molto simili a quelle previste per l’esperienza VR: degli occhiali tramite i quali è possibile spostarsi nello spazio e vedere situazioni diverse da quelle in cui ci si trova. Anche se l’apparecchiatura di Charlie non è prettamente la stessa che si usa nella VR, il fine ultimo è facilmente associabile alla realtà virtuale. Infatti, Charlie comanda il robot in remoto, chiudendosi in un piccolo nascondiglio e vagando per casa sua senza spostarsi fisicamente.
In questo senso possiamo dire che Charlie stia effettivamente vivendo in una Realtà Virtuale, trasferendo la propria vista al robot e spostandosi in casa sua come fosse un player di un videogioco.
La stessa concezione della realtà virtuale si ha anche negli altri film del franchise. Per esempio, ne La prima notte del giudizio il governo è presente sul territorio di Staten Island tramite delle lenti a contatto che registrano ogni movimento di coloro che hanno prestato l’assenso alla partecipazione al primo “Sfogo”. Infatti, durante lo “Sfogo” del 2017, il primo mai avvenuto, coloro che erano stati pagati dal governo per partecipare attivamente erano stati forniti di alcune lenti a contatto con integrata una videocamera che registrasse le loro azioni per avere la conferma della loro partecipazione attiva in cambio di denaro.
Tutti questi device presenti nel franchise non fanno altro che ribadire il concetto già affrontato in precedenza che esprime un certo distacco fisico tra l’osservatore e l’osservato riuscendo sempre a rendere l’immagine filtrata da uno sguardo che non corrisponde al nostro diretto ma è il frutto di una registrazione digitale.

L’incubo americano
Più di molti altri film che trattano l’argomento, La notte del giudizio fornisce un ritratto inquietante di quella che è la società americana in relazione all’elezione di Donald Trump come Presidente.
Il primo film del franchise, uscito nel 2014, assumerebbe quindi una concezione quasi profetica di quello che sarebbe accaduto dopo le elezioni presidenziali del 2017. Infatti, uno degli aspetti che questo film sottolinea sin da subito è la forte disparità sociale tra ricchi e poveri dove i primi si raggruppano solitamente in quartieri residenziali di lusso e gli ultimi si ritrovano a vivere dove capita, solitamente l’uno vicino all’altro. Lo scarso livello di disoccupazione, la crescita economica e la violenza sporadica vengono associati spesso nel film all’eliminazione di massa della fascia più povera della popolazione durante la notte dello “Sfogo”. Infatti, i senzatetto, gli immigrati e la classe operaia sono le parti più colpite durante la notte poiché non possono permettersi abbastanza protezione e sono l’obiettivo della maggior parte della popolazione che, nel tempo, si è fatta sempre più nazionalista. L’American Dream si è quindi rovesciato, diventando l’incubo peggiore che si potesse immaginare. Di fatto, una delle più grandi problematiche che stanno vivendo gli Stati Uniti d’America è l’instabilità economica applicata alle singole famiglie. Da un giorno all’altro, infatti, ci si può trovare in mezzo alla strada, senza un soldo e con poche possibilità di recupero.
Su questi elementi i Nuovi Padri Fondatori giocano molto. Ne La prima notte del giudizio è proprio il governo che seleziona le famiglie con problematiche economiche per proporre una modesta quantità di soldi con l’obiettivo sia di aumentare il numero di partecipanti sia di fare in modo che queste famiglie si trovino in mezzo alla strada quando qualcuno deciderà di ribellarsi. Metterli l’uno contro l’altro è una strategia su cui il nuovo governo punta molto e il grandissimo numero di persone che decideranno di agire avrebbe potuto essere facilmente contestato in quanto si sarebbe trattato di una compravendita di partecipazioni e non di un bisogno volontario ed istintivo. Dal successo di questo primo “Sfogo” si sono nutriti i Nuovi Padri Fondatori che, trasmettendo in diretta alcuni omicidi o postandoli su internet, hanno accolto un grande numero di sostenitori.
Nei titoli di coda del film preso in esame si possono sentire molto bene dei commenti riguardanti la notte appena trascorsa dove viene sottolineato il fatto che i mercati hanno registrato un aumento impressionante nelle vendite di armi e sistemi di sicurezza. Il dilagamento della violenza e il poco controllo che esiste sulla vendita di armi sono due delle grandi problematiche che affliggono
l’America contemporanea; la giustizia autonoma è uno dei grandi pericoli cui gli Stati Uniti stanno andando incontro e La notte del giudizio sembra, proprio per questo motivo, un manifesto di quello che potrebbe accadere tra solo qualche anno. L’ultima frase che sentiamo nel film, e che ne dà un senso molto importante e ne palesa il fine ultimo, è la seguente: “I was a proud American. Not anymore. This country has taken everything from me”.
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