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Pinocchio: da Disney a Garrone, aspettando Zemeckis
Il 7 febbraio 1940 il mondo sta vivendo la tragedia della guerra, quando Walt Disney presenta Pinocchio, con la canzone When you wish upon a star (Oscar, assieme a quello per la colonna sonora) che vuole essere prima di tutto un incoraggiamento per il periodo buio che l'umanità sta attraversando. Si tratta del primo adattamento di Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino, scritto da Carlo Collodi tra il 1881 e il 1883: ne seguiranno diversi, fino ad arrivare al 2019, quando Matteo Garrone presenta la sua versione della favola, con Roberto Benigni ad interpretare Geppetto, dopo esser stato Pinocchio nel 2002. Ma non è finita: Robert Zemeckis è stato confermato alla regia del remake live action firmato Disney. Oggi il Classico animato compie 80 anni, per l'occasione ripercorriamo la storia degli adattamenti cinematografici del piccolo burattino.

1) Pinocchio (1940)

Pinocchio è  un film memorabile per diversi aspetti: l'efficace intreccio tra malinconica dolcezza e cupezza ombrosa, la forza dell'impianto narrativo nonostante molteplici differenze rispetto al modello letterario cui si ispira, e soprattutto una caratterizzazione funzionale dei personaggi, a partire dal protagonista. Il Pinocchio disneyano non avrà la stessa vis e gli stessi dubbi di quello collodiano, ma è una figura amabile e perfettamente aderente a una visione dell'esistenza (e del film stesso) che coniuga evasione e riflessione.
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2) Le avventure di Pinocchio (1972)

Luigi Comencini realizza uno sceneggiato televisivo in sei puntate tratto da uno dei classici per l'infanzia, Le avventure di Pinocchio di Carlo Collodi. Il risultato è una produzione fluviale (solo a tratti prolissa) dallo spirito poetico e sognante, velata però di candida malinconia, che ha tra i punti di forza un cast di assoluto rilievo. Il regista dà ampio spazio al rapporto tra Pinocchio e Geppetto, attraverso squarci lirici che lasciano comunque spazio anche a un approfondimento di taglio sociale in grado di ancorare il racconto alla realtà. 
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3) Pinocchio (2002)

Operazione fallita su tutti i fronti: il comico toscano è fuori tempo massimo per vestire i panni del celebre burattino, l'atmosfera è priva di magia, la dimensione fanciullesca azzerata. Incommentabile la prova di Nicoletta Braschi (moglie del regista) nei panni della Fata Turchina. Lussuosa confezione totalmente sprecata: scene e costumi di Danilo Donati, fotografia di Dante Spinotti e musiche di Nicola Piovani.
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4) P3K - Pinocchio 3000 (2004)

5) Bentornato Pinocchio (2007)

6) Pinocchio (2012)

D'Alò si discosta parzialmente dal tratto abituale e sceglie fondali che richiamano l'arte figurativa, grazie anche alla collaborazione con il fumettista Lorenzo Mattotti. La maggior parte dei personaggi, invece, mantengono le linee semplici e morbide tipiche delle sue opere precedenti. L'operazione è ambiziosa, ma non è riuscita appieno: se da un lato Pinocchio risulta poco incisivo per un pubblico giovanissimo ormai smaliziato, per gli adulti rimane imbrigliato in una dimensione infantile di scarso appeal.
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7) Pinocchio (2019)

L’elemento più interessante di questa nuova, ambiziosa trasposizione del celebre romanzo di Carlo Collodi è quanto Matteo Garrone, che ha iniziato a illustrare Pinocchio alla tenera età di sei anni, sia rimasto filologicamente fedele al testo di partenza e, allo stesso tempo, vicino alla sua idea di cinema e alla matrice pittorica della sua ispirazione, che in questo caso si è lasciata guidare tanto dal tratto di Enrico Mazzanti, primo disegnatore di Pinocchio in assoluto, quanto dalla pittura dei Macchiaioli. Nonostante la struttura narrativa non presenti particolari sorprese, Pinocchio è infatti un’opera personale di un regista che ha spesso dato vita a delle vere e proprie fiabe dal sapore gotico in grado di interrogarsi sui confini e le zone d’ombra a cavallo tra la mostruosità e la poesia
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