Freddy (Sebastián Silva) è un artista che opera a Brooklyn nel settore della videoarte e sta cercando insieme al suo compagno Mo (Tunde Adebimpe) di avere un bambino. I due per coronare il loro sogno si affidano all'amica Polly (Kristen Wiig), donando alternativamente il proprio seme alla donna affinché prima o poi rimanga incinta. Il percorso verso la genitorialità è però complicato e ricco di insidie...



Il regista cileno Sebastián Silva, talentuoso pupillo del connazionale Pablo Larraín, qui anche produttore, realizza con Nasty Baby un film queer atipico e originale, che rifiuta scorciatoie e semplificazioni tipiche del genere per puntare dritto al cuore dell'identità, sociale, umana, sessuale, dei suoi personaggi. Due uomini e una donna alle prese con un rapporto familiare allargato e sui generis, il cui triangolo va a ridefinire un'idea complessa e sfaccettata di famiglia dai confini labili e porosi, perfettamente calata nelle sfide e nelle esigenze della contemporaneità, sotto il profilo sia pubblico e politico che privato e sentimentale. Un piccolo grande film di desideri e di pulsioni, quello del regista de Affetti & dispetti – La nana (2009), tutto incentrato su dei personaggi caratterizzati in maniera eccellente e fatti incontrare e scontrare nella maniera più sfaccettata e meno scontata possibile. Il risultato finale, mutevole, instabile e in continuo divenire, ridisegna incessantemente le traiettorie di un melodramma eccentrico per necessità e non solo per vocazione, che non si censura al cospetto dell'insorgere del dramma e delle difficoltà e se ne lascia attraversare con estrema maturità. Tra piccole dosi di follia quotidiana e momenti all'insegna dell'invenzione più sincera e immediata, Silva lavora sulla finzione in maniera naturale ed organica, e il suo film possiede una voluta e ricercata naturalezza che lo rende se possibile ancor più autentico e in grado tanto di colpire al cuore quanto di lavorare in profondità sulle sfumature. Nevrotico, bizzarro, inquieto, ma sopra ogni cosa umanissimo. Peccato per un finale anch'esso coraggioso ma troppo azzardato, che prova a portare il film su un terreno ulteriore, all'insegna della precarietà e della tensione più estrema, riuscendoci però solo in parte e con una non eccessiva dose di coerenza e di equilibrio, che tuttavia pregiudica solo in parte la riuscita di un'operazione per sua stessa volontà umorale e disorganica. Presentato in anteprima al Sundance Film Festival nel 2015 e al Festival di Berlino, dove si è aggiudicato il Teddy Award come miglior film a tema LGBT. Passato in Italia al TFF 33, nella sezione Festa Mobile, e al Sicilia Queer di Palermo nel 2016.
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