Le migliori sequenze cinematografiche ambientate in spiaggia
30/07/2021

Estate, tempo di mare, di sole... di spiaggia. La spiaggia, emblema di spensieratezza e vacanze, è un luogo assai frequentato dalla settima arte in varie declinazioni: romantica, spensierata, catartica, simbolica, tenebrosa. Per celebrare il periodo estivo, ecco 10 memorabili sequenze cinematografiche (più una), in rigoroso ordine cronologico, ambientate in spiaggia!


10) Da qui all'eternità (1953)

Tratto dall'omonimo romanzo di James Jones (1951). Sullo sfondo di uno dei più drammatici episodi della storia bellica americana, l'attacco giapponese a Pearl Harbor (splendido climax narrativo del finale), si snoda quello che è forse il mélo di ambientazione militare per eccellenza. Molto critico nei confronti del vessatorio universo marziale, animato da dosi di sensualità e violenza insolite per l'epoca, è un intenso racconto corale i cui protagonisti sono tutti outsider, a partire dal tormentato antieroe incarnato da Clift. Il torrido bacio nella risacca tra Lancaster e la Kerr resta una delle scene d'amore più sexy della storia del cinema


9) A qualcuno piace caldo (1959)

Giunto alla sua sedicesima pellicola e dopo una carriera già costellata di opere che hanno segnato la storia del cinema, Billy Wilder riesce nel magico compito di dare vita a quella che alcuni critici hanno descritto come “il film perfetto” o “la più grande commedia della storia del cinema”: è nella capacità di rendere, attraverso il filtro della commedia, leggeri e non scandalosi temi come le stragi dei gangster e, soprattutto, l'omosessualità latente in ogni persona, che il regista si rivela un vero e proprio genio del cinema, allo stesso tempo malizioso e pungente, delicato e spregiudicato. Le sequenze da antologia non si contano: tra queste, l'incontro/scontro in spiaggia tra Monroe/Zucchero e Curtis/Joe/Josephine/Junior.


8) La dolce vita (1960)

All'alba degli anni '60, una scossa tellurica senza precedenti nella storia del costume italiano, sia sociale che cinematografico. Autentico film-simbolo di un'intera epoca, chiacchieratissimo già a suo tempo, fondamentale per comprendere lo slancio definitivo dell'Italia del boom ormai proiettata verso la perdita dell'innocenza. Summa dello spirito del suo tempo ma anche contenitore di un campionario umano doloroso e contemporaneo, nel quale la fama e l'apparenza sono analgesici passeggeri per uno strazio più grande e non momentaneo. Da brivido la scena finale sulla spiaggia, metaforica conclusione che allude con dolcezza al concetto di speranza.


7) Agente 007 – Licenza di uccidere (1962)

1962, la nascita di un mito. Con la trasposizione cinematografica del sesto romanzo dello scrittore britannico Ian Fleming, si è affacciato sul grande schermo un modello di spy-story che, manipolando gli abituali stilemi del genere, diventerà un modello di riferimento negli anni successivi, tanto da generare la saga più longeva della storia del cinema. Avvincente cocktail di avventura, esotismo e raffinata ironia, il film mette in scena con ritmo sostenuto ed eleganza formale una vicenda smaccatamente inverosimile che racchiude il meglio del cinema d'evasione dell'epoca. Indimenticabile Ursula Andress, “vedova nera” fragile e sensuale che emerge dall'acqua in bikini bianco.


6) Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare d'agosto (1974)

Tra avventura, sentimento e satira politica, Lina Wertmüller dirige e sceneggia una commedia caustica e grottesca, perseguendo con coerenza la sua idea di cinema sociale. La lotta di classe trova compimento nell'azzurro mare sardo: l'isola deserta dove i due protagonisti riparano si fa metafora geografica di un mondo primordiale, libero e scevro dalle sovrastrutture sociali, dove l'unica realizzazione possibile diventa l'ostinato istinto di sopravvivenza. La società moderna, vista come ingranaggio deformante che crea squilibri tra l'onnipotenza borghese e la disperazione proletaria, diventa quindi il mezzo primario per denunciare le imprescindibili contraddizioni nazionali. Da antologia i siparietti tra Giannini e Melato.


5) Lo squalo (1975)

Tra i maggiori successi commerciali della storia del cinema, Lo squalo (letteralmente “Fauci” secondo il titolo originale) è il film che ha segnato la definitiva consacrazione internazionale per il regista Steven Spielberg che con questo suo terzo lungometraggio dà ulteriore conferma di possedere una invidiabile padronanza dei mezzi espressivi. Debitore verso il cinema di Alfred Hitchcock sotto diversi aspetti, dal montaggio ai movimenti di macchina, alla celebre colonna sonora (firmata da John Williams) che cadenza i momenti di massimo terrore e preannuncia il pericolo prossimo. Come nella celebre sequenza del primo attacco in spiaggia.


4) Un mercoledì da leoni (1978)

Dodici anni di vita e di storia americana sono racchiusi in quattro capitoli corrispondenti ad altrettanti grandi mareggiate (1962, 1965, 1968, 1974): a ogni onda, calare la tavola in mare è il modo migliore per dimenticare un attimo che la vita vera è lì, a presentarti il conto. Il terzo film di John Milius, forse il suo migliore in assoluto, è il più classico e profondamente americano dei coming of age, ode nostalgica all'età dell'innocenza ed esempio perfetto di cult cinematografico: le sequenze tra i cavalloni tolgono ancora il fiato, ma il vero punto di forza è la vena di disillusione e amarezza che percorre tutta la pellicola, e resta nel cuore. Ancora insuperate le scene in mare, con menzione per una sequenza finale pervasa da un desiderio di riscatto da brivido.


3) Point Break – Punto di rottura (1991)

Cult imprescindibile degli anni Novanta, rivela tutte le qualità della quarantenne Kathryn Bigelow, all'epoca moglie di James Cameron che qui opera in veste di produttore esecutivo. Con un notevole talento visivo e la capacità di costruire un ritmo serrato, l'autrice riesce a lasciare un segno indelebile nel genere action – caso rarissimo per una regista donna nel cinema americano – plasmando le logiche del poliziesco a una storia di sfida quasi ancestrale tra due uomini, tra ordine e caos, tra uomo e natura. Adrenalina a fiumi, inseguimenti forsennati, riprese vertiginose, suggestive sequenze di surf e paracadutismo: il vero cuore del film è però il fascino dei suoi personaggi, la dicotomia tra Johnny e Bodhi, la sfrontata epica borderline che domina fino a un finale indimenticabile... In spiaggia, ovviamente.


2) Sonatine (1993)

Giunto alla quarta esperienza registica, Takeshi Kitano torna a raccontare, dopo Il silenzio sul mare (1991), le vicende di un gangster, stavolta alle prese con un universo che non gli appartiene più e al quale vorrebbe sfuggire. Ma, a differenza di quanto avvenuto nelle opere precedenti, il genere dello yakuza-eiga viene destrutturato e i suoi codici filtrati e riletti alla luce della poetica autoriale. Il film, scandito da continue ellissi, si staglia in un tempo diegetico immobile, all'interno del quale l'esistenza dei protagonisti è messa in stretta relazione con la morte, quanto mai necessaria e ricercata in maniera attiva: nelle sequenze di gioco sulla spiaggia c'è tutto il desiderio di "fermare" il tempo per godersi quegli ultimi momenti prima di una fine ormai certa.


1) Lezioni di piano (1993)

Attraverso il consueto sguardo sensibile e viscerale, Jane Campion dirige un potente dramma di fosco romanticismo che contrappone pulsione sessuale e purezza virginale, assordante silenzio e parola, innocenza e colpevolezza, sopraffazione e sottomissione. Cinema e letteratura trovano un punto di contatto nella musica, la forma d'arte più pura, poiché presente in natura al di là dello strumento che la produce. Un inno alla vita, prima ancora che uno straordinario ritratto femminile. «Io non penso a me come una creatura silenziosa, e questo grazie al mio pianoforte»: un piano abbandonato sulla spiaggia, la musica sul mare.


Bonus: Old (2021)

Una famiglia parte per una vacanza in un resort di lusso. Da poco arrivati in questo vero e proprio paradiso terrestre, genitori e figli si avventurano, su consiglio del responsabile dell’albergo, in una piccola spiaggia misteriosa e affascinante. Solo in apparenza... Attraverso una regia che gioca meravigliosamente col fuori campo, per continuare a riportarci a un ambiente respingente e sublime allo stesso tempo, M. Night Shyamalan crea un lungometraggio ad alta tensione, che gioca con le dinamiche tipiche del cinema di Hitchcock fin dai titoli di testa (i cui font sembrano invecchiare come i personaggi in scena). Mai spiaggia fu meno rilassante e vacanziera.

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