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Scene da un matrimonio: ora e allora

«I know what I feel. I love you in my selfish way. And I think you love me in your fussy, pestering way.
We love each other in an earthly and imperfect way»


Questa sera debutta su Sky Atlantic Scene da un matrimonio, adattamento dell'omonima serie creata da Ingmar Bergman per la tv svedese quasi 50 anni fa.

 A capo del progetto, ambizioso e pieno di insidie, c’è Hagai Levi, conosciuto negli Stati Uniti per In Treatment (dall’originale BeTipul) e The Affair, mentre i due personaggi principali sono interpretati da Oscar Isaac e Jessica Chastain, che vanno a prendere il posto degli indimenticabili Liv Ullmann ed Erland Josephson.

L’originale, uscito nel 1973, esplorava la natura di una relazione coniugale, tra alti e bassi, momenti di intesa e di conflitti. La serie ebbe un tale successo da essere “accusata” di aver raddoppiato il numero di divorzi in Svezia nell’anno successivo al suo debutto. Con il tempo, questa convinzione è stata ovviamente ridimensionata e il lavoro di Bergman viene indicato come uno dei sintomi – e non la causa – di un processo di emancipazione femminile che coinvolse anche la stessa protagonista dell’opera, Liv Ullmann.

Anche astenendosi da una lettura "estrema" di Scene da un matrimonio, però, non si può negare il grandissimo impatto culturale della serie di Bergman né si può affermare che non sia riuscita a parlare a un ampio numero di spettatori, sia nel momento della sua uscita (tanto che l’anno dopo venne presa la decisione di farne un film da distribuire anche all’estero), sia negli anni a venire.

Lo stesso Hagai Levi, durante la conferenza stampa tenutasi alla Mostra del Cinema di Venezia per la presentazione dei cinque episodi dello show, ha ammesso di aver considerato a lungo il progetto prima di accettarlo, soprattutto perché l’originale di Bergman «è ancora lì».

Nel giorno del debutto italiano della serie, quindi, sorgono spontanee alcune domande: quali sono le ragioni che hanno portato a questo adattamento? E cosa c’è di diverso rispetto all’opera del 1973?


I paragoni forse lasciano il tempo che trovano ma, dal momento che l’opera di Bergman è sempre accessibile e ancora così potente e intensa, viene naturale chiedersi se l’adattamento non sia stato confezionato solo e soltanto per un pubblico poco avvezzo a esplorare la cinematografia di altri paesi, come può essere quello americano. Un fatto, questo, suggerito dallo stesso Levi nella conferenza veneziana (proprio da lui che si è creato un nome riadattando la sua BeTipul in tantissimi paesi).

La sua versione di Scene da un matrimonio, infatti, per moltissimi versi sembra semplicemente una buona copia carbone della serie di Bergman. Buona perché, indipendentemente dal confronto, gli episodi sono godibili, soprattutto grazie all’ottimo lavoro fatto da Oscar Isaac e Jessica Chastain. Le performance dei due, proprio come quelle di Josephson e Ullmann, sono misurate e appassionate, piene di piccoli movimenti e di sussurri che coinvolgono lo spettatore e lo accompagnano nel viaggio di Jonathan e Mira.

La grande differenza tra questo adattamento e l’originale sta nello scambio dei ruoli: qui è la figura femminile a provvedere, dal punto di vista economico, al sostentamento della famiglia e sarà sempre lei a scombinare le carte lasciando il marito. Questo cambiamento, importante anche da un punto di vista produttivo – Levi ha ammesso che è stato il dettaglio che l’ha convinto ad accettare la sfida – modifica, in parte, l’impianto narrativo della serie e si propone di ragionare sul modo in cui sono mutati i ruoli di genere nei 50 anni che separano dall’opera di Bergman.

Vista, però, la volontà di non allontanarsi troppo dal materiale originale, la scelta di scambiare i ruoli risulta poco approfondita, per non dire proprio superficiale. Il potenziale di un’indagine onesta sulle difficoltà, per una donna, di equilibrare la carriera con la maternità è perduto ed è sprecata anche la possibilità di ragionare a fondo sulle dinamiche familiari che si creano nei casi in cui è il padre a rimanere a casa con i figli. 

Lo scambio dei ruoli, alla fine, è la miccia necessaria per far partire il progetto, ma non è uno stratagemma adatto per ragionare sinceramente su tematiche emerse negli ultimi anni.
 
Scene da un matrimonio, comunque, non è un fallimento: le interpretazioni sono perfettamente a fuoco, l’ambientazione è più che convincente, la messa in scena è rigorosa e, soprattutto, l’originale è talmente ispirato e potente da non poter dare vita a una brutta copia.
Peccato si sia persa l’occasione, con questo adattamento, di scavare a fondo, prendendosi anche qualche rischio in più.

Francesca Sala

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