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«Nessuno ripara più niente, si sostituisce tutto»: la recensione di The New Pope

Tanto attesa, e non poteva che essere così: The New Pope di Paolo Sorrentino non ha deluso le aspettative anche se, meglio dirlo subito, si tratta di qualcosa di diverso da The Young Pope. Non che sia necessariamente un difetto, ma l’impressione è che il regista napoletano si sia adagiato sulla sua estetica impeccabile, provando anche a evolvere alcune situazioni introdotte nella serie precedente, non sempre riuscendoci con successo.



Pio XIII (Jude Law) è in coma e serve un nuovo Papa: il cardinal Voiello (Silvio Orlando), l’uomo dietro le quinte, si occupa subito della situazione, cercando un profilo che sia congeniale al suo progetto. Al suo, non al Suo, e questo lo sottolinea più volte Sorrentino, con sequenze esplicite che mescolano religione e politica, o meglio, che mostrano come le due dimensioni si incontrino e non siano mai scisse, anzi. E la scelta cade su Sir John Brannox (John Malkovich), e come per Pio XIII, nulla va secondo i piani di Voiello.



Giovanni Paolo III, questo il nome scelto da Brannox, è il grande teorico della via media: niente rivoluzioni, niente scissioni, niente atteggiamenti da monarca. Tiepido, insomma, nella Fede e nelle convinzioni: così appare agli occhi di Voiello, ed è il motivo per cui i cardinali pensano sia un burattino perfetto.
Si sbagliano.


Un Papa che è il consigliere di Meghan Markle sul look (e ancora non si sapeva nulla delle scelte fatte assieme al principe Harry) e che vuole conoscere Jack Nicholson, Marilyn Manson e Sharon Stone perché «sono liberi»: quasi tutti i suoi desideri verranno esauditi, ed è un bene, perché si parla di alcune tra le sequenze migliori dell’intera opera. Sorrentino gioca con i suoi interpreti, e i dialoghi con Manson e Sharon Stone (con tanto di spassosi riferimenti a momenti iconici delle loro carriere) nascondono tutti gli interrogativi che il regista porta con sé nei confronti della Chiesa. Domande, dubbi che sono provocazioni, che arrivano a mettere in relazione la Bibbia e gli iPhone, concludendo il discorso con un amaro «nessuno ripara più niente, si sostituisce tutto».
Anche Lenny Belardo, verrebbe da dire, in coma ma ormai dato per defunto dagli stessi vescovi che lo hanno eletto.


The New Pope tocca diversi argomenti, anche se non sempre in modo efficace: mancano la poesia e la profondità delle riflessioni proposte durante la prima stagione, anche se John Malkovich è strepitoso nel ruolo di un Papa, ma prima ancora di un uomo, scisso interiormente e dilaniato da un passato carico di sensi di colpa, di situazioni irrisolte, e di un burrascoso rapporto con Dio. Il pensiero relativo agli ultimi, all'inclusione degli emarginati, di chi è sempre stato nel silenzio e nell'oblio, è tra i più attuali e profondi toccati nell'intera serie.


Durante The Young Pope lo si è ripetuto molte volte: «La Chiesa è femmina».
E chi se non le suore sono il volto esplicito di una Chiesa che sta cambiando, di pari passo con la società, verrebbe da dire, perché l’emancipazione femminile passa anche dallo sciopero delle suore che richiedono gli stessi diritti dei sacerdoti. O quantomeno che i preti abbiano i loro stessi obblighi, se non può essere esaudita la loro prima richiesta. Giochi di potere, sotterfugi, intrighi e ricatti: non manca nulla, tutto è gestito con equilibrio e maestria, in questo frangente. Ma non sempre è così.



Sorrentino, infatti, mette troppi tasselli in gioco e, dal filo spinato della provocazione, il rischio di scivolare nel cattivo gusto e nel grottesco involontario è molto alto, e non sempre riesce a evitarlo. Spesso, infatti, si ha la sensazione che dietro la patina incantevole di una fotografia che è arte ci sia il vuoto della maniera, di una ridondanza che porta il regista a ripetersi e ad adagiarsi nella sua estetica.
Ma sono momenti di passaggio, dietro ai quali spuntano il dialogo graffiante, la riflessione acuta, l’inquadratura inaspettata. Ed è allora che le vittime in Somalia con Jesus Christ Superstar in sottofondo acquisiscono significato


L’esplicitazione di tematiche come la pedofilia o il pericolo di attentati rappresentano solo alcuni dei tanti temi toccati, ma è soprattutto sul terrorismo che si pone un accento importante. O meglio, sul fondamentalismo, che viene definito pericoloso se praticato da qualsiasi religione, come sbaglio in sé e non come frutto di un credo migliore di un altro.
Non mancano momenti a vuoto, è vero, ma un’opera va osservata nel suo insieme e quando si arriva al termine della visione non si può che rimanere comunque colpiti, ancora una volta, scossi, divertiti.
The New Pope non è The Young Pope. Non è allo stesso livello. Ma probabilmente è semplicemente differente. E meritevole di essere visto.

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