I fratelli Marx: le sequenze memorabili e l'importanza di chiamarsi Groucho
30/09/2021

«Citatemi dicendo che sono stato citato male»


Julius Henry Marx, alias Groucho. Una comicità eversiva, tagliente, logorroica (non a caso: grouchy, brontolone), compensata dalle caratteristiche degli altri fratelli, o almeno due di essi (Gummo/Milton lasciò il gruppo e si ritirò dalle scene per avviare delle attività imprenditoriali, Zeppo/Herbert abbandonò la recitazione nel 1934, poco dopo la scadenza del contratto con la Paramount): Harpo (la nemesi di Groucho, non parlava mai e si esprimeva solo con il linguaggio del corpo e con l'ausilio di suoni) e Chico (soprannome che derivava dalla sua reputazione di donnaiolo, chicken chaser nello slang popolare dell'epoca).




L'inizio nel vaudeville, le peregrinazioni nei teatri degli Stati Uniti, dove la tecnica comica viene affinata e calibrata al millimetro: perché se è vero che le boutades dei Marx si basano principalmente sul rifiuto delle convenzioni e su una buona dose di dissacrante anarchia esaltata da un irresistibile nonsense, è altrettanto certo che la forma del gag è assolutamente classica e altrettanto cristallina. Forma e contenuto, che hanno contribuito alla celebrazione tra il grande pubblico così come tra le eccellenze (Warhol, Artaud, Shaw) e alla trasformazione prima in paradigma comico, poi in simbolo.


Simbolo che perdura fino ai tempi odierni, soprattutto grazie al più incontenibile e in qualche modo "moderno" dei fratelli: Groucho, appunto, stigmatizzato persino sulle pagine di Dylan Dog grazie al sodale dell'Indagatore dell'Incubo, ex attore in disgrazia riciclatosi come assistente. Groucho Marx nasceva il 2 ottobre 1890: celebriamolo con una imprescindibile top 3 (più un bonus) di sequenze cult!



3) I racconti del capitano Spaulding in Animal Crackers



Victor Heerman dirige i fratelli Marx, per la seconda volta sul grande schermo dopo Noci di cocco (Robert Florey e Joseph Santley, 1929), mettendo in scena l'omonima commedia teatrale di George S. Kaufman, Harry Ruby, Bert Kalmar e Norrie Ryskind (adattata da quest'ultimo con Pierre Collings). Il gruppo comico, ormai a proprio agio nel contesto cinematografico, contribuisce ad approfondire quei caratteri destinati a divenire marchio di fabbrica; ed è Groucho a dominare, regalando battute da antologia. A svettare è il racconto della avventure africane («Una mattina sparai a un elefante con il mio pigiama. Perché indossasse il mio pigiama, non lo so»). Divertimento assicurato. Il personaggio di Spaulding verrà omaggiato da Rob Zombie nei suoi La casa dei 1000 corpi (2003) e La casa del diavolo (2005).



2) La cena da Una notte all'opera



Celebrazione assoluta di un immaginario anarchico e irriverente esaltato dal contrasto con il rigido bon ton dell'ambiente lirico. I Marx invadono gli spazi con la loro prepotente fisicità (indimenticabile la mimica candida e al tempo devastatrice di Harpo), scardinando le regole dell'etichetta e violando ogni codice di comportamento precostituito. Ritmo incalzante, dialoghi da antologia e inserti surreali memorabili: esilarante e imprescindibile per qualunque appassionato dello humor à la Marx. Tra gli svariati momenti memorabili, il duetto a cena di Groucho con Margaret Dumont, qui nel ruolo di Mrs. Claypool: «Io sono seduta a questo stesso tavolo dalle sette esatte!»; «Sì, ma mi dava le spalle. Quando invito a cena una signora, mi aspetto che mi guardi almeno in faccia, è lo scotto che deve pagare»).



1) La gag dello specchio da La guerra lampo dei fratelli Marx



Una delle pellicole più compiute e dissacranti dei celebri fratelli Marx, qui destinati a raggiungere la massima espressione comica. Formando un parallelismo con Una notte all'opera, il film inserisce i protagonisti in un contesto rigido e codificato, attuando un processo di disgregazione sia a livello formale che narrativo, con il capovolgimento di regole imprescindibili nell'ambito dell'etichetta. L'anarchia della rappresentazione ben si addice all'attitudine eversiva dei Marx, che del caos hanno fatto il loro personalissimo marchio di fabbrica: il risultato, tra fisicità, irriverenza caustica (affidata, ça va sans dire, allo scatenato Groucho), dialoghi deliranti («Lui è una spia, anch'io sono una spia. Siccome lavora per conto mio, voglio che scopra qualcosa, ma non scopre quello che voglio scoprire, come posso scoprire cosa voglio scoprire se non scopre quello che devo scoprire?!») e nonsense imperante, è semplicemente irresistibile. Memorabile la sequenza del finto specchio, con Groucho confuso di fronte ad un'anomala reduplicazione: una scena (più volte citata in seguito) che prende ispirazione da una gag analoga realizzata da Max Linder in Sette anni di guai (1921).



Bonus: «Scelga una carta»; «Scegliere una carta? Per farne cosa?»; «La può tenere, me ne rimangono cinquantuno»


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