Rapito, una riflessione
06/06/2023
Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa bella riflessione su "Rapito" realizzata da Mirta Tealdi


Come già per Lucio Dalla […]Ogni Cristo scenderà dalla croce[…]  dal testo  de L’anno che verrà, anche per Marco Bellocchio, Cristo scende dalla Croce, in una delle scene immaginifiche più belle, potenti ed evocative del suo ultimo film: Rapito.

Liberato dai chiodi che lo fissano alla croce, il Cristo prende vita si rifà umano e scende lentamente dall’altare della cappella dei Catecumeni. Ne vediamo in  primo piano Il dettaglio delle mani e dei piedi insanguinati e il corpo che lentamente scivola via e se ne va, sotto lo sguardo sgranato del piccolo Edgardo Mortara che nella fantasia  onirica lo ha appena liberato dai chiodi. Forse l’azione più rivoluzionaria in assoluto nella vita interiore del bambino. Edgardo, sei anni, ebreo bolognese, battezzato cristiano dalla domestica all’insaputa dei genitori, si trova suo malgrado al centro della contesa tra  l’applicazione intransigente e dogmatica del diritto canonico  e il più ovvio tra i diritti: quello di crescere nella propria famiglia,  a cui invece  viene strappato per essere  trasferito a Roma sotto la custodia di Pio IX, educato  secondo la dottrina cattolica nella Casa dei Catecumeni: infatti secondo le leggi dello Stato Pontificio del 1858 un cristiano non può crescere in una famiglia ebrea. Da qui si crea un cortocircuito incandescente e scomodo tra diritto canonico, diritto civile, opinione pubblica, infallibilità del Dogma, Grazia e libero arbitrio.  Ma più probabilmente (ci dice Bellocchio), si tratta all’inizio del  semplice   indottrinamento  di una mente acerba strappata agli affetti più stretti.

L’immagine di Cristo che se ne va silenzioso  è un’simbolo potente e consolatorio di un universo onirico in cui tutto è possibile. Per un attimo felice e brevissimo ci illudiamo che il figlio di Dio  possa veramente abbandonare il suo sacrificio. e come una persona libera scivolare via ed uscire di scena. Tante potrebbero essere le letture di questo momento così intenso che Bellocchio lascia ad ognuno la sua.  Ma questa sequenza non può non evocare un’altra intensissima uscita di scena in cui uno dei finali è un sogno che prende vita. Sempre un film di Bellocchio: Buongiorno notte, (sul sequestro Moro), sempre un sacrificio, sempre un contesto ideologico, sempre un altare sacrificale su cui si dibatte il destino di un uomo, ucciso dopo un “processo”, in nome di un ideale politico che giustifica azioni criminali, di uno Stato che non vuol cedere, di un potere ecclesiastico che non può far niente (Moro parlando con il suo sequestratore gli dice: ”In fondo la vostra è una religione… come la mia”). Il finale onirico ci appare anche qui per una frazione brevissima come il lenimento ad una realtà tragica che l’occhio al risveglio deve guardare nella sua insensata brutalità. Ecco allora che sogno nel sogno, il mondo onirico prende vita: i carcerieri dormono un sonno chimico indotto da Chiara (sempre più in preda ai dubbi)  che prima di addormentarsi sblocca la porta,  Moro se ne va così, semplicemente, sulle note dei Pink Floyd si avvia verso la libertà.

Ma poi inevitabile c’è il risveglio.

Marco Bellocchio ci ha abituato alla potenza di queste sequenze struggenti a questi sogni brevemente consolatori che stringono la gola per l’emozione. A questi what if? Che ci pongono interrogativi a cui non è possibile dare risposta. A queste stratificazioni di significati complessi e impalpabili, come pulviscolo sulla bellezza visionaria e realista del suo Cinema.


Mirta Tealdi

Corsi

Sei un appassionato di cinema?
Non perderti i nostri corsi lorem ipsum dolor


Sei un’azienda, un museo o una scuola?
Abbiamo studiato per te lorem ipsum dolor

Con il tuo account puoi:

Votare i tuoi film preferiti

Commentare i film

Proporre una recensione

Acquistare i nostri corsi

Guardare i webinar gratuiti

Personalizzare la tua navigazione

Filtri - Cerca un Film

Attori
Registi
Genere
Paese
Anno
Cancella
Applica