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Romulus: la recensione dei primi due episodi della serie Sky di Matteo Rovere

Romulus, la serie in protolatino di Matteo Rovere, composta da 10 episodi e disponibile su Sky Atlantic e in streaming su NowTv (le nuove puntate arriveranno ogni venerdì sera), è il tentativo di riportare alla ribalta e ampliare il lascito già accumulato dal regista ne Il primo re, film sulla fondazione di Roma sviluppato da una prospettiva tanto storica quanto mitologica.

Eravamo, già in quel caso, nettamente dalle parti dell'origin story, ma Romulus amplifica ciò che nel film con Alessandro Borghi e Alessio Lapice era più sotteso: la componente e le ricadute inevitabilmente fantasy, verso le quali tutta la produzione appare a tratti sommessamente e, in altri casi, prepotentemente orientata.

Nelle prime due puntate c’è una labile, avvolgente e controllata gestione della coralità, che lavora sulla narrazione sporcando costantemente la filologia della genesi della Città Eterna e conficcando gli albori di Roma in un tripudio di polvere, lacrime e sangue. La lingua non è affatto un ostacolo, perché conferisce alle immagini un senso di autenticità e verosimiglianza, valorizzando tanto la cura della messa in scena quanto le interpretazioni degli attori. Il protolatino, infatti, non è una barriera insormontabile ma paradossalmente, con le sue sonanti arcaiche, gutturali e misteriose, un valore aggiunto, che astrae lo spettatore dall’esercizio della comprensione linguistica e permette, a chi guarda e a chi ascolta, di potersi concentrare sui volti, tutti coerenti e ben scelti, e le azioni.


Romulus è infatti una serie di pura gestualità, una rivendicazione della prassi come chiave di volta per inoltrarsi nelle fatiche di una ricostruzione lontanissima nel tempo. Qualcosa di simile avveniva già ne Il primo re, ma Romulus, già dai primi due episodi, sembra spingersi anche oltre, e non solo sotto il profilo degli sforzi produttivi, con mille stunt impiegati e sei mesi di riprese nei terreni di Cinecittà World a Roma.

Non è chiaro quando arriveranno Romolo e Remo (si pensa, stando a quanto fatto trapelare da Rovere, alla fine della stagione), ma le premesse legittimano l’interesse intorno alla serie e stimolano a proseguire la visione.

Se le note musicali della sigla, con la cantante Elisa impegnata in una cover di Shout dei Tears for Fears, avallano un allusivo e impalpabile senso di dolcezza, le prime due puntate di Romulus sono al contrario di una potenza viscerale che non scende granché a compromessi, indagando attraverso situazioni dure e non di rado scabrose quanto il potere divino sia sempre e comunque indissolubilmente legato al destino di un popolo. La serie, diretta dallo stesso Rovere insieme a Michele Alhaique ed Enrico Maria Artale, è ambientata nell’VIII secolo a.C, in un mondo primitivo e brutale nel quale la sorte di ognuno dei personaggi fa i conti tanto con la natura, quanto con gli dei: quel che più conta, tuttavia, è che tali rapporti vengono veicolati attraverso un legame incestuoso tra carica sessuale ed esercizio della politica che non può non rimandare, a livello di immaginario, al lascito di Game of Thrones.

Anche il design e la messa a punto dei caratteri e delle psicologie va in questa direzione, anche se naturalmente è tanto auspicabile quanto improbabile che Romulus, lontana da quell'apice della serialità in termini di mordente complessivo, possa replicarne il successo e la presa sull’immaginario collettivo (di lodevole e di analoga, però, c’è l’impaginazione). In Romulus troviamo i trenta popoli della Lega Latina che vivono da anni sotto la guida del re di Alba, ma siccità e carestia tendono a minacciare la pace e la vita di queste città, piegando la nostra immaginazione di contemporanei, ammantata dalle nebbie fumose della mitologia scolastica sulla Città Eterna, verso qualcosa di molto più cruento e coariceo. Al di fuori di questi spazi "urbani" del basso Lazio c’è però, soprattutto, il bosco, un luogo oscuro abitato da creature crudeli e senza nome, ed è proprio lì, non a caso, che i primi due episodi sviluppano i momenti più tesi e di spessore.


Romulus porta avanti tutti ciò ricorrendo molto a giovani volti, accanto a presenze più navigate, e provando a suggerire, attraverso attori italiani da lanciare, un nuovo possibile star system seriale di casa nostra, che ad altri network e ad altre serie è riuscito solo a corrente alterna e spesso in parte: i tre protagonisti, interpretati da Andrea Arcangeli nel ruolo di Yemos, principe di Alba, Marianna Fontana, nei panni della vestale Ilia, e Francesco Di Napoli, che interpreta Wiros, un giovane orfano e schiavo, presentano delle fattezze al contempo antiche e moderne, in bilico tra pose virginee e un orrendo, aleggiante senso di peccato e castigo che sembra essere il vero perno di tutta la serie.

Gli altri interpreti - Giovanni Buselli, Silvia Calderoni, Sergio Romano, Demetra Avincola, Massimiliano Rossi, Gabriel Montesi, Vanessa Scalera - fanno il resto. Con una menzione speciale per la bravissima Ivana Lotito, nei panni di una figura femminile, Gala, solo apparentemente ancillare e in realtà detentrice di un potere che si esprime attraverso sottili e tesissime forme di seduzione, tanto silenziosa quanto carnale: rimangono impresse nella memoria le sue labbra socchiuse, gli occhi pesti e soprattutto gli abbracci, in bilico tra madre e concubina, che dietro l’apparente affetto sottintendono la necessità di un continuo riposizionamento dell’agenda politica delle stanze dei bottoni e sono il connubio erotico-politico forse più affascinante dell’inizio di Romulus.


In attesa di capire, naturalmente, dove tutti e dieci gli episodi, scritti da Rovere insieme a Filippo Gravino e Guido Iuculano, ci condurranno nell’ambito di quello che una volta si chiamava peplum e che già Il primo re sembrava voler declinare nella chiave più aggiornata del filone sword-and-sandals.

I primi due, sicuramente, hanno il merito di stabilire il setting più giusto e ambizioso per questa immensa e mortifera Storia, e di chiudersi con una svolta che inizia già ad alzare la posta per quel che sarà.

Davide Stanzione

Maximal Interjector
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