In un futuro nel quale l'umanità ha perso la capacità di sognare, una donna si avventura nella mente di un Fantasmer, creatura dai tratti mostruosi in grado di immergersi nel mondo dei sogni.
Regista, sceneggiatore, poeta e fotografo cinese, Bi Gan (classe 1989) aggiunge un nuovo tassello al suo percorso cinematografico spingendo sul pedale della sperimentazione linguistica. In una cornice arthouse di rara suggestione che riesce a non essere solo esibizionismo stilistico fine a se stesso, Resurrection si pone un complesso e a tratti criptico omaggio all'incanto della magia del cinema, alla forza dei ricordi, alle illusioni sbiadite del mondo dei sogni come risposta alla "disumanizzazione" nel contemporaneo. L'ambientazione si appoggia al reale per alterare lo spazio e il tempo, in un visionario racconto che vive di folgoranti illuminazioni sensoriali, e quindi di accensioni momentanee, traendo però forza anche da una ipnotica capacità strettamente narrativa, sottolineata dalla voce fuori campo che accompagna lo spettatore all'interno del sogno. Un'opera a cui abbandonarsi senza timore di perdersi per poi ritrovarsi (soprattutto per quanto riguarda i riferimenti alla storia della Cina, decisamente ostici per il pubblico occidentale), di ostentata ambizione nel fare un monumento alla Settima arte, partendo dalle origini del cinema per arrivare ai giorni nostri. Mondi che nascondo altri mondi, corpi che nascondono altri corpi, visioni all'interno di altre visioni: un'esperienza audiovisiva impegnativa ma di indubbio fascino, densa di simboli più o meno immediati, che ha il merito di creare immagini e immaginari. Una sorta di antidoto contro la frenesia dell'industria cinematografica di facile consumo, ma anche un'umanissima poesia metaforica dalla struttura circolare in cui la speranza muore per poi rinascere, in un'epoca di distacco emotivo. Tutto è giocato sul confine tra illusione e realtà (e quindi sull'impossibile ricerca di verità attraverso la finzione della pellicola), sia che si tratti di poteri "soprannaturali" messi in discussione dalla purezza intellettuale di un bambino, sia che si tratti di riflettere sul linguaggio cinematografico stesso, come l'idea del maxi piano-sequnza di quaranta minuti che segue il lungo viaggio nella notte verso l'alba del nuovo millennio. Sublime dal punto di vista formale, il film è una vera goduria per chi cerca cinema d'essai duro e puro, stimolante per la mente e per il cuore. Premio speciale al Festival di Cannes.