I film italiani da vedere a Ferragosto
14/08/2020
Giornata di festa nel pieno dell'estate italiana, Ferragosto per tradizione è un momento speciale. Il cinema non fa eccezione e sono diverse le pellicole che raccontano vicende ambientate intorno a questa data (a eccezione di Domenica d'agosto, nel quale gli eventi si svolgono nel giorno 7 del mese, ma che non poteva comunque mancare in questa speciale classifica): eccole, in rigoroso ordine cronologico.
Domenica d'agosto (Luciano Emmer, 1950)

Lo spaccato offerto non si accontenta di concentrarsi sulle classi più popolari, ma tenta anche di raccontare la vita di quelle più abbienti, provando a mettere in evidenza le emozioni e i sogni di ognuno: dall'umile ragazzina che cerca l'amore nella spiaggia destinata ai facoltosi, al padre benestante spinto dalla supponente fidanzata a portare la figlia in colonia, fino al vigile fidanzato con una domestica che prova a rassicurarla sul proprio amore.
La famiglia Passaguai (Aldo Fabrizi, 1951)
Con un sorprendente gusto per la comicità slapstick e una indubbia freschezza creativa, Fabrizi sa orchestrare una commedia leggera e divertente in cui i tic e le idiosincrasie dell'italiano medio pre-boom economico vengono raccontate con sincero affetto e partecipazione, refrattarie a qualsiasi forma di cinismo o caustico pessimismo.
Il sorpasso (Dino Risi, 1962)

Un vero e proprio capolavoro costruito forsennatamente a strati: oltre alla più lampante critica sociale, in cui i ristoranti brulicanti e le spiagge che ballano al ritmo di Edoardo Vianello ne sono la più naturale rappresentazione, c'è una radicale e profonda analisi del boom economico. In un momento di opulenza assoluta, Risi riesce attraverso il difficile gioco del contrasto, a giostrare i suoi due personaggi principali affinché rappresentino al meglio il passato, il presente e il futuro della nazione.
Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare d'agosto (Lina Wertmüller, 1974)

La lotta di classe trova compimento nell'azzurro mare sardo: l'isola deserta dove i due protagonisti riparano si fa metafora geografica di un mondo primordiale, libero e scevro dalle sovrastrutture sociali, dove l'unica realizzazione possibile diventa l'ostinato istinto di sopravvivenza. «Ve la siete inventati voi borghesi, la volgarità!» grida Carunchio, scagliandosi contro la ricca industriale.
Casotto (Sergio Citti, 1977)

Dai “vitelloni” in cerca di donne ai soldatini cripto-omosessuali con il loro iconico chihuahua, più interessati a far guizzare i muscoli che a inseguire signorine, sulla spiaggia di Ostia si susseguono memorabili gallerie di tipi umani. Più macchiette che personaggi (in questo sta forse il limite principale della pellicola) divertono e immalinconiscono con le loro dimostrazioni di medietas italiana.
Un sacco bello (Carlo Verdone, 1980)

Verdone descrive una società italiana ferita e segnata dagli anni di piombo che si approccia al nuovo decennio con una speranza di normalità, lasciando da parte delusioni e dispiaceri. Così la città d'estate si spopola, la ricerca di evasione è all'ordine del giorno e ciascun personaggio punta a rimettersi in gioco indipendentemente dal tasso di grossolanità, inadeguatezza o inettitudine che lo contraddistingue.
Caro diario (Nanni Moretti, 1993)

A bordo della sua vespa, Moretti ritrae una Roma impalpabile e allo stesso tempo reinventata, che si svela a piccole ma sostanziose dosi, in bilico tra la confessione intima e la catalogazione sociale, geografica, di quartiere, e perfino filmica, con allusioni frequenti alle sue passioni ma soprattutto ai suoi disamori di spettatore.
Pranzo di ferragosto (Gianni Di Gregorio, 2008)

Esordio alla regia per il cinquantanovenne Gianni Di Gregorio, sceneggiatore di fiducia di Matteo Garrone che produce il film. Una operina leggera e scanzonata, divertente che accumula gag più o meno riuscite, confezionate con una regia sobria e essenziale. Prodotto esile ma comunque godibile, in cui Di Gregorio si mette in gioco in prima persona con ironia, sa prendersi in giro e suscita simpatia.
Domenica d'agosto (Luciano Emmer, 1950)

Lo spaccato offerto non si accontenta di concentrarsi sulle classi più popolari, ma tenta anche di raccontare la vita di quelle più abbienti, provando a mettere in evidenza le emozioni e i sogni di ognuno: dall'umile ragazzina che cerca l'amore nella spiaggia destinata ai facoltosi, al padre benestante spinto dalla supponente fidanzata a portare la figlia in colonia, fino al vigile fidanzato con una domestica che prova a rassicurarla sul proprio amore.
La famiglia Passaguai (Aldo Fabrizi, 1951)
Con un sorprendente gusto per la comicità slapstick e una indubbia freschezza creativa, Fabrizi sa orchestrare una commedia leggera e divertente in cui i tic e le idiosincrasie dell'italiano medio pre-boom economico vengono raccontate con sincero affetto e partecipazione, refrattarie a qualsiasi forma di cinismo o caustico pessimismo.
Il sorpasso (Dino Risi, 1962)

Un vero e proprio capolavoro costruito forsennatamente a strati: oltre alla più lampante critica sociale, in cui i ristoranti brulicanti e le spiagge che ballano al ritmo di Edoardo Vianello ne sono la più naturale rappresentazione, c'è una radicale e profonda analisi del boom economico. In un momento di opulenza assoluta, Risi riesce attraverso il difficile gioco del contrasto, a giostrare i suoi due personaggi principali affinché rappresentino al meglio il passato, il presente e il futuro della nazione.
Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare d'agosto (Lina Wertmüller, 1974)

La lotta di classe trova compimento nell'azzurro mare sardo: l'isola deserta dove i due protagonisti riparano si fa metafora geografica di un mondo primordiale, libero e scevro dalle sovrastrutture sociali, dove l'unica realizzazione possibile diventa l'ostinato istinto di sopravvivenza. «Ve la siete inventati voi borghesi, la volgarità!» grida Carunchio, scagliandosi contro la ricca industriale.
Casotto (Sergio Citti, 1977)

Dai “vitelloni” in cerca di donne ai soldatini cripto-omosessuali con il loro iconico chihuahua, più interessati a far guizzare i muscoli che a inseguire signorine, sulla spiaggia di Ostia si susseguono memorabili gallerie di tipi umani. Più macchiette che personaggi (in questo sta forse il limite principale della pellicola) divertono e immalinconiscono con le loro dimostrazioni di medietas italiana.
Un sacco bello (Carlo Verdone, 1980)

Verdone descrive una società italiana ferita e segnata dagli anni di piombo che si approccia al nuovo decennio con una speranza di normalità, lasciando da parte delusioni e dispiaceri. Così la città d'estate si spopola, la ricerca di evasione è all'ordine del giorno e ciascun personaggio punta a rimettersi in gioco indipendentemente dal tasso di grossolanità, inadeguatezza o inettitudine che lo contraddistingue.
Caro diario (Nanni Moretti, 1993)

A bordo della sua vespa, Moretti ritrae una Roma impalpabile e allo stesso tempo reinventata, che si svela a piccole ma sostanziose dosi, in bilico tra la confessione intima e la catalogazione sociale, geografica, di quartiere, e perfino filmica, con allusioni frequenti alle sue passioni ma soprattutto ai suoi disamori di spettatore.
Pranzo di ferragosto (Gianni Di Gregorio, 2008)

Esordio alla regia per il cinquantanovenne Gianni Di Gregorio, sceneggiatore di fiducia di Matteo Garrone che produce il film. Una operina leggera e scanzonata, divertente che accumula gag più o meno riuscite, confezionate con una regia sobria e essenziale. Prodotto esile ma comunque godibile, in cui Di Gregorio si mette in gioco in prima persona con ironia, sa prendersi in giro e suscita simpatia.