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The Mandalorian: «Non è una razza, è un credo»

«Mandalorian non è una razza, è un credo»

Si scrive The Mandalorian, si legge il trionfo di Jon Favreau. Entrato nel mondo Disney con Il libro della giungla e Il re leone, dopo essere stato Happy, guardia del corpo di Tony Stark, nel Marvel Cinematic Universe, il regista fa il suo ingresso come sceneggiatore nella galassia lontana lontana di Star Wars. Per raccontare la storia di un cacciatore di taglie, di un anti-eroe d’altri tempi, di un Mandaloriano.




Un personaggio di poche parole, silenzioso: così ci viene presentato nel primo degli 8 episodi il protagonista, che tanto ricorda Boba Fett quanto non può esserlo, visto il periodo storico in cui sono ambientate le vicende. Le prime parole, poi, arrivano inequivocabili: «Ti posso catturare vivo, o ti posso catturare morto».

Il passo da George Lucas a Sergio Leone non è mai stato così breve, forse, e in questo mandaloriano che parla come Clint Eastwood nella Trilogia del dollaro è presente tutta la natura western dell’opera. Distese desertiche con piccoli paesini sperduti, scontri a colpi di pistola e spade (non laser, già) e taglie sulla testa dei personaggi completano il quadro.



Certo, non mancano i riferimenti e le citazioni, dai più ai meno evidenti, ma si tratta di gemme sparse lungo il cammino per deliziare il gusto dei ricercatori di easter egg, senza renderli necessari alla comprensione della trama. Questo lo spirito dell’opera, un grande gioco d’intrattenimento, ben confezionato, in cui sono ben curate anche fotografia e regia, che vede alternarsi Dave Filoni, Rick Famuyiwa, Deborah Chow, Bryce Dallas Howard, Taika Waititi.

L’eccezione ai riferimenti all’universo creato da George Lucas è naturalmente lui, The Child, ribattezzato presto Baby Yoda dai fan dopo aver visto le prime immagini sul web. Gli eventi, tuttavia, si svolgono in un periodo temporale compreso tra Il ritorno dello Jedi e Il risveglio della Forza, per cui è da escludere che si tratti del Maestro. Inoltre, il forte rischio era che diventasse solamente una mascotte acchiappa pubblico e invece si ritaglia una dimensione centrale nell’opera, un suo spazio per essere accudito, protetto, ma capace, a sua volta, di proteggere, diventando quindi un personaggio importante nello svolgersi della trama. E il passo da The Child a The Childhood, parlando invece del protagonista, è breve: non mancano infatti i flashback relativi all’infanzia del Mandaloriano, in una ricerca e rievocazione delle origini che lo hanno portato a diventare ciò che è ora.



Favreau, che ha scritto quasi tutti gli episodi, riesce quindi a rievocare l’atmosfera della trilogia originale, arrivando dove solo Rogue One: A Star Wars Story era riuscito recentemente: portare sullo schermo Star Wars senza snaturarlo, raccontando una storia nuova e appassionante, un vero e proprio spin-off. La seconda stagione è in lavorazione e dovrebbe arrivare il prossimo autunno su Disney+ e la produzione ha già  confermato l'inizio dei progetti su ua stagione 3: non resta che attendere, fiduciosi.

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