Aldo Fabrizi: la nostra top 5
01/04/2020
Aldo Fabrizi, grande attore e caratterista romano, si è spento il 2 aprile 1990. Sono passati 30 anni e abbiamo deciso di omaggiarlo con una classifica dei 5 migliori film che ha interpretato:

5) La famiglia Passaguai (Aldo Fabrizi, 1951)



Con un sorprendente gusto per la comicità slapstick e una indubbia freschezza creativa, Fabrizi sa orchestrare una commedia leggera e divertente in cui i tic e le idiosincrasie dell'italiano medio pre-boom economico vengono raccontate con sincero affetto e partecipazione, refrattarie a qualsiasi forma di cinismo o caustico pessimismo.

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4) Guardie e ladri (Steno, Mario Monicelli, 1951)



Il miglior film della coppia Monicelli-Steno è interpretato da una altrettanto straordinaria coppia composta da Totò e Fabrizi. I due mattatori trovano qui un'alchimia che giova all'intera pellicola: in particolare Totò, gigione come al solito, lascerà intravedere sprazzi da attore drammatico che gli varranno il primo grosso riconoscimento della carriera (il Nastro d'Argento). L'efficace sceneggiatura fu premiata alla quinta edizione del Festival di Cannes.

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3)Francesco, giullare di Dio (Roberto Rossellini, 1950)



Per Rossellini, che non rinuncia a ritorni di fiamma neorealisti (il gruppo di frati è reale e spesso ruba la scena ai protagonisti), Francesco rappresenta la personificazione di un approccio puro, innocente e quasi fanciullesco alla vita che, attraverso lo stile candido e leggiadro scelto dal regista (fondamentali le musiche eteree di Renzo Rossellini), riesce a diventare, lentamente, una vera e propria sfida alla modernità. 

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2) C'eravamo tanto amati (Ettore Scola, 1974)



Splendido esempio di commedia all'italiana, tenera e nostalgica fotografia della nazione che fu (e che mai più sarà), cristallina contaminazione tra privato e pubblico, C'eravamo tanto amati è un romanzo storico in pellicola che chiarisce (senza presunzione, ma con tenera rassegnazione e rara coerenza) come le età della vita e del Tempo possano cambiare o meno l'uomo. E regala un puro, commovente e memorabile elogio dell'amicizia («Il ricordo di quei giorni, sempre uniti ci terrà», dal canto partigiano scritto da Armando Trovaioli, autore delle belle musiche). 

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1) Roma città aperta (Roberto Rossellini, 1945)



Straordinaria la dirompente forza di alcuni personaggi (Don Pietro, prete antifascista che sembra incarnare e anticipare l'Italia cattolica e repubblicana che verrà, e Pina, donna e madre con una profondità e un ventaglio di accenti che ne fanno una persona reale, quasi palpabile) e l'incredibile progressione drammatica ed etica della seconda parte, che culmina nella scena della maledizione lanciata (e poi subito ritirata) dal prelato verso i Nazisti. «Oh, non è difficile morire bene; difficile è vivere bene». In origine doveva essere un documentario su Don Morosini, prete ucciso dai nazisti nel 1944.

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