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Master MICA - Analisi di "Vita di Pi"
Gli studenti del Master in Management dell'Immagine, del Cinema e dell'Audiovisivo dell'Università Cattolica di Milano, hanno svolto delle interessanti analisi per il corso di Storia e scenari dell'immagine e dell'audiovisivo: le pubblichiamo con piacere sul nostro portale! Complimenti!

Cecilia Caruso – Vita di Pi (2012) di Ang Lee
‘Vita di Pi’ è un film del 2012 diretto dal regista taiwanese Ang Lee e tratto dall’omonimo romanzo di Yann Martel. Il film ha ottenuto 13 candidature all’Oscar vincendone 4 (Miglior regia, Miglior fotografia, Miglior effetti speciali e Miglior colonna sonora), oltre ad aver trionfato ai Golden Globes, ai BAFTA e ai Critics Choice Awards. Il film ha riscontrato anche un ottimo successo di critica e di pubblico, incassando circa 609 milioni di dollari al Box Office.
‘Vita di Pi’ è un film allegorico e pieno di richiami biblici che conducono lo spettatore a una costante riflessione: egli è, infatti, spesso indotto a interrogarsi sul significato dei singoli avvenimenti e sulla veridicità dei fatti narrati.
Con questo film, Ang Lee approda per la prima volta al 3D: ‘Vita di Pi’ è stato pensato per una visione tridimensionale mirata al rafforzamento dell’impatto visivo della fotografia. In particolare, la forza del 3D è messa in risalto nella scena della tempesta in mare, nella quale la brutalità delle onde e l’impatto di queste sembrano condurre lo spettatore a percepire il senso di annegamento provato dagli stessi personaggi. Altre due scene possono essere emblematiche del perché il regista abbia scelto il 3D per la realizzazione del film, entrambe riguardano due momenti, sequenziali tra loro, durante la permanenza in mare di Pi e Richard Parker sulla barca: la prima quando durante una notte fuoriesce dall’acqua un’enorme balena che scavalca la barca e la seconda, immediatamente dopo, con l’arrivo dei “pesci volanti”.
Il film vede una lavorazione quasi totale in computer grafica: già dalla scena iniziale lo si intuisce, quando allo spettatore vengono fornite delle prime immagini dello zoo, con la giraffa realizzata in CGI. Tuttavia, non tutti gli animali dello zoo del signor Patel, padre del protagonista, sono realizzati in computer grafica: molti degli animali che si vedono nelle scene dello zoo sono, infatti, reali, così come lo è lo stesso zoo situato a Tapei, nell’isola di Taiwan. Anche per gli animali realizzati digitalmente sono stati utilizzati animali reali come base per la riproduzione dei movimenti, in particolare per Richard Parker sono servite ben quattro tigri. Tuttavia, la vicenda inerente all’utilizzo di animali reali nelle riprese del film è stata al centro di una grossa polemica. La rivista The Hollywood Reporter ha, infatti, scoperto che King, la tigre del Bengala usata in alcune riprese, ha rischiato più di una volta l’annegamento sul set. La vicenda è stata portata alla luce dalla signora Gina Johnson, dipendente della Aha (American humane association, nonché associazione animalista che si occupa di inserire all’interno dei film la dicitura <<Nessun animale è stato maltrattato per realizzare questo film>>). Ciò nonostante, sia la Aha che la Fox, casa di produzione di ‘Vita di Pi’, hanno negato qualsiasi forma di maltrattamento nei confronti della tigre.
Sin dalla prima scena si può intuire come la presenza animale sia centrale all’interno del film di Lee. I primi minuti vedono lo scorrimento dei titoli di testa su delle immagini fisse mostranti animali e paesaggi esotici che si alternano, su un sottofondo musicale che ci rimanda immediatamente all’India, Paese in cui è ambientata la prima parte del film. Tuttavia, solo le scene in esterno della prima parte sono state girate in India, in particolare a Pondicherry e Munnar, due dei territori in cui è ambientato il romanzo. Tutto il resto, a partire dallo zoo e le restanti scene del naufragio, sono state girate a Taiwan, terra natia di Lee: possiamo qui riscontrare l’inserimento di un tratto biografico all’interno del film da parte del regista.
L’intero corpus narrativo è trattato attraverso l’uso del flashback. Il primo di questi inizia subito dopo la fine dei titoli di coda: la macchina da presa, posta in basso, ci mostra un terreno rosso bagnato, due alberi, sotto uno dei quali è posta la statua di una divinità; prende, poi, il possesso della scena un varano che dapprima arriva fin davanti la mdp per poi scappare quando arrivano due persone che, dal racconto in voice over, intuiamo essere i genitori di Pi.
Prima del secondo flashback in cui Pi racconta l’origine del suo nome, ci ritroviamo nel presente: ci viene mostrato Pi adulto insieme ad un altro uomo, che scopriremo essere uno scrittore, Yann Martel (si ha qui un omaggio all’autore del romanzo da cui il film è tratto). La scena ci viene mostrata attraverso l’uso di campi contro campi. Durante il dialogo tra i due, Pi parla di Karma e del Signore: l’aspetto religioso, che sarà centrale nella narrazione del film, emerge sin dalle prime sequenze e dai primi dialoghi.
Durante il flashback ci viene presentato “Mamaji”, lo “zio” che ha ispirato il nome Piscine Molitor del protagonista, attraverso una soggettiva da parte di Pi bambino. In questa scena, la caratterizzazione dei personaggi e l’ambientazione quasi fiabesca e onirica ci rimanda a un noto film di Jean-Pierre Jeunet, ‘Il favolo mondo di Amelie’, peraltro la medesima sequenza è ambientata, proprio come il film di Jeunet, a Parigi. La particolarità di questa sequenza è data dal tuffo in acqua di “Mamaji” Francis: la macchina da presa riprende dal fondo della piscina, il riflesso delle cabine azzurro pastello viene interrotto dal tuffo dell’uomo che sembra nuotare in aria, circondato da nuvole, trasportando lo spettatore in una sorta di sogno idilliaco.
Il flashback immediatamente successivo a questa scena, ci mostra il giovane Pi intento a leggere un libro: si tratta di ‘L’Isola misteriosa’ di Verne: la scelta di tale libro, all’interno del racconto, non è di certo una casualità poiché, in un certo senso, è come se anticipasse il resto della narrazione, a partire dal titolo che subito ci rimanda al momento in cui Pi e la tigre approdano su una particolare isola durante il naufragio, fino alla copertina che mostra un uomo e una tigre.
All’interno della medesima scena osserviamo il ragazzo intento a spiegare a scuola l’origine del suo nome; essendo, però, spesso deriso per l’ambiguità dello stesso, decide di puntare sull’abbreviativo, Pi, mettendo in evidenza come questa fosse una lettera importante in campo matematico: anche tale scelta, di attribuire al ragazzo il nome di “Pi (greco)” non è lasciata al caso poiché, più avanti, scopriremo che la durata del suo naufragio è stata di 227 giorni e, convenzionalmente, si attribuisce 22/7 come valore approssimativo di Pi greco.
Pi prosegue il suo racconto e, qualche momento dopo, si ha un nuovo flashback: in questa sequenza lo spettatore inizia a conoscere i genitori di Pi, ci vengono mostrati alcuni quartieri della città indiana e, con una ripresa dall’alto in campo totale con uno zoom indietro, lo spettatore osserva lo zoo nella sua totalità. È interessante notare qui la scelta stilistica adoperata del regista, il quale decide di rendere queste sequenze con colori vivaci, con una musica armonica di sottofondo e con strade e paesaggi pittoreschi, quasi a trasmettere l’idea di un ricordo più felice di quanto non lo fosse davvero, una memoria idealizzata che renda il presente, ormai lontano da quegli eventi, più sopportabile e piacevole.
Come accennato precedentemente, in ‘Vita di Pi’ riveste un ruolo molto importante la religione e il rapporto del protagonista con Dio e le Divinità. Proseguendo il suo racconto, Pi narra proprio del suo “incontro” con la religione, che non è solo quella induista, la più diffusa e praticata nell’India, ma è in parte Cristiana e Islamica, mettendo anche in evidenza il contrasto con il padre, uomo molto più pragmatico e realista. Durante il flashback della Festa del Diwali, c’è un particolare movimento di macchina che chiude la sequenza: la videocamera parte dal basso, inquadrando questo bacino d’acqua colmo di luci e circondato da centinaia di fedeli, fino a salire in alto e inquadrare il cielo stellato con un movimento quasi circolare che, al termine, ci porta in una scena nuova, ambientata durante il giorno. Questo movimento, accompagnato dalla voce fuori campo di Pi che parla della sua spiritualità, è come se, in un certo senso, riprendesse il concetto dell’ascensione divina dalla Terra fino al cielo.
Ad un certo punto della narrazione avviene il primo incontro, reso sempre tramite flashback, con la tigre: dopo aver tentato di dare da mangiare a Richard Parker e aver subito la ramanzina del padre per l’atto rischioso compiuto dal bambino, Pi pronuncia una frase <<anche gli animali hanno un’anima, l’ho visto nei loro occhi>>, frase che diverrà emblema della seconda parte del film, quando il ragazzo si ritroverà in più occasioni a sfidare lo sguardo vigile e affamato del felino, il quale, però, sarà proprio la chiave della sua sopravvivenza. Dopo l’atto selvaggio compiuto da Richard Parker nel momento in cui azzanna la capra, come dice la stessa voice over di Piscine, la sua vita prenderà una nuova piega, perdendo quel velo di mistero e di incanto. Richard Parker segna, quindi, per due volte una svolta e un cambiamento nella vita di Pi: il primo, appunto, dopo l’accaduto appena citato, e il secondo quando i due si ritroveranno per 227 giorni a convivere su una barca, portando il ragazzo a divenire un uomo, ancor prima del tempo, in grado di mantenere in vita sé stesso e l’animale con cui si ritrova costretto a vivere.
Circa al minuto 25 Pi incontra Anandi, la ragazza di cui si innamora, durante una lezione di ballo in cui lui suona il tabla. Anche in questa sequenza emerge il lato religioso della narrazione poiché la danza praticata dalla ragazza, il Bharatanatyam, è un atto rituale di adorazione verso le divinità.
Arriva, poi, il momento in cui Santosh comunica ai figli la chiusura dello zoo e il trasferimento in Canada. Anche in questo caso, come in uno dei flashback iniziali in cui si Pi e il padre discutono dei vari cambi di religione del bambino, la conversazione avviene a tavola. Il regista sceglie per la trattazione di tematiche più serie, il momento della cena a tavola: a livello formale c’è una ricerca accurata dell’inquadratura, con la videocamera posta in modo tale da creare i vari campi e controcampi, così come la messa a fuoco e il fuori fuoco diventano funzionali al dialogo. In questa sequenza predominano le tonalità del verde e dell’azzurro: il primo attribuibile, probabilmente, alla speranza, un augurio fortunoso per la nuova vita che la famiglia andrà a vivere, e il secondo, forse, segno premonitore di ciò che realmente li aspetta, l’azzurro del mare in cui si imbatteranno e nel quale tutti loro perderanno la vita fatta eccezione per Pi, costretto piuttosto a viverci.
Dal minuto 30 inizia il viaggio via mare della famiglia Patel. Per circa un minuto, si ha un ritorno al presente della narrazione che ci mostra Pi e lo scrittore seduti su una panchina: con un’inquadratura alle spalle dei due personaggi, lo sfondo di due navi attraccate in un molo muta prontamente e viene sostituito da una mappa geografica che ci mostra la Fossa delle Marianne, il luogo nel quale è avvenuto il naufragio, un carrello in avanti si addentra all’interno della mappa fino a riportare lo spettatore all’oscurità dell’oceano nel quale naviga la nave. In questa particolare sequenza, anche allo spettatore meno esperto, diventa chiaro il forte uso che ‘Vita di Pi’ fa della computer grafica.
Da questo momento la narrazione cambia rotta, entrando nel vivo della vicenda: non ci sono più i colori caldi e accesi, non c’è più la musica dolce che accompagna i ricordi; la tragedia incombe e anche a livello formale si verifica un cambiamento. Le sequenze più o meno statiche della prima parte del film vengono ora sostituite da un montaggio veloce e da inquadrature brevi, la melodia armonica lascia il posto a una musica drammatica che trasmette tutta la tensione e la tragicità del momento e i colori caldi e vivi vengono sostituiti da tonalità scure e fredde, quali il nero del cielo prima e dell’oceano dopo. Un colore si distingue su tutto il nero e il blu scuro delle onde, il rosso della sirena d’allarme che presagisce il pericolo che incombe. Come già citato nella parte iniziale dell’analisi, l’uso del 3D è qui molto forte: la violenza della pioggia e l’enormità delle onde viene resa ancora più intesa proprio dalla tridimensionalità e dal funesto accompagnamento musicale. Ad arricchire ulteriormente la scena sono i suoni: quelli delle onde che si infrangono sullo stesso mare e sulla nave, quello della pioggia che picchietta sul ferro ma, soprattutto, quello dell’acqua “sorda” quando Pi vi si immerge. Sono tutti elementi che contribuiscono ad infondere nello spettatore il senso di drammaticità e pericolo provata dai personaggi in scena, nonché lo stesso senso di annegamento e di impossibilità di vincita sull’impetuosità dell’oceano.
Pi, caduto in mare, guarda immobile l’inesorabile fine della nave e di tutta la sua famiglia che lentamente affonda nella Fossa delle Marianne. La sequenza non può che rimandarci a un film cult che ha fatto proprio il tema del naufragio, ‘Titanic’ di James Cameron.
Superata la notte, la narrazione riprende al mattino: con un campo totale ci viene mostrato l’oceano ancora agitato, il cielo ricoperto di nubi e la scialuppa con Pi ancora aggrappato. Ben presto scopriamo che a bordo, oltre alla zebra ferita, c’è anche una iena; ad essi si aggiungerà Orange Juice, un orango rimasto in mare sopra un casco di banane. Anche qui i riferimenti biblici non mancano: la scialuppa di Pi con a bordo alcuni animali ricorda chiaramente l’Arca di Noè.
Con un gioco di luci e ombre assistiamo all’attacco della iena nei confronti della zebra, il tutto accompagnato da un sottofondo musicale melanconico e dalle urla di Pi e i versi dell’orango che evidenziano e rafforzano la crudeltà della sequenza. Qualche minuto dopo scopriremo che sulla barca era nascosto anche Richard Parker, unico animale rimasto in vita dopo la morte della zebra, dell’orango e della iena, uccisa dalla stessa tigre del Bengala. Come per l’uccisione della capra in uno dei flashback iniziali del racconto, anche in questo caso Lee preferisce non mostrare le varie aggressioni degli animali sulla scialuppa ma preferisce lasciare ai suoni e ai versi il compito di far intuire allo spettatore ciò che sta accadendo.
Le soggettive di Pi, sulla zattera improvvisata con i salvagenti, che rivolge il suo sguardo a Richard Parker a bordo della barca con aria maestosa, simboleggiano quella che sembra ad ora la vincita e la supremazia della forza animale sull’uomo, l’istinto selvaggio che prevale sull’innocenza di un ragazzo stremato che ha perso tutto. Fissa gli occhi di Richard Parker, gli stessi occhi in cui da bambino vedeva l’anima dell’animale e nei quali ora vede solo il riflesso della sua paura e della ferocia dell’animale.
Le luci del giorno seguente rompono il buio: il mare piatto diventa uno specchio del cielo, le poche nubi presenti in esso si riflettono nell’acqua che assume ora le sembianze del cielo stesso; sembra infatti che cielo e acqua si fondano e siano in continuità, tanto da far sembrare che la barca galleggi sul cielo. La scena si tinge di arancione, creando un vero e proprio quadro pittorico. È la prima sequenza dopo il naufragio in cui i colori diventano caldi, come durante l’inizio: è proprio in questo momento che Pi scrive un messaggio d’aiuto e lo inserisce in una lattina lanciata nel mare, simbolo di una speranza a cui potersi ancora aggrappare. La musica si fa ora solenne, quasi invocativa, mentre Pi si rivolge a Dio in attesa di un suo segnale.
La sequenza successiva si fa più dinamica attraverso un gioco di sovrapposizione di immagini: da una parte, in sovrimpressione, il volto in primo piano di Pi intento a leggere il manuale di sopravvivenza trovato all’interno della barca, dall’altro lato lo stesso ragazzo in campo più largo che cerca di mettere in pratica quanto letto, il tutto descritto dalla voce narrante di Pi.
Il procacciamento di cibo per Richard Parker diventa per Pi una prerogativa, impensierito dal fatto che possa diventare egli stesso preda del felino. Tuttavia, è proprio Richard Parker che si getta in acqua in cerca di pesci. In quel momento Pi si impossessa della barca lasciata vuota, osservando la tigre incapace di risalire a bordo da sola. In un primo momento il ragazzo la guarda come se stesse per approfittare della sua momentanea posizione di superiorità per sbarazzarsi della tigre per poi, invece, entrare ancora una volta in contatto con i suoi occhi, gli stessi che da bambino fissava in cerca di un’anima nascosta, gli stessi di cui il padre gli aveva raccomandato di non fidarsi. È forse proprio ora, nel momento in cui Pi manifesta la sua aggressività che riesce finalmente a vedere quell’anima tanto ricercata da bambino, ora che Richard Parker si trova indifeso e quasi sottomesso. In questo momento il ruolo dei due appare invertito: è Pi che si trasforma nella bestia violenta e la tigre in un essere inerme e vulnerabile e sono proprio i suoi occhi impauriti a far rinsavire il ragazzo che, alla fine, torna nella sua zattera e aiuta la tigre a tornare sulla barca.
Un’inquadratura a campo lungo ci porta durante una particolare notte: i colori scuri del cielo e del mare vengono messi in contrasto con un azzurro chiaro e fluorescente dato da particolari pesci “luminosi” che riempiono il mare. Lo scenario, quasi magico e fiabesco, in cui si trova Pi con la sua barca viene interrotto da un’enorme balena che fuoriesce dall’acqua, scaraventando Pi e tutte le provviste fuori dalla sua zattera: la spettacolarità del momento, come già detto all’inizio, è accentuato sia dall’uso del 3D che dalle riprese subacquee che ci mostrano il ragazzo in mare circondato dai barattoli di acqua e biscotti. La scena è accompagnata da una musica dolce e dai tratti orientali che contribuisce a creare un’atmosfera tipica da favola; questa melodia si alterna ai suoni dell’acqua: prima il forte rumore provocato dall’impatto della balena, poi ancora una volta un suono “sordo” durante la ripresa sott’acqua.

Durante la successiva scena che ci mostra l’arrivo dei “pesci volanti”, il regista cambia d’improvviso formato scegliendo per la sequenza il cinemascope credendo che questo fosse l’unico modo possibile per rendere al meglio della spettacolarità questo tratto di narrazione, resa ancora più dinamica dall’alternanza di inquadrature subacquee volte a seguire il movimento dei pesci.
Al minuto 01:19:46 cambia ancora il formato restringendosi in 4:3: una ripresa dall’alto mostra la barca con a bordo Pi sulla tela che copre metà barca e Richard Parker a poppa, sotto di loro il mare di un celeste che sembra quasi colorato a matita, e i pesci che vi nuotano attorno. Con questa inquadratura, Ang Lee intende omaggiare Yann Martel riprendendo la copertina originale del suo romanzo. La scena sembra proprio un disegno, come se l’immagine del libro si fosse animata.
Nella notte, Pi stremato guarda il mare e implora Richard Parker di parlargli; comincia, poi, a seguire il movimento di un pesce: la macchina da presa ci porta dentro il mare, vari pesci le passano davanti e all’improvviso questi si trasformano negli animali dello zoo, una zebra, un rinoceronte, un giraffa; la mdp continua il suo “viaggio” sempre più in profondità, vari figure si alternano fino a mostrarci prima il volto della madre del ragazzo e poi la nave affondata negli abissi del mare. Il volto allucinato di Pi si alterna a quello della tigre che lo osserva, quasi a mostrare preoccupazione e pietà per lui. L’arrivo di una tempesta presagisce ulteriori malesseri per i due ma ad un tratto uno spiraglio di sole che trapassa il cielo colmo di nuvole grigio scuro, porta Pi a credere che sia Dio che si stia manifestando ancora una volta a lui. Anche in questa circostanza la musica rivesta una grande importanza assumendo i tratti di un coro solenne.
In una cornice totalmente grigia e con un sottofondo malinconico, Pi si avvicina a Richard Parker, entrambi visibilmente deperiti e stremati. Per la prima volta il ragazzo tocca la tigre e, dopo aver invocato la sua famiglia, esclama <<sono pronto>>, segno di una resa e di una probabile morte imminente. Interessante è qui l’uso di un Chroma Key per una migliore resa del contatto tra il ragazzo e la tigre. Fino ad allora, infatti, l’interprete di Pi aveva sempre recitato da solo sulla barca. Quando tutto sembra ormai perduto, d’improvviso la scialuppa tocca la terra ferma. Sceso dalla barca, Pi dapprima si ciba delle radici di cui l’isola è colma per poi andare alla scoperta della stessa. L’isola è invasa da migliaia di suricati e da alcuni laghetti di acqua dolce nei quali il ragazzo può dissetarsi. Un’inquadratura dall’alto ci mostra Pi immerso in uno di questi laghi mentre nuota in maniera quasi liberatoria: l’acqua è, in effetti, la prima cosa che cerca, come se ormai non potesse più farne a meno, come se fosse diventata il suo habitat naturale.
La successiva inquadratura ci mostra Pi legare ad un ramo il bracciale rosso, ormai sbiadito, che Anandi gli aveva legato al polso prima della partenza: nella tradizione indiana, quando il filo si spezza vuol dire che il desiderio è stato esaudito, nel caso in cui si esaudisse prima della definitiva usura, è compito dello stesso proprietario rimuoverlo. Il desiderio di Pi si era avverato con l’arrivo sulla terraferma nel momento più buio della sua permanenza in mare. Quell’isola è ancora una volta una metafora, una sorta di Eden terrestre creato da Dio per soccorrere il suo “servo fedele”, come lo stesso Pi si era definito. Tuttavia, quell’isola tanto paradisiaca si rivela essere non proprio benevola: si tratta di un’isola carnivora che di notte uccide le forme di vita presenti in essa. Un campo largo ci mostra la curiosa forma dell’isola che appare avere la sagoma di una donna. La voice over dell’uomo (nel presente) ricorda come ancora una volta quello fosse un segno divino, dall’arrivo sull’isola che lo ha tratto in salvo all’intuizione che la stessa lo avrebbe poi ucciso.
L’approdo sulle coste del Messico segna ufficialmente la fine di quel viaggio. Il fatto che la tigre proseguì dritto verso la giungla senza mai voltarsi, rappresentò per Pi il punto di massimo dolore provato fino ad allora, secondo solo alla perdita della famiglia. Ma in quel gesto c’era racchiuso tutto l’insegnamento del padre, un animale che alla fine rimane tale. Nonostante ciò, Richard Parker era stato per il ragazzo l’ancora a cui aggrapparsi, il motivo della sua sopravvivenza, così come per la tigre lo era stato Pi.
‘Vita di Pi’ è un film che si inserisce perfettamente all’interno dello scenario del cinema contemporaneo per tanti dei suoi aspetti, prima tra tutti l’uso del digitale, della computer grafica e, ancora, del 3D. Ma ciò che più di tutto rende tale questo film è sicuramente il grande senso allegorico che l’intera narrazione porta avanti.
Il film, infatti, si chiude con un finale che lascia lo spettatore senza aver realmente ben chiara la reale vicenda. Pi prosegue nel suo racconto sostenendo di aver dato ai due inquirenti giapponesi, incaricati di ricostruire l’accaduto del naufragio della nave, una diversa versione dei fatti considerata più credibile. In questo nuovo racconto gli animali presenti sulla nave con Pi vengono sostituiti da alcuni personaggi: l’orango è sua madre, la zebra è il marinaio buddista, la iena è il cuoco e, di conseguenza, lui è la tigre.
Sia nel libro che nel film, non viene fornita alcuna indicazione su quale delle due storie fosse quella reale, questo compito viene lasciato allo spettatore. È però necessario fare un passo indietro a uno dei flashback iniziali per poter capire che forse un suggerimento è stato fornito allo spettatore. All’inizio Pi racconta del bizzarro nome attribuito alla tigre, spiega che in realtà il nome scelto dal cacciatore che vendette il felino al padre era “Thirsty” ma che, per uno scambio di documenti, gli fu attribuito il nome dell’uomo, Richard Parker. In un altro flashback quando il fratello Ravi sfida il piccolo Pi ad andare nella chiesa e bere l’Acqua Santa, il prete pronuncia una frase mentre porge al bambino un bicchiere d’acqua, <<You must be thirsty>>. Potrebbe, dunque, essere questo il suggerimento che Lee lascia intendere per la scelta della versione finale tra i due racconti.
 

 
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