Compie 70 anni Il diario di un curato di campagna (1951) di Robert Bresson, film che riusciva a raggiungere una ineguagliabile purezza cinematografica, quasi replicando l'umile austerità dei dettami evangelici attraverso una parabola umanissima nella sua rigorosa spiritualità. Il sacerdote di Claude Laydu, che nel suo percorso cristologico racchiude il mistero dell'incarnazione e della Grazia divina, è un protagonista a dir poco indimenticabile in un film non meno grande. In occasione di questa ricorrenza, ecco una panoramica su alcuni fra i migliori preti che si sono visti sul grande schermo.



Don Pietro (Aldo Fabrizi) in Roma città aperta (1945), diretto da Roberto Rossellini: un prete antifascista che sembra incarnare e anticipare l'Italia cattolica e repubblicana che verrà.



Don Camillo (Fernandel) protagonista insieme a Peppone di una serie di cinque lungometraggi rimasti nella storia del cinema popolare italiano degli anni Cinquanta, ma anche del costume e dell'immaginario collettivo dei decenni successivi.



Padre Logan (Montgomery Clift) in Io confesso (1953), diretto da Alfred Hitchcock. Clift interpreta alla perfezione un devoto parroco di una chiesa di Québec, in Canada, che durante una confessione viene a conoscenza di un brutale omicidio. Non può però rivelarlo a nessuno a causa del segreto confessionale: la polizia inizierà allora a sospettare di lui.



Harry Powell (Robert Mitchum) in La morte corre sul fiume (1955), diretto da Charles Laughton. Fanatico religioso che si spaccia per predicatore, sposa e uccide la giovane vedova Harper (Shelley Winters) per sottrarle i 10.000 dollari che il marito ha rubato durante una rapina. La pellicola procede per opposizione attraverso due antitetiche visioni religiose (quella compassionevole della straordinaria Lillian Gish e quella radicale e maligna del “reverendo” Powell) che coinvolgono i concetti metafisici di Bene e Male, Amore e Odio, tatuati sulle nocche di Robert Mitchum ed espressi formalmente da una magnifica e contrastata fotografia in bianco e nero.



Il pastore Tomas Ericsson (Gunnar Björnstrand) in Luci d’inverno (1963), diretto da Ingmar Bergman. Pastore protestante che, dopo aver perso la Fede a causa della morte della moglie, evita il dialogo con una maestra elementare innamorata di lui, Märta, e tenta di dissuadere dall'idea del suicidio Jonas, che soffre di manie depressive.



Padre Lankester Merrin (Max von Sydow) in L’esorcista (1973), diretto da William Friedkin.  Prete e archeologo, nonché esperto di esorcismi. Padre Merrin sarà incaricato di esorcizzare Regan MacNeil. 



Don Giulio (Nanni Moretti) in La messa è finita (1985), diretto da Nanni Moretti. Dopo dieci anni su un'isola lontana, Don Giulio torna a Roma, ma le cose sono cambiate e gli equilibri della comunità appaiono radicalmente mutati. L'abituale senso di crisi che si respira nel cinema dell'autore è visto stavolta attraverso la lente di un uomo di fede decisamente sui generis, che non nasconde posture e atteggiamenti tipici del Moretti attore e regista. 



Padre Gabriel (Jeremy Irons) in Mission (1986), diretto da Roland Joffé. Jeremy Irons eccelle nelle vesti del missionario vero portatore di pace e amore, che rifugge la violenza e le armi anche quando tutto attorno è morte e pericolo.



Padre Adelfio (Leopoldo Trieste) in Nuovo Cinema Paradiso (1988), diretto da Giuseppe Tornatore. Al personaggio interpretato da Trieste venivano riservate proiezioni private durante le quali i film venivano sottoposti a censura.



Toller (Ethan Hawke) in First Reformed (2017), diretto da Paul Schrader. Ex cappellano militare segnato dalla morte del figlio in guerra, porta avanti con diligente austerità una piccola chiesa protestante di provincia, la First Reformed. Quando il suo tentativo di salvare dalla depressione un giovane ambientalista radicale fallisce tragicamente, Toller si ritrova schiacciato da un senso di colpa ossessivo e disturbante.



Simone Manciulli