News
I 5 migliori film di Michelangelo Antonioni

La maggior parte dei registi mente, ne sono profondamente convinto.
È così facile servirsi del cinema che pochissimi, oggi, arrivano a dimenticare l'efficacia del mezzo che hanno tra le mani.


Il 29 Settembre 1912 nasceva Michelangelo Antonioni, uno dei più grandi nomi dell'autorialità italiana. Padre di quel cinema dell'incomunicabilità che ne ha fatto un simbolo inimitabile della nostra storia, il suo corpus di opere si impone in quello scenario artistico che segnò il passaggio dal neorealismo a una nuova, disillusa epoca del cinema italiano come un unicum.

Per celebrarlo al meglio, ecco la nostra classifica dei suoi cinque film migliori:

5) Professione: reporter (1975)

Terzo lungometraggio girato da Antonioni fuori dall’Italia dopo Blow-Up (1966) e Zabriskie Point (1970). Abbastanza lontano dai temi ricorrenti del cineasta ferrarese e basato su un soggetto di Mark Peploe è un apologo sui concetti di identità e di libertà, filmato con consumata eleganza da un Antonioni formalmente ineccepibile. Attraverso una dilatazione del ritmo che lascia spazio ai silenzi e alla contemplazione, il cineasta traccia la parabola del protagonista in tre movimenti: la condizione iniziale di sconfitta e di stallo; il cambio di identità; la morte.

4) La notte (1961)

Secondo capitolo della “trilogia dell’incomunicabilità”, realizzato a un anno di distanza da L’avventura (1960), sviluppa ed elabora in modo diverso quelle che si delineano come costanti nel cinema del maestro romagnolo. In una società svuotata di senso e privata di ogni capacità di comunicazione, solo alcune donne conservano una residua, e dolorosa, capacità di comprensione. La poetica intellettuale di Antonioni si fa qui ancora più rarefatta e l’indagine dei sentimenti assume i tratti dell’apologo metafisico, affascinante nel suo abbandonarsi a soluzioni imperscrutabili.

3) L'eclisse (1962)

Terzo e ultimo capitolo della cosiddetta “trilogia dell’incomunicabilità”, dopo L’avventura (1960) e La notte (1961), è il punto di arrivo di quel percorso di ricerca formale, tendente all’astrazione, che da Il grido (1957) in poi ha contraddistinto il cinema di Antonioni. Uno dei più fulgidi esempi di cinema italiano dal respiro internazionale, fondamentale nel contribuire a quella frattura artistica dei primi anni ’60 che innovò la Settima arte proiettandola verso la modernità. Frutto di una maturità stilistica ormai pienamente raggiunta, è l’ultimo film in bianco e nero girato dal cineasta ferrarese.

2) Blow-Up (1966)

Liberamente ispirato al racconto Le bave del diavolo di Julio Cortázar, è il film che ha segnato la svolta internazionale più profonda nella carriera del cineasta emiliano, imponendo il suo nome all’attenzione del pubblico anglofono. Substrato teorico alla base del progetto è la natura elusiva e polisemica delle immagini. Meno ostico rispetto alle sue precedenti opere e in grado di trasformarsi in vero e proprio fenomeno di costume, fu un caso eccezionale di film d’autore realizzato nella massima libertà creativa all’interno di una grossa major come la Metro-Goldwyn-Mayer.

1) L'avventura (1960)

Capitolo iniziale della cosiddetta “trilogia dell’incomunicabilità”, segna il primo grande punto di svolta nella carriera di Michelangelo Antonioni. Lo sperimentalismo linguistico verso cui cominciava a tendere il cinema del maestro romagnolo sul finire degli anni ’50 con questo film raggiunge un nuovo vertice. Il paesaggio diventa l’elemento chiave all’interno di uno stile che si articola attraverso una serie di negazioni. Tutto concorre a delineare uno spazio di crisi. Una straordinaria esperienza sensoriale, tanto impegnativa quanto appagante.

Maximal Interjector
Browser non supportato.