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Saul Bass: 10 indimenticabili titoli di testa firmati dal geniale illustratore
Lo scorso 8 maggio si celebrava il centenario della nascita di Saul Bass, noto illustratore che collaborò con i grandi maestri del cinema (Hitchcock, Kubrick, Wilder e Scorsese, per citarne alcuni). Al designer grafico va certamente il merito di aver intuito le potenzialità dei titoli di testa, elevandoli da una funzione meramente didascalica e facendoli diventare parte integrante delle singole pellicole e forma d'arte autonoma: un elemento che arricchisce la narrazione dei film, anticipandone spesso alcune tematiche e arrivando persino a svelarne la chiave di lettura. Vogliamo omaggiare quindi il famoso illustratore andando a proporvi alcuni dei suoi lavori più iconici e memorabili.

L’uomo dal braccio d’oro (1955) di Otto Preminger. Pellicola che rese noto il nome di Saul Bass in tutto il mondo. Strisce bianche e un braccio rattrappito: sono questi gli elementi che l’illustratore utilizza per presentarci una storia che ruota attorno alla dipendenza.



La donna che visse due volte (1958) di Alfred Hitchcock.  Molti degli elementi cardine della pellicola sono già presenti in questi splendidi titoli di testa: il volto di una donna; l’occhio a simboleggiare il voyerismo (tema che si lega all’ossessione di Scottie: quella di assistere alla trasformazione di Judy in Madeleine); le spirali dell’ormai celeberrimo effetto Vertigo.



Bonjour Tristesse (1958) di Otto Preminger. Cécile vive un'esistenza tra feste e divertimenti a Parigi. Eppure il suo volto malinconico lascia trasparire emozioni diverse da quelle che mostra a chi la incontra. Grafica che rimanda alle calde luci delle notti parigine e che lentamente vira sui toni più tristi e riflessivi del blu nel momenti in cui, sullo sfondo nero, irrompe una pioggia di lacrime.



Anatomia di un omicidio (1959) di Otto Preminger. Esempio cristallino di come Bass allineasse lo stile grafico dei titoli di testa ai contenuti del film: in questo caso immagini stilizzate di varie parti anatomiche ci suggeriscono l’indagine criminologica che sarà il fulcro della pellicola. Le grafiche utilizzate e il tipo di font scelto suggeriscono una dissonanza, un’ambiguità di fondo che permeerà l’intera pellicola.



Colpo grosso (1960) di Lewis Milestone. Anche in questo caso al pubblico viene fin da subito presentato il tema attorno al quale ruota l’intero film: i numeri che si susseguono, uno dopo l’altro, fino ad arrivare al fatidico “11” (il titolo originale è Ocean’s Eleven, come il film di Steven Soderbergh); lo stile grafico che rimanda alle ammalianti luci di Las Vegas; carte, dadi e slot machine.



Psyco (1960) di Alfred Hitchcock. Grafica che gioca con la composizione dei nomi, andando poi a destrutturarli graficamente. Inquietudine e angoscia sono le sensazioni che proviamo fin dall’inizio della pellicola, ben esemplificate da una delle partiture grafiche più essenziali e scarnificate (ma anche più celebri e memorabili) di Bass.



Operazione diabolica (1966) di John Frankenheimer. Dettagli e primissimi piani deformati di occhi, bocche e volti: è così che Saul Bass sceglie di introdurre lo spettatore a una storia angosciante, condita da una regia che sfocia spesso nel thriller e nell’horror.



Il fattore umano (1979) di Otto Premiger. A Londra, negli uffici dei servizi segreti britannici, si segnala una pericolosa fuga di notizie. Questa trama viene perfettamente riassunta grazie a un’intuizione visiva veramente brillante: la grafica si incentra su un filo rotto che collega due cornette.



Quei bravi ragazzi (1990) di Martin Scorsese. I nomi degli attori scorrono velocemente in orizzontale, come fari di macchine che sfrecciano nella notte. Scorsese ci mostra l’automobile dei protagonisti e a risaltare è il colore rosso: le luci rosse posteriori dell’auto; ma anche il sangue della vittima che i nostri “bravi ragazzi” nascondono nel bagagliaio. Segue il titolo, anch’esso in rosso, che si rincorre più volte sullo schermo nero, richiamando la dinamica delle pugnalate o dei colpi di pistola a cui abbiamo appena assistito. 



L’età dell’innocenza (1993) di Martin Scorsese. Fiori nell’atto di sbocciare, frasi scritte in un’accurata calligrafia ed eleganti ricami: è con queste immagine che Bass ci trasmette la raffinatezza che dovrebbe contraddistinguere la bigotta alta società newyorkese di fine ‘800.



Simone Manciulli
Maximal Interjector
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