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Oscar 2021: gli snobbati illustri e le sorprese più inaspettate delle nomination
Sono trascorse poche ore dall'annuncio delle candidature ai premi Oscar di quest'anno, ma ovviamente si è già acceso il dibattito sui grandi esclusi e sulle decisioni "spiazzanti" dell'Academy, pur al cospetto di nomination generalmente molto prevedibili

La prima impressione suggerisce che ci troviamo di fronte a uno scenario piuttosto "democratico": a parte Mank, in cima alla classifica con 10 nomination, le opere che concorrono per il miglior film vantano al massimo sei candidature. Come ogni anno, in molti hanno avuto da ridire su alcune scelte, criticando l'assenza di pellicole e interpreti che hanno lasciato il segno nello scorso anno cinematografico segnato dalla pandemia. Ed effettivamente alcune beffe non ce le aspettavamo proprio, ma andiamo in ordine.

Come è accaduto spesso nel corso della sua carriera cinematografica, Spike Lee si ritrova nel fronte che più detesta: quello degli snobbati. Netflix ha totalizzato 35 candidature quest'anno, ma solo una di queste è andata a una delle punte di diamante della sua programmazione 2020: Da 5 Bloods, infatti, concorrerà unicamente per la statuetta alla migliore colonna sonora. Il regista afroamericano non è stato considerato, così come il suo interprete principale, Delroy Lindo, considerato il favorito alcuni mesi fa e rimasto invece con le mani in mano nonostante la sua forte performance.

Restando sugli attori protagonisti, è stata fatta notare una curiosa coincidenza: Daniel Kaluuya e Lakeith Stanfield gareggeranno entrambi per l'Oscar al miglior attore non protagonista. I due attori sono nominati per la loro prova in Judas and the Black Messiah (candidato a miglior film), ma il piano originale della produzione era quello di spingere Stanfield come protagonista, soprattutto perché potesse togliersi di mezzo l'ingombrante presenza di Kaluuya, che ha fatto piazza pulita nella categoria non protagonista per tutta la stagione. Se entrambi sono etichettati come attori non protagonisti, esattamente chi guida il film?

Un'altra sorpresa che sa di beffa è quella riservata ad Aaron Sorkin, che sembra ricevere il "trattamento Argo".
Come Ben Affleck nel 2013, infatti, il regista de Il processo ai Chicago 7 si ritrova con numerose candidature, (in particolare per il miglior film e la migliore sceneggiatura originale), ma nessuna di queste lo farà concorrere per la statuetta alla miglior regia. 

Al suo posto, a sorpresa, Thomas Vinterberg ottiene la sua prima storica nomination a miglior regista.
Quello del cineasta danese, comunque, non sarà il primo precedente di una categoria destinata a fare storia. Per la prima volta, infatti, due donne sono state nominate insieme nella categoria della miglior regia: Chloé Zhao (diventata anche la prima donna cinese e di colore nominata come miglior regista) per Nomadland e Emerald Fennell per Una donna promettente, folgorante debutto alla regia che ha convinto e si ritrova in lizza per cinque Oscar.

L'atmosfera diventa ancora più pesante quando si fa notare che all'appello per il miglior film mancano parecchi film con attori di colore. Oltre a Da 5 Bloods, infatti, nella categoria non c'è traccia di Ma Rainey's Black Bottom e di Quella notte a Miami...: i tre film si sono trovati a competere a lungo durante la stagione dei premi, ma adesso l'unico superstite che ambirà all'Oscar principale sarà Judas and the Black Messiah. L'esclusione di Delroy Lindo, a questo proposito, non fa che rendere il dibattito ancora più infiammato.

Tra le altre sorprese, la recente vincitrice del Golden Globe Jodie Foster non è riuscita ad ottenere una candidatura a questi Academy Award per The Mauritanian. Al suo posto, ecco la sette volte nominata all'Oscar Glenn Close, che per Elegia americana di Ron Howard ha ottenuto, paradossalmente, anche una nomination ai Razzie (i premi ai film peggiori dell'anno, le famigerate "pernacchie d'oro"): un altro primato molto particolare e un quasi record. Resta invece a bocca asciutta la sua co-protagonista Amy Adams.

Per quanto riguarda i rinomati registi che passeranno la serata degli Oscar nel dimenticatoio, vale la pena ricordare: Christopher Nolan, la cui ultima spettacolare fatica, Tenet, nominato solo per due Oscar tecnici (scenografia ed effetti speciali); Pedro Almodóvar, che sembrava poter concorrere nella categoria dei corti live action con il suo The Human Voice, cortometraggio interpretato da Tilda Swinton, e che è stato invece escluso; infine, Regina King, che con Quella notte a Miami... (esordio alla regia) ha inanellato sì tre candidature, ma nessuna di queste la include fra i migliori registi.

Capitolo Italia, infine, che come spesso capita sul fronte della scelta del film da sottoporre all'Academy nella categoria miglior film internazionale (ex film straniero) è una nota dolente: Notturno, il documentario di Gianfranco Rosi che avrebbe dovuto rappresentare l'Italia, non è stato nominato nemmeno tra i documentari. Ci dovremo quindi accontentare delle due candidature andate a Pinocchio per il miglior trucco e i migliori costumi, oltre alla sorprendente nomination alla canzone Io sì di Laura Pausini (per La vita davanti a sè), la cui pazza vittoria al Golden Globe fa ben sperare.
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