Cinema e automobili: la top 10
13/11/2019
Che si tratti di inseguimenti, gare o macchine possedute, la storia del cinema è ricca di pellicole con protagoniste le automobili. L'uscita nelle sale di Le Mans '66 – La grande sfida è l'occasione per ripercorrere la storia del genere automobilistico, attraverso 10 film da non perdere.


1) Il sorpasso (Dino Risi, 1962)

Corre veloce senza sosta Bruno Cortona, simbolo di una società ormai preda di un benessere inarrestabile e sferzante che non permette alcun rallentamento. Mai nessuno come Dino Risi ne Il sorpasso è stato in grado di fotografare e scomporre un intero paese attraverso il gioco (ormai svelato) della commedia all'italiana. Un vero e proprio capolavoro costruito forsennatamente a strati: oltre alla più lampante critica sociale, in cui i ristoranti brulicanti e le spiagge che ballano al ritmo di Edoardo Vianello ne sono la più naturale rappresentazione, c'è una radicale e profonda analisi del boom economico. In un momento di opulenza assoluta, Risi riesce attraverso il difficile gioco del contrasto, a giostrare i suoi due personaggi principali affinché rappresentino al meglio il passato, il presente e il futuro della nazione. 


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2) Grand Prix (John Frankenheimer, 1966)


John Frankenheimer dirige un appassionante dramma a sfondo sportivo, sceneggiato da Robert Alan Arthur con William Hanley collaboratore (non accreditato) ai dialoghi. Motori, velocità, adrenalina e una spruzzata di grazie femminili (rilevanti, in tal senso, le presenze di Eva Marie Saint nel ruolo di Louise e Françoise Hardy alias Lisa): le caratterizzazioni sono appena abbozzate, lo sviluppo narrativo approssimativo e trascurabile, ma il ritmo risulta serrato e la tecnica da manuale (strepitose e avveniristiche le sequenze delle gare, che raggiungono il culmine della potenza visiva nei coreografici incidenti).

 
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3) Duel (Steven Spielberg, 1971)


Girato in soli tredici giorni, Duel è il primo lungometraggio ufficiale realizzato dall'esordiente Steven Spielberg, dopo una serie di cortometraggi e produzioni amatoriali (tra cui il lungo Firelight del 1964). Originariamente concepito come film per la televisione, con una durata complessiva di 73 minuti poi portati a 90 (quando la Universal decise di lanciare il film nel circuito cinematografico), è un esemplare saggio audiovisivo sulla costruzione della paura. È stato uno degli esordi più felici degli anni ‘70, ancora oggi ammirato per le sue innegabili doti di brillantezza, ritmo ed essenzialità.


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4) Punto zero (Richard C. Sarafian, 1971)


Piccolo cult di inizio anni Settanta, Punto zero è uno dei film maggiormente emblematici del periodo. Ancora di più del di poco precedente (e punto di riferimento palese) Easy Rider (Dennis Hopper, 1969), compendia in poche semplici idee di sceneggiatura e messa in scena una fotografia della disillusione dell'America, che aveva sognato di cambiare il mondo nei Sessanta. Gli hippie e le droghe, il West torrido e deserto, la strada con il suo carico di simboli, lo spettro del Vietnam, la musica rock e soul, l'oppressiva e violenta forza del perbenismo.


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5) Christine - La macchina infernale (John Carpenter, 1983)

Che Hollywood abbia sempre provato una particolare attrazione per i romanzi di Stephen King, è un fatto certo; che in pochi, pochissimi, siano riusciti a farne degne trasposizioni cinematografiche, è un altro dato difficile da smentire. Dopo lo scarso successo di pubblico di La cosa (1982), anche John Carpenter si trova per le mani una sceneggiatura tratta da un libro del “re del brivido”, Christine (1983). Il risultato finale, per quanto abbia ottenuto una buona risposta di pubblico, convince solo a metà.


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6) Crash (David Cronenberg, 1996)

David Cronenberg adatta l'omonimo romanzo di James Graham Ballard trasformandolo in qualcosa di completamente suo: come da tipica ossessione del regista, l'evoluzione della tecnologia si intreccia all'inquietudine dell'essere umano, pronto a morire pur di raggiungere l'apice del proprio desiderio. Tra sesso, violenza, lacerazioni e cicatrici, l'automatismo dei comportamenti e la sconnessione dei rapporti riflettono un mondo sull'orlo del baratro, pronto all'autodistruzione e reso ancor più straniante da una tecnica stilistica asettica, priva di qualunque sbavatura o cliché.


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7) Grindhouse - A prova di morte (Quentin Tarantino, 2007)

Citazionismo sfrenato ma intelligente dei film d'exploitation (Punto zero del 1971 e Convoy – Trincea d'asfalto del 1978 su tutti), dialoghi fiume, spassosa colonna sonora rock e il consueto (per Tarantino) nugolo di figure femminili che “castrano” il maschio sono le direttrici entro cui si snoda una pellicola goliardica e raffinata allo stesso tempo. Nonostante le apparenze grottesche, è un prodotto ben equilibrato, forte di un ottimo ritmo (nei due episodi in cui è diviso) e ricco di una serie di personaggi memorabili, a partire dal diabolico e perverso Stuntman Mike, interpretato da un Kurt Russell sorprendentemente in forma.


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8) Drive (Nicolas Winding Refn, 2011)


Nicolas Winding Refn guarda apertamente al cinema dei suoi maestri (Walter Hill soprattutto, ma anche Michael Mann e William Friedkin) e realizza un'opera stilizzata, violenta e al tempo stesso romantica, andando perfettamente incontro ai gusti di varie tipologie di pubblico. Il personaggio di Ryan Gosling, tra serafici silenzi ed estrema efferatezza (intervallati però da una dose decisiva di tacito romanticismo), si tatua di gran carriera nell'immaginario collettivo e regge il film sulle proprie spalle, grazie al lavoro di sottrazione dell'attore, impeccabile e calzante, oltre che perfettamente raccordato alle atmosfere del film. La love story sa essere fredda e calcolata ma al contempo languida e coinvolgente oltre ogni misura, e il regista danese dimostra di conoscere a menadito la materia che si ritrova a maneggiare ma anche di saperla reinterpretare in maniera personale, con vibrante inclinazione alla poesia e spiazzante spirito punk. 


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9) Rush (Ron Howard, 2013)


Dopo aver affrontato uno scontro faccia a faccia, anche se di diversa entità, in Frost/Nixon – Il duello (2008), Ron Howard torna a raccontare un duello umano, questa volta dalle tinte sportive. Rush infatti è innanzitutto la fedele e stimolante rappresentazione di una grande rivalità agonistica tra due piloti, ma ciò che più interessa al regista è la sfida tra due figure agli antipodi con cui converrebbe non schierarsi, due facce di una medaglia che sarebbe meglio non vincere. 


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10) Fast & Furious 7 (James Wan, 2015)

Un lungo addio a Paul Walker: si potrebbe definire così Fast & Furious 7, il miglior capitolo della saga automobilistica iniziata da Rob Cohen nel 2001. L'attore, scomparso durante le riprese proprio a seguito di un incidente, rimane uno dei protagonisti del film, grazie anche (e, forse, soprattutto) a uno straordinario utilizzo del digitale. È un lungometraggio, totalmente ripensato dopo la morte dell'interprete americano, che punta proprio sul rappresentare i legami umani, il senso di appartenenza a un gruppo o a una “famiglia”, come ama definire Toretto la sua banda. Non si tratta però soltanto di una pellicola dal sapore nostalgico, ma anche di un notevole spettacolo cinematografico, giocato su ottimo ritmo, impressionanti effetti speciali e su una regia pienamente all'altezza.


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