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I 10 migliori film di François Truffaut

«Chiedo che un film esprima la gioia di fare cinema o l'angoscia di fare cinema, e mi disinteresso di tutto ciò che sta nel mezzo.»


Il 6 febbraio 1932 nasceva uno dei più importanti autori del cinema francese, protagonista di una nuova corrente cinematografica, la Nouvelle Vague, destinata a lasciare un segno indelebile. Regista, sceneggiatore, produttore, attore, segnato da un'infanzia travagliata (il padre biologico non lo riconosce, il rapporto con la madre è complicato così come quello con l'istituzione scolastica), François Truffaut trova uno sfogo nella passione per il cinema, che gli consente un'evasione dal reale. Arte e vita che si specchiano e si intersecano, alla ricerca di una verità malinconica, appassionata, poetica. Oggi Truffaut avrebbe compiuto 89 anni: per omaggiarlo, ecco una classifica dei suoi 10 migliori film!



10) La mia droga si chiama Julie (1969)



Girato in ordine cronologico, La mia droga si chiama Julie è un film a metà strada tra il thriller psicologico e il dramma sentimentale, capace di avvincere lo spettatore fin dalle sequenze iniziali che restituiscono con grande realismo quel conturbante alone di mistero che pervade la pellicola. In quest'opera, François Truffaut esplicita il tema della conoscenza, rappresentando la tensione erotica che si crea tra i due protagonisti con ardente palpito ma senza distruttività.



9) Fahrenheit 451 (1966)



Tratto dal romanzo omonimo di Ray Bradbury (scritto negli anni Cinquanta, in pieno maccartismo), il film segna una vera e propria svolta nel percorso artistico di François Truffaut, finora avverso al genere fantascientifico. L'oggetto libro, da sempre una passione del regista, diventa qui il pretesto per ragionare sul valore della «scrittura intesa come asservimento, quando questa è privilegio di pochi, scrittura come liberazione nelle mani di chi libero non è» (Alberto Barbera, Umberto Mosca).



8) La calda amante (1964)



«La tragedia del conformismo, dell'incapacità storica ed esistenziale di realizzare se stessi contro le limitazioni che soffocano le esistenze piatte dei protagonisti» (Alberto Barbera, Umberto Mosca). Affrontando la tematica della crisi coniugale, François Truffaut riesce nell'arduo compito di descrivere azioni e situazioni senza schierarsi con nessuno dei personaggi, grazie soprattutto a una misurata sceneggiatura priva di qualsiasi eccesso e frutto di una consapevole decostruzione. Lo stile, elegante e raffinato, fa il resto. All'epoca sia il pubblico che la critica riservarono al film una cattiva accoglienza, a dir poco immeritatamente.



7) L'uomo che amava le donne (1977)



Con L'uomo che amava le donne, François Truffaut mette a fuoco alcune tematiche chiave del suo cinema (quella sentimentale in primis) con una trasparenza psicologica davvero efficace, dimostrando di possedere una padronanza totale del racconto e del mezzo cinematografico. L'opera racchiude la frase che ha segnato l'intera filmografia del critico dei Cahiers du Cinéma: «le gambe delle donne sono dei compassi che misurano il globo terrestre, in tutte le direzioni, donandogli il suo equilibrio e la sua armonia».



6) L'ultimo metrò (1980)



In Francia sono stati realizzati moltissimi film sulla Seconda guerra mondiale e sull'occupazione nazista, ma nessuno vanta lo stile sontuoso di L'ultimo metrò di François Truffaut. Pur concedendosi qualche libertà nella ricostruzione storica, offrendo svariati dettagli sulla vita quotidiana della Francia sotto occupazione, il regista ricrea con vivido realismo l'atmosfera dell'epoca con canzoni, abiti e altri oggetti, animando il pittoresco ambiente teatrale tramite giocose assonanze tra il film e la messa in scena dello spettacolo di prosa. Elaborazione visiva del film inteso come “oggetto perfetto”, dove ogni particolare è curato scrupolosamente.



5) Adele H., una storia d'amore (1975)



Storia di una ossessione amorosa “nel nome del padre” (Adele, i cui diari, ritrovati nel 1955, sono stati utilizzati da François Truffaut per realizzare il film, è infatti la secondogenita dello scrittore Victor Hugo), è un melodramma sulle passioni umane con al centro un'eroina d'altri tempi (interpretata con magistrale introspezione da Isabelle Adjani), malata d'amore, che combatte senza un attimo di tregua una battaglia che sembra persa già in partenza. Moderno elogio della follia, Adele H. è pervaso da un alone di funerea malinconia che lo caratterizza a fondo, fino a elevarlo a saggio sulla caducità dei sentimenti.



4) Effetto notte (1973)



Il regista Ferrand (Truffaut) è alle prese con la lavorazione del film Je vous présente Pamela: sul set, le storie private degli attori si sovrappongono alla miriade di situazioni che il microcosmo della troupe deve fronteggiare. Opera tra le più celebri di François Truffaut, Effetto notte si basa su due storie che si intrecciano tra loro: da un lato viene mostrata la vicenda personale della troupe con le loro dispute, riconciliazioni, problemi intimi. Parallelamente, si svolge l'iter della pellicola, il cosiddetto “film nel film”. Una vera e propria lettera d'amore dedicata al cinema e alle sue infinite possibilità tecniche.



3) Jules e Jim (1962)



«M'hai detto: ti amo. Ti dissi: aspetta. Stavo per dirti: eccomi. Tu m'hai detto: vattene». Se il cinema è l'arte della registrazione, non solo di oggetti, ma anche di forme visive, di suoni e di emozioni intense, Jules e Jim, terzo lungometraggio di François Truffaut, ne è l'esempio lampante. L'opera registra infatti una realtà in cui i sentimenti e i gesti si intersecano sullo sfondo di una guerra imminente, portatrice di desolazione e sofferenze. Il film, che a tratti assurge a poesia sulle stagioni dell'amore, è nato dalla passione che lo stesso Truffaut nutriva per Jeanne Moreau, eletta dal regista come sua musa ispiratrice



2) La signora della porta accanto (1981)



Penultimo film di François Truffaut, La signora della porta accanto nasce da un'idea che il raffinato cineasta francese serbava da molto tempo: mettere di fronte un uomo e una donna che si sono già amati in passato. Ciò che emerge è un rovente dramma sentimentale dai toni accesi e fiammeggianti che presenta il tema dell'amour fou con una straordinaria forza e con un'impetuosità che non è esagerato definire epocale. Ancora una volta, per Truffaut, l'amore e la morte vanno a braccetto, e nel dramma a tinte fosche si innesta una potente riflessione sul valore dei sentimenti umani che sopravvivono a distanza di anni, ritrovandosi più forti e incandescenti di prima. Abbagliante.



1) I quattrocento colpi (1959)



Il folgorante esordio di François Truffaut, che vinse il premio per la miglior regia al Festival di Cannes nel 1959 e portò il suo autore alla ribalta della scena internazionale. Il giovane protagonista di I quattrocento colpi è una versione finemente trasposta e autobiograficamente connotata dell'autore stesso, che, alcuni anni dopo l'uscita del film, rivelò di avere aumentato l'intensità espressiva dell'allora quindicenne Jean-Pierre Léaud, in modo a dir poco geniale e da grande direttore d'attori, unendosi a lui in un patto segreto contro il resto del cast e della troupe; operazione decisamente riuscita, visto che si tratta di una delle vette della storia del cinema francese e mondiale, un poema per immagini sulla solitudine di un ragazzo che sconta nell'angoscia l'indifferenza e l'ingiustizia di adulti incapaci di dargli ascolto e soprattutto affetto, sordi alle sue esigenze, impossibilitati a cogliere la ricchezza e la vitalità del suo spirito inquieto. Il finale, con il celebre frame-stop sullo sguardo in macchina del giovane protagonista, è rimasto giustamente nella memoria collettiva, oltre che, naturalmente, in ogni manuale di storia del cinema che si rispetti.

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