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Master MICA - Analisi di "The Babadook"
Gli studenti del Master in Management dell'Immagine, del Cinema e dell'Audiovisivo dell'Università Cattolica di Milano, hanno svolto delle interessanti analisi per il corso di Storia e scenari dell'immagine e dell'audiovisivo: le pubblichiamo con piacere sul nostro portale! Complimenti!

Benedetta Ciasullo -The Babadook (2013) di J. Kent

Dopo il cortometraggio Monster del 2005 e un episodio l’anno successivo per la serie tv australiana Two Twisted, Jennifer Kent torna dietro alla macchina da presa nel 2014 per il suo primo lungometraggio, The Babadook.
Forte di una buona accoglienza nella sezione Midnight al Sundance Film Festival lo stesso anno viene distribuito da ICF Films negli Stati Uniti, riscuotendo ampi consensi di critica e di pubblico.
Se le informazioni sulla genesi e sulla distribuzione di quest’opera costituiscono un quadro nitido, meno chiaro è l’orientamento e l’allineamento dei contenuti del film a un genere preciso.
Come molti film contemporanei, l’ascrizione di quest’ opera a un unico genere non sarebbe corretta, e ne fornirebbe una visione imparziale e frammentata; per questi motivi mi limiterò a dire che The Babadook è un horror psicologico.
Nella periferia australiana Amelia (Essie Davis) è una donna sola, rimasta vedova per un incidente stradale che le ha portato via il marito proprio nel giorno in cui è venuto alla luce il figlio Samuel, (Noah Wiseman) con cui ha un rapporto di difficile genitorialità, aggravato dalla presenza di un’entità demoniaca che mina il loro precario equilibrio.
Coerentemente alle tematiche rappresentate, è possibile suddividere la sequenza di apertura del film in tre parti, infatti nelle primissime inquadrature Amelia rivive in un incubo la morte del marito sulla loro auto che esce fuori strada, durante il tragitto che li conduceva in ospedale. L’onirismo di questa prima parte della sequenza è evidente quando la donna, che sembra fluttuare nel vuoto “atterra” sul proprio letto, svegliata dalle urla del figlio che ha avuto un altro brutto sogno.
Nella seconda parte del prologo viene presentato Samuel come un bambino bisognoso di contatto fisico e alla ricerca di attenzioni, (abbraccia forte la madre mentre guarda sotto il letto e dentro l’armadio) mentre nella terza parte il focus della rappresentazione è sul rapporto madre-figlio: dapprima amorevole, durante la lettura di una storia per farlo addormentare di nuovo, in seguito ostile.
Nelle ultime inquadrature, il letto della madre diventa un rifugio per Samuel che addormentato le preme le mani sul collo, e per Amelia si trasforma in una gabbia; allontanatasi dal figlio si rannicchia in una posizione fetale speculare a quella del figlio, all’estremità del letto.
Nei primi tre minuti del film Jennifer Kent mette in scena il legame che si crea tra la morte del marito e la nascita del figlio, l’impossibilità di dormire per entrambi, la supplica di Samuel all’amore materno e la maternità come ruolo imposto ma non auto-percepito; lo spettatore ha subito a disposizione le chiavi di lettura dell’opera.
Solo dopo il prologo appare il titolo su uno schermo nero, conosciute queste preliminari, ma essenziali secondo il punto di vista della regista, informazioni il film può cominciare.

La Casa
Nonostante The Babadook sia un film totalmente made in Australia, di australiano ha ben poco.
O meglio, nell’immaginario collettivo l’Australia si distingue per elementi stereotipati, quali gli immensi spazi aridi, le catene montuose e le scogliere a strapiombo sull’ oceano con la barriera corallina; nessun elemento tipico è presente nel film.
La stessa regista ha dichiarato di essere cresciuta con i film horror americani della New Hollywood, tra cui Amityville Horror,The Shining , Rosemary's baby e The Texas Chain Saw Massacre che riflettono la disgregazione della famiglia tradizionale e sfatano il mito del sogno americano.
Contrariamente ai primi tre film sopracitati a impazzire per le presenze maligne in casa o a stringere accordi con il diavolo per raggiungere gli ideali del sogno americano, sono i capifamiglia, ovvero le presenze maschili della casa mentre le madri difendono i figli delle forze dell'oscurità; qui accade l’opposto anche perché quella di Amelia è una famiglia monoparentale.
Quindi il film di Jennifer Kent elabora i topos del cinema horror americano, inserendoli in un contesto australiano che privilegia l’emarginato e rifuggendo i finali stucchevoli.
Poiché non riesce a garantire una stabilità economica (Claire la schernisce dicendo “Non hai nemmeno i soldi per pagarti le bollette.”) ed emotiva al figlio Samuel, Amelia viene ostracizzata dalla società che le addossa il ruolo di madre amorevole e lavoratrice instancabile.
Un tratto che richiama le origini storiche dell’Australia è l’arredamento vittoriano della loro casa: le coperte, i letti massicci e i mobili scuri lasciano percepire allo spettatore l’interiorità spoglia e quasi prosciugata di Amelia.
A questo senso di buio contribuisce la fotografia cupa di Radek Ladczuk che,fatta eccezione della veste bianca di Amelia e del rosso del libro di Mr. Babadook,  esalta una tonalità di colori che va dal blu scuro, al grigio e al nero conferendo alla casa un clima sepolcrale.

La Madre
In The Babadook la protagonista sembra non riuscire a condensare e interiorizzare i suoi ruoli di madre e donna.
Per la durata della prima parte del film Amelia-Madre si conforma al ruolo di nutrice, prendendosi cura del figlio nell’ambiente domestico e accudendo gli anziani ospiti nella casa di riposo in cui lavora; nonostante ciò si configura come una figura genitoriale di scarsa autorità per il figlio di sette anni, infatti non riesce a contenere il suo comportamento problematico impedendogli di portare a scuola gli attrezzi da lui costruiti per sconfiggere i mostri, e non rimproverando i suoi capricci al parco.
Ciò che appare chiaro sin dall’inizio è la sottomissione di Amelia-madre a Sam: la mancata esternalizzazione della propria rabbia nei suoi confronti viene percepita dal bambino come un impedimento del suo affetto, per cui la ricerca di attenzioni da parte della madre diventa vitale: “Se tu non mi guardi la magia non viene” diventa quasi una pretesa mentre la madre lo aiuta a allacciarsi le scarpe.
I disordini comportamentali di Sam, tra cui l’isolamento da parte dai suoi coetanei (l’unico rapporto che ha con un suo pari è quello con la cugina Ruby) sono il risultato della mancata integrazione della madre nella società; infatti Amelia non intrattiene rapporti sociali, se non quello con la sorella Claire, dedicandosi completamente al figlio che difende (a suo modo) anche dai professori che volevano affidarlo a un’insegnante di sostegno.
Il legame simbiotico tra madre e figlio è espresso nella sequenza del compleanno di Ruby, dove attraverso un montaggio alternato vengo giustapposte le sequenze di Amelia che è accusata dalla sorella di non sopportare il figlio e quelle di Samuel, che sulla casa dell’albero viene schernito dalla cuginetta (“Non sei nemmeno capace di avere un papà. Tuo padre ha preferito morire così non stava con te”).
Ciò che appare è la condizione di reietti che entrambi occupano nel rispettivo gruppo dei pari, ma anche il vigore che entrambi hanno nel reagire alla scarsa empatia del mondo esterno.
Nonostante questo, Amelia-madre mostra distanza dal figlio, resistendo ai suoi abbracci e rifuggendo il contatto fisico, l’incapacità di comunicazione è messa in scena dalla Kent poco prima della lettura del libro Mister Babadook; la cena, che comunemente è un momento di condivisione e di racconto della giornata si riduce a un tetro pasto in cui madre e figlio mangiano con la testa bassa senza guardarsi né parlare.
La pesantezza dell’atmosfera viene traslata anche sul piano della forma, l’inquadratura simmetrica divide il tavolo in due, l’estremità destra dove è seduta Amelia e quella di sinistra occupata da Samuel, conferendo un clima di staticità quasi spettrale.
Nella prima parte del film Amelia-Madre riesce a far emergere Amelia-Donna in rari momenti.
Dopo aver visto alla televisione uno spot sensuale, un canale per adulti, e un bacio in un film in bianco e nero prova a masturbarsi nel suo letto; attraverso una voluta rappresentazione di un atto erotico depotenziato, interrotto dall’arrivo di Samuel nella camera della madre; il momento in cui Amelia-Madre entra in contatto con i suoi impulsi femminili, bloccati dall’emergere dei doveri materni (rappresentati con l’arrivo del figlio).
Amelia-Donna emerge anche durante un pomeriggio libero dal lavoro. Costruito attraverso una sequenza quasi onirica, con le inquadrature quasi sfocate che scorrono a rallentatore, dedica tempo a sè stessa andando al centro commerciale e questo è l’unico modo in cui Amelia può fare un bel sogno, anche se a occhi aperti, che finisce con la chiamata della sorella che la avverte.
Nel momento in cui sale in macchina per tornare a casa vede nella macchina davanti una coppia che si bacia, l’inquadratura del parabrezza di Amelia con il sedile accanto vuoto si contrappone ai due amanti, sembra quasi che lo schermo (la televisione o il finestrino) sia concepito come una scatola dei desideri che rivela le mancanze fisiche della protagonista dovute alla perdita del marito.
Soffermandosi invece sul suo aspetto estetico, Amelia non presenta tratti spiccatamente femminili.
I capelli raccolti o spettinati, la divisa del lavoro e la vestaglia da casa non esibiscono mai la sua fisicità, inoltre la stanchezza cronica che la affligge le conferisce quasi sempre un aspetto sfiorito.
Il dualismo tra la donna e la madre inizia a incrinarsi nel momento in cui da madre che reprime le sue frustrazioni nei confronti del figlio diventa una madre malvagia, come quelle a cui il cinema ci ha già abituato, basta pensare a Margaret White di  Carrie o a Pamela Voorhees di Venerdì’ 13.
Attraverso la possessione di Babadook Amelia-madre diventa pericolosa per suo figlio, finendo per uccidere il loro cane Bugsie e riversando su Sam tutto il suo odio represso (“Tu non immagini quante volte avrei voluto che fossi stato tu a morire, non lui”); a questo punto della vicenda Amelia non sarà più capace di riassumere il suo ruolo di madre fino a che non scaccerà il mostro.

Il Mostro
Durante la visione del film, l’evento cardine è il momento della lettura del libro Mister Babadook che corrisponde a un’evocazione, topos classico per i film del filone horror-paranormale.
In questa sequenza Amelia e il figlio sono sul letto e la macchina da presa segue e registra i loro movimenti nello sfogliare le pagine, e nello zoom sulle figure pop up che sembrano balzare fuori dalla carta.
Nonostante il libro presenti le caratteristiche delle favole della buonanotte, tra cui le rime e le onomatopee, la musica e il montaggio accelerato il racconto di un mostriciattolo che disturba il sonno diventa un racconto inquietante che mina i sogni di Samuel che sviluppa una paura irrazionale di Babadook.
Manifestandosi da adesso negli incubi del bambino, l’entità soprannaturale prende forma nella mente di Sam come la figura archetipica dell’uomo nero, e nonostante non si sia (ancora) manifestato agli occhi della madre, inizia a lasciare tracce del suo passaggio; infatti durante la cena Amelia trova nella sua scodella un pezzo di vetro, si iniziano a sentire rumori misteriosi in casa e durante una misteriosa chiamata, dal  telefono si sente la sua voce (Ba Ba Ba- Dook Dook).
In altre parole il mostro dal piano della fantasia si riversa su quello della realtà e Sam è certo di tutto ciò, infatti afferma con naturalezza “è stato Babadook “, che in seguito si manifesterà anche a Amelia sul soffitto.
Tuttavia, l’entità soprannaturale di Babadook, nonostante si materializzi, sembra non essere dotato di forma; il suo a-morfismo e, nel contempo la sua multi-formità, sono indicativi del suo significato.
Sbucando sempre dall’oscurità, non ha proporzioni fisiche e non viene mai mostrata la sua forma corporea, quindi in altre parole, data la sua natura immateriale è difficile investirlo di un’identità precisa.
Dunque durante la seconda parte dell’opera, assume le sembianze di Oskar, parla con le sue ultime parole e alla fine viene decapitato, molto probabilmente Amelia ha assistito alla decapitazione del marito durante il fatale incidente.
Nonostante la protagonista abbracci Oskar-Babadook, il mostro continua a essere dotato di multi-formità perché si impossessa di Amelia stessa gradualmente.
Già durante il compleanno di Ruby assume la postura con cui Babadook è rappresentato sul libro, ossia con le braccia lungo i fianchi, e lo farà anche dopo, prima di scagliare la sua rabbia su Sam.
Dopo che il libro è stato distrutto, le viene misteriosamente recapitato sotto casa e sfogliandolo, Amelia si accorge che la sua figura viene sovrapposta all’ombra del mostro.
Quindi alla luce della sua possessione graduale si può dedurre che il principale antagonista di questo film è in realtà una parte della protagonista: Babadook non è un'entità metafisica, demoniaca o paranormale Babadook è il dolore.
Un dolore che non ha una forma definita, Amelia, infatti potrebbe soffrire di un disturbo post traumatico da stress, di depressione maggiore o depressione post partum.
Disturbi clinici si confondono nella sua esistenza creando un vortice dal quale non riesce a uscire; diversamente dalla maggior parte delle narrazioni horror paranormali la vita dei protagonisti non viene scossa da un evento che cambia la loro condizione, in questa pellicola Amelia e Sam vivono un’esistenza infelice da sette anni.
Non esiste nessun turning point ma solo un breaking point della vicenda, rappresentato dalla prima lettura del libro: con l’evocazione di Babadook, viene riversato su madre e figlio un dolore che da anni era latente.
Il suo dolore si sfoga attraverso il suo cattivo rapporto con il sonno, la protagonista arriva a trascorrere notti intere a guardare la televisione sul divano senza mai addormentarsi, aumentando la sua distorta percezione della realtà e rendendola incapace di prendere le decisioni quotidiane.
Solo dopo che Amelia ha affrontato il mostro (per difendere il figlio) riesce a liberarsene; la Kent concepisce questa scena con la protagonista che urla con lo sguardo fisso sulla creatura tenendo il figlio in braccio: “Stai violando la mia casa. Se tocchi un’altra volta mio figlio ti uccido” sono le parole con cui allontana il mostro, non vengono usate armi per scacciare Babadook (neanche quelle progettate dal bambino come la balestra e la catapulta), ma solo le parole.
Inoltre dalla sopra citata frase di Amelia la “casa” a cui si riferisce può essere vista come la dimora fisica in cui i due protagonisti vivono, ma può sottintendere anche la sua interiorità e la sua anima.
Quindi seguendo il sottotesto che permea l’opera, Il dolore si può combattere solo affrontandolo, in questo modo Amelia riesce a liberarsi di una parte di sè stessa che l’avrebbe portata con ogni probabilità all’infanticidio (lo conferma la visione di Sam con la gola tagliata) e al suicidio (come preannunciato dal libro).
La parte finale del film, che costituisce la sequenza più luminosa, è divisa in tre scene, come il prologo.
In una delle prime inquadrature della prima scena è presente un albero in fiore, che introduce la rinascita, il cambiamento della vita di Amelia e Samuel, esplicitato meglio nelle scene seguenti.
Madre e figlio hanno risanato il loro rapporto con l'esterno, e ciò è presentato con il dialogo con gli assistenti sociali che non è più minaccioso come all'inizio del film: adesso le inquadrature hanno un’angolazione orizzontale che pone sullo stesso piano madre e figlio su un divano e i due ospiti sul divano opposto, e la presenza di Sam conferisce simmetria alle inquadrature che durante il loro primo incontro creavano un’atmosfera minacciosa per Amelia che veniva ritenuta una madre inaffidabile.
Per la prima volta Amelia parla di Oskar “Mio marito è morto il giorno in cui è nato Samuel” afferma e non sgrida il figlio (come aveva fatto nella scena in cui erano al supermercato), quando dice “(è morto) in un incidente mentre portava la mamma in ospedale per avere me”, anzi afferma “Samuel è uguale a suo padre dice sempre quello che pensa.”
Amelia ha garantito l’esistenza di una figura maschile per il figlio e solo attraverso il riconoscimento della perdita del genitore, Samuel potrà reinserirsi nel contesto dei suoi pari con l’ammissione a scuola.  Nella seconda parte la sequenza, Amelia coltiva una rosa in giardino una rosa nera, successivamente si sposta in cantina dove porge al mostro una ciotola di terra e di vermi appena raccolti dal terreno; un’iniziale aggressione da parte del mostro viene domata da Amelia, che sussurra “Va tutto bene, va tutto bene”.
La regista inserisce a questo punto della narrazione una seconda soggettiva: il mostro che la guarda mentre si ritira nell’oscurità della cantina, come era successo prima della sequenza finale, probabilmente ottenuta con la macchina da presa a mano.
Questa è la sequenza chiave del film, che lo rende diverso dagli altri horror: Babadook non viene sconfitto per sempre, continua ad abitare la cantina della loro casa (in maniera metaforica la cantina potrebbe essere l'inconscio della mente); e ad Amelia spetta il compito di nutrire la parte più oscura di sé che promette, farà vedere a Samuel "Una volta che sarà più grande ".
Inoltre, Samuel che festeggia “per la prima volta compleanno nel giorno giusto” contribuisce a sottolineare il loro nuovo rapporto con la perdita di marito-padre, rafforzando ciò che viene esemplificato nella seconda scena con Amelia in cantina: il dolore non scompare, è necessario imparare a domarlo per fare in modo che non riduca l’esistenza a uno spirale di sensi di colpa e negazione.
Sono presenti anche due elementi naturali con un alto contenuto simbolico: la rosa nera che Amelia coltiva in giardino che può voler dire che il dolore non può essere estirpato come ha tentato di fare per 7 anni, ma va coltivato, potrebbe anche simboleggiare il periodo difficile appena trascorso, che non vuole dimenticare. Per quanto riguarda i vermi, è possibile constatare che in virtù del loro compito di nutrire il terreno e quindi le piante, costituiscono la terapia di Amelia, per mezzo della quale riesce a elaborare i propri pensieri e impulsi negativi arrivando a trasformarli in qualcosa di accettabile; questo atto può costituire l’unica cura per il suo dolore, non sono menzionati farmaci o supporti psichiatrici e psicologici.
La convivenza con il dolore la libera dal senso di colpa per non riuscire a amare il figlio.

La Contemporaneità
Babadook è un film dai tratti prettamente contemporanei: è evidente anche dalle citazioni e omaggi che la Kent fa agli autori che hanno influenzato la sua poetica cinematografica.
Partendo da uno sguardo sull’estetica di Babadook, notiamo che il lungo cappotto nero,la posizione delle “braccia” lungo il corpo e gli artigli ricordano la postura di del protagonista di Nosferatu il vampiro,  il Conte Orlok (Max Schreck) e ricordano anche quelle di Edward mani di forbice del film omonimo di Tim Burton.
Inoltre il libro Mr Babadook creato con scure figure sfumate e affusolate come fossero ombre ricorda lo stile cinematografico dell’espressionismo tedesco degli anni ‘20.
Anche il libro offre allo spettatore un carattere per capire la contemporaneità.
Si trova nella libreria di casa (non viene fornito alcun indizio su chi potrebbe averlo messo lì, con ogni probabilità Amelia stessa durante una delle sue notti insonni o una delle sue allucinazioni) ed è l'unico oggetto fisico che funziona come traccia della presenza di Babadook; vi sono inserite all’interno figure in pop-up, per questo conserva una fattura artigianale e i disegni hanno un tratto molto infantile tanto che sembrano quasi realizzati da un bambino, così come le rime e le onomatopee.(Rumble Rumble Rumble). Come se non bastasse la seconda volta che libro viene misteriosamente recapitato a Amelia, i disegni mostrano le proiezioni di eventi futuri, tra cui il cane che viene strangolato e la protagonista che soffoca Sam.
Tutto questo per dire che spesso i film contemporanei conservano un dualismo tra contenuto e forma: ciò che è rappresentato come infantile, risulta perfettamente calato nel contenuto horror, aumentando nello spettatore la sensazione di angoscia proprio perché l’innocenza dell’infanzia è accostata all’elemento orrorifico.
Per aumentare la realtà nella sua opera stimolare quindi un senso più reale della paura, Jennifer Kent, come molti suoi colleghi contemporanei, ha scelto di non avvalersi dell’ausilio della computer grafica per realizzare gli effetti speciali nel suo film, realizzando gli effetti come si sarebbe fatto trenta o quaranta anni fa. La percezione della scarsa qualità degli effetti speciali non ci stupisce poiché ciò che vede lo spettatore è anche ciò che vede Amelia: i film e i cortometraggi che guarda alla televisione durante le sue notti insonni, sono tutte opere molto vecchie creati ovviamente, in maniera analogica piuttosto che digitale; con l’inserimento de Le Livre Magique  di Georges Méliès appare un libro da cui esce un’inquietante creatura, in Le Cake-Walk Infernal degli attori che reggono delle fiaccole e con una maschera sono presi da una diabolica frenesia di ballare e La Maison Ensorcelée in cui dei demoni assalgono dei personaggi mentre dormono. Quindi attraverso i trucchi di prestidigitazione e trucchi teatrali, (alla base del cinema delle origini) si crea un’atmosfera di sogni e visioni quando il dolore di Amelia sembra prendere il sopravvento sulla sua vita; inoltre alcuni film mostrano le premonizioni di ciò che sta per fare Amelia.
Un chiaro esempio è la visione alla tv del film I tre volti della paura del maestro dell’horror italiano Mario Bava: viene mostrata una scena in cui un cadavere resuscita e perseguita una donna, così come succede a Amelia perseguitata da Babadook, e durante un servizio al Telegiornale di una madre che uccide il proprio figlio, si nota il volto di Amelia con un ghigno malefico alla finestra.
La passione della magia per il piccolo Sam è collegabile all’atmosfera onirica creata anche grazie ai film di Méliès di cui ho accennato nelle righe precedenti: appassionato di trucchi di magia, lo vediamo alle prese con i classici vestiti di scena del mago, cappello e mantello, spesso guarda dvd di magia e nella sua cameretta ha appeso un poster, che rappresenta il volto di profilo di Howard Thurston, famosissimo illusionista di inizio novecento che ebbe un’ infanzia travagliata e infelice, proprio come Samuel.
Queste ultime considerazioni delineano una delle più importanti caratteristiche del contemporaneo, ossia l’ibridazione tra le origini del cinema e un nuovo genere horror, in debito con la tradizione di genere e aperto a nuove sperimentazioni.
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