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O fantasma: gli spettri del desiderio e il sexual cruising nel film di João Pedro Rodrigues disponibile su Mubi

Come leggere, vent’anni dopo, Il fantasma (O fantasma, 2000)?

Il secolo girava, e João Pedro Rodrigues esordiva con il suo primo lungometraggio, un focus estremo e senza compromessi sulla vita di Sérgio (Ricardo Meneses), giovane e avvenente operatore ecologico di Lisbona. Corteggiato dalla collega Fátima (Beatriz Torcato), Sérgio non lascia trapelare il minimo interesse verso la ragazza. Sérgio è omosessuale, eppure O fantasma non è né coming-of-age story né celebrazione della cultura queer. Pur indirizzando le necessità narrative di una comunità, all’epoca, in enorme espansione nella società portoghese, il film di Rodrigues non gioca con identificazione e diversità, mettendo invece al centro la pratica del sexual cruising, ovvero l’aggirarsi con nonchalance per le vie della città alla ricerca di incontri sessuali fugaci – e di norma uomo-uomo – con perfetti sconosciuti.






Diffuso soprattutto tra uomini che non si identificano apertamente come omosessuali, il cruising e le sue dinamiche si fondano su una base di fortissima segretezza. Proprio per questo, il film di Rodrigues colpisce fin dall’inizio. A fronte di una chiara caratterizzazione di Sérgio come cruiser, infatti, il protagonista sembra ben conscio della sua sessualità e perfettamente a proprio agio con essa. Sérgio è affamato, irrequieto, e usa i sensi in maniera ferina. È, come recita il titolo del film, tanto fantasma perseguitante che vittima dei propri spettri. Come la luna per un licantropo, il desiderio muta Sérgio in un canis canis umano pronto a saltare qualsiasi barriera per dare soddisfazione alle proprie pulsioni.






Smarcandosi con una strana gentilezza da ogni possibile accusa di voyeurismo, O fantasma riparte dalla laconicità sociale del cinema indipendente degli Anni Novanta e sceglie di mettersi in relazione con un personaggio e la sua psiche piuttosto che con il contesto della sua sottocultura di appartenenza. Il mondo di Rodrigues è sospeso, notturno, giungla personale in cui Sérgio è, contemporaneamente, nemico e aiutante di sé stesso. In vent’anni, O fantasma è rimasto un hapax legomenon nella storia del queer cinema: si pensi per esempio al brasiliano Tinta bruta (Filipe Matzembacher e Marcio Reolon, 2018), comunque positivamente recepito, dove la sessualità del giovane protagonista Pedro (Shico Menegat), anche lui omosessuale, viene presentata sia come desiderio individuale sia come anelito di riconoscimento da parte della comunità queer.

È una disarmante superficialità psicologica, il film di Rodrigues, e forse per questo rimane laconico e pregnante allo stesso tempo. È difficile, dopo il #MeToo, immaginare che qualche casa di distribuzione voglia cercare di portare un altro film come O fantasma all’attenzione del grande pubblico. Però ci si augura che in un qualche scantinato, lontano dalle luci della pubblica piazza, ci sia un* autor* chino su un tavoletto traballante alla luce di una candela vecchia, vintage, un po’ usurata. Ci si augura che abbia abbastanza forza morale per non farsi condizionare dal discorso comune sull’argomento, e che presto potremo dire di avere un erede alla direzione di Rodrigues. Nel frattempo, torniamo a pigiare Replay sullo schermo dei nostri device, fissi sulla scena d’apertura di O fantasma, chiedendoci come si possa produrre qualcosa di visivamente così crudo e ipnotizzante insieme…


 


Elisa Teneggi

Maximal Interjector
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