Nella settimana in cui inizia l’edizione 2019 del Cinema Ritrovato di Bologna, la nostra classifica è dedicata proprio alla storia del cinema: un viaggio che ci porta a 100 anni fa, andando a vedere quelli che sono per noi i migliori tre film usciti nel 1919.

Giglio infranto è uno dei film più amati e celebri di David W. Griffith, che ha stupito, spettatori allora e storici e studiosi del cinema ancora oggi, grazie alle sue innovazioni registiche. Con Giglio infranto, Griffith non interrompe questo trend e alle splendide trovate fotografiche, con l’illuminazione (delle scenografie e sui volti degli attori) che acquista uno spessore narrativo, aggiunge un nuovo sguardo sul modo di raccontare una storia. Perché la storia di amicizia tra la ragazzina e l’immigrato cinese diventa occasione per inscenare qualcosa di nuovo: il rapporto tra due outsider, la conoscenza di una diversa cultura, l’allusione sessuale.
Qui la nostra recensione completa.

Tratto dal lavoro teatrale The Admirable Crichton di J.M. Barrie (l’autore di Peter Pan), Maschio e femmina è un’operazione di straordinaria importanza: corrosivo, cinico e sarcastico è un film che guarda e giudica, con ironia e amarezza, il mondo dell’alta società del ventesimo secolo. I sentimenti vengono messi da parte, nella moralistica realtà di tutti i giorni, mentre possono esplodere in un universo altro, esotico, dove ogni “regola sociale� viene meno e la passione animalesca può prendere il sopravvento. Saloni eleganti e giungla selvaggia: Cecil B. DeMille procede per opposizioni (anche interni-esterni, oppure, “maschio-femmina�) dando vita a una pellicola spietata che sarà un vero modello per le commedie sofisticate degli anni Trenta (e siamo, soltanto, nel 1919).
Qui la nostra recensione completa.

Abel Gance scrive e dirige un dramma bellico, dai toni funerei e sentimentali allo stesso tempo, in cui la storia (privata) dei tre personaggi si mescola alla Storia e a una delle sue principali tragedie: la Prima guerra mondiale. Tra i primi (grandi) film pacifisti della settima arte, Per la patria è un grido di accusa (il titolo originale, J’accuse! viene più volte ribadito nel corso della pellicola) che, ancora oggi, colpisce e non può lasciare indifferenti. Se il messaggio è già di estrema importanza (lo scontro bellico era finito soltanto un anno prima), ciò che stupisce è la visionaria e sublime messa in scena del regista francese: montaggio rapido, sovrimpressioni, un ritmo più musicale che cinematografico, sono soltanto alcune delle scelte stilistiche che l’autore ha chiamato in causa. Col passare dei minuti la pellicola si fa sempre più debordante, ambiziosa, eccessiva: Gance sceglie di non mettere un freno, ma di spingere sempre più sul pedale dell’acceleratore, puntando su immagini simboliche (come la memorabile “danza degli scheletri�) in grado di creare significati che riflettano la mente impazzita del poeta Jean Diaz, il quale, a causa della guerra, non riesce più a distinguere tra sogno e realtà.
Qui la nostra recensione completa.
Tags
Classifiche