La città incantata: il capolavoro di Miyazaki che ha portato l’animazione nipponica in Europa
20/07/2021
Prima del 2002 solo gli appassionati e i critici sapevano chi fosse Hayao Miyazaki, sebbene dei suoi film, in Europa, non vi fosse traccia sul grande schermo (ad eccezione di Principessa Mononoke, uscito nel 2000 a tre anni di distanza dalla distribuzione giapponese). Le serie animate, invece, erano arrivate sul piccolo schermo (Conan il ragazzo del futuro fu trasmesso dal 1981). Cosa è cambiato nel 2002? Hayao Miyazaki ha presentato al Festival internazionale del cinema di Berlino il suo capolavoro, La città incantata, ricevendo l’Orso d’oro come miglior film. Non solo, l’anno successivo vince agli Oscar con una meritatissima statuetta per il miglior film d’animazione. Un trionfo che Hayao Miyazaki ha conquistato regalando un’opera che si potrebbe definire la summa della sua poetica, un’opera complessa, articolata, fortemente simbolica e che, dopo 20 anni, non smette di meravigliare.
«Mamma, papà, non vi preoccupate, vi farò uscire di qui, ma non ingrassate troppo, altrimenti vi mangeranno!»
La storia della giovane Chihiro, che dopo aver visto i suoi genitori trasformati in maiali a causa della loro ingordigia è costretta a salvarli avventurandosi in una città misteriosa abitata solamente da spiriti, racchiude in sé alcuni degli elementi chiave della poetica dell’autore giapponese: una ragazza come protagonista, ma anche l’adulto come incapace di rispettare gli equilibri del mondo e che quindi necessita di essere punito e salvato. Chihiro/Sen è infatti una delle tante eroine che Miyazaki ha regalato al mondo del cinema, da Nausicaä (1984) a Sheeta (1986), passando per Kiki (1989) e Mononoke (1997), senza dimenticare Sophie (2004) e le sorelline Mei e Satsuki: figure forti, che con la loro semplicità e il loro sguardo differente sul mondo sono in grado di portare una nuova visione e, con essa, la salvezza. Chihiro si avventura nella città degli spiriti e accetta di lavorare per Yubaba solamente per fare in modo che i suoi genitori possano tornare ad avere sembianze umane ma, come spesso accade nel cinema di Miyazaki, il viaggio della protagonista è soprattutto un movimento psicologico, una crescita personale, un processo di maturazione che porterà la giovane ad essere consapevole delle sue capacità, riuscendo quindi a interrogarsi e porre risposte sulla sua identità.
«È lo Spirito del Cattivo Odore!»

Sen, questo il nome di Chihiro nella città incantata, trova lavoro alle terme e tra i suoi primi clienti c’è un ammasso fangoso e maleodorante, quello che sembra essere uno Spirito del Cattivo Odore. La giovane se ne occupa, lavandolo con acqua bollente e utilizzando i migliori sali da bagno a disposizione: quando, lavandolo, trova un manubrio di bicicletta che sporge dal fango. Tirandolo, è come se si aprisse un tappo, dal quale fuoriesce in successione ogni genere di sporcizia e di rifiuto, dai più piccoli ai più grandi: non si trattava di uno Spirito del Cattivo Odore, bensì di uno Spirito del Fiume, ridotto in quelle condizioni dall’inquinamento provocato dagli esseri umani. Si tratta di una delle sequenze più forti e simboliche dell’intera opera, in cui Miyazaki ha inserito quella che è forse la tematica fondamentale di tutta la sua filmografia, ossia la cura dell’ambiente e la denuncia verso l’umanità che costantemente se ne disinteressa, distruggendo il pianeta. Sotto forma di una prova di maturità, dunque, il regista riesce a rappresentare una nuova variante sul tema ecologico, che è possibile ritrovare in tutte le sue opere, ma raramente in maniera così incisiva.
«È così che Yubaba ti controlla, rubandoti il nome»
L’identità – e di conseguenza la sua ricerca – è l’altra grande tematica dell’opera, declinata sotto diversi aspetti, a partire dagli spiriti yÅkai che abitano la città, simboli di una cultura nipponica di difficile accesso e comprensione globale per un pubblico occidentale. Lo spirito Senza-Volto, Kamagi, ma anche lo stesso Haku: sono tutti personaggi intrisi di simbologia, tasselli di un’allegoria che Miyazaki ha deciso di regalare al mondo, trasposizione di Il meraviglioso paese oltre la nebbia, romanzo di Sachiko Kashiwaba che prende vita grazie all’animazione dello Studio Ghibli e alla strepitosa e toccante colonna sonora di Joe Hisahishi.

Quel che è accaduto dopo l’uscita nelle sale del film è evidente, basti pensare che negli anni successivi, i titoli dello Studio Ghibli sono stati distribuiti in Italia: Il mio vicino Totoro (2009), Nausicaä della Valle del vento (2010), Porco Rosso (2010), Il castello nel cielo (2012), Kiki – Consegne a dimicilio (2013). Non c’è la certezza, ma probabilmente senza La città incantata nessuno di questi titoli sarebbe mai arrivato sul grande schermo: un ringraziamento a Chihiro, quindi, risulta necessario.
Lorenzo Bianchi
«Mamma, papà, non vi preoccupate, vi farò uscire di qui, ma non ingrassate troppo, altrimenti vi mangeranno!»
La storia della giovane Chihiro, che dopo aver visto i suoi genitori trasformati in maiali a causa della loro ingordigia è costretta a salvarli avventurandosi in una città misteriosa abitata solamente da spiriti, racchiude in sé alcuni degli elementi chiave della poetica dell’autore giapponese: una ragazza come protagonista, ma anche l’adulto come incapace di rispettare gli equilibri del mondo e che quindi necessita di essere punito e salvato. Chihiro/Sen è infatti una delle tante eroine che Miyazaki ha regalato al mondo del cinema, da Nausicaä (1984) a Sheeta (1986), passando per Kiki (1989) e Mononoke (1997), senza dimenticare Sophie (2004) e le sorelline Mei e Satsuki: figure forti, che con la loro semplicità e il loro sguardo differente sul mondo sono in grado di portare una nuova visione e, con essa, la salvezza. Chihiro si avventura nella città degli spiriti e accetta di lavorare per Yubaba solamente per fare in modo che i suoi genitori possano tornare ad avere sembianze umane ma, come spesso accade nel cinema di Miyazaki, il viaggio della protagonista è soprattutto un movimento psicologico, una crescita personale, un processo di maturazione che porterà la giovane ad essere consapevole delle sue capacità, riuscendo quindi a interrogarsi e porre risposte sulla sua identità.
«È lo Spirito del Cattivo Odore!»

Sen, questo il nome di Chihiro nella città incantata, trova lavoro alle terme e tra i suoi primi clienti c’è un ammasso fangoso e maleodorante, quello che sembra essere uno Spirito del Cattivo Odore. La giovane se ne occupa, lavandolo con acqua bollente e utilizzando i migliori sali da bagno a disposizione: quando, lavandolo, trova un manubrio di bicicletta che sporge dal fango. Tirandolo, è come se si aprisse un tappo, dal quale fuoriesce in successione ogni genere di sporcizia e di rifiuto, dai più piccoli ai più grandi: non si trattava di uno Spirito del Cattivo Odore, bensì di uno Spirito del Fiume, ridotto in quelle condizioni dall’inquinamento provocato dagli esseri umani. Si tratta di una delle sequenze più forti e simboliche dell’intera opera, in cui Miyazaki ha inserito quella che è forse la tematica fondamentale di tutta la sua filmografia, ossia la cura dell’ambiente e la denuncia verso l’umanità che costantemente se ne disinteressa, distruggendo il pianeta. Sotto forma di una prova di maturità, dunque, il regista riesce a rappresentare una nuova variante sul tema ecologico, che è possibile ritrovare in tutte le sue opere, ma raramente in maniera così incisiva.
«È così che Yubaba ti controlla, rubandoti il nome»
L’identità – e di conseguenza la sua ricerca – è l’altra grande tematica dell’opera, declinata sotto diversi aspetti, a partire dagli spiriti yÅkai che abitano la città, simboli di una cultura nipponica di difficile accesso e comprensione globale per un pubblico occidentale. Lo spirito Senza-Volto, Kamagi, ma anche lo stesso Haku: sono tutti personaggi intrisi di simbologia, tasselli di un’allegoria che Miyazaki ha deciso di regalare al mondo, trasposizione di Il meraviglioso paese oltre la nebbia, romanzo di Sachiko Kashiwaba che prende vita grazie all’animazione dello Studio Ghibli e alla strepitosa e toccante colonna sonora di Joe Hisahishi.

Quel che è accaduto dopo l’uscita nelle sale del film è evidente, basti pensare che negli anni successivi, i titoli dello Studio Ghibli sono stati distribuiti in Italia: Il mio vicino Totoro (2009), Nausicaä della Valle del vento (2010), Porco Rosso (2010), Il castello nel cielo (2012), Kiki – Consegne a dimicilio (2013). Non c’è la certezza, ma probabilmente senza La città incantata nessuno di questi titoli sarebbe mai arrivato sul grande schermo: un ringraziamento a Chihiro, quindi, risulta necessario.
Lorenzo Bianchi