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Guida perversa al cinema: fuggire dalla realtà per rifugiarsi nell’incubo della fantasia

È nel grande schermo, nella sua promessa di evasione, che i cinefili di tutto il mondo trovano rifugio da una realtà un po’ insoddisfacente. Come ci ricorda Godard all’inizio de Il disprezzo (1963), “Il Cinema, diceva André Bazin, sostituisce al nostro sguardo un mondo che si accorda ai nostri desideri”; abbiamo citato il regista francese ma sono numerosi, e spesso illustri, i nomi di registi che si sono interrogati sulla vera essenza della settima arte e di come quest’ultima si relazioni alla realtà.
Fra i documentari disponibili su Amazon Prime Video è presente una vera e propria perla: Guida perversa al cinema (2006), diretto da Sophie Fiennes e scritto dal filosofo Slavoj Zizek. Attraverso un’interessantissima analisi dei film che hanno fatto la storia del cinema, il filosofo sloveno, destreggiandosi tra ragionamenti sulla psicologia dei personaggi e ardite interpretazioni, riflette proprio sulla componente fantasmatica e la sua relazione con il mondo reale.



La realtà è imperfetta e spesso insoddisfacente e, proprio per questo motivo, noi tutti abbiamo bisogno del supporto delle nostre illusioni (nello splendido finale di Ombre e nebbia di Woody Allen, le battute conclusive risultano quantomai veritiere: “È vero, tutti amano le proprie illusioni” “Amano? Hanno bisogno, come di aria che respirano”).
Nella finzione troviamo qualcosa di profondamente reale, tanto da consegnare all’immaginazione la funzione fondamentale di sorreggere il mondo che ci circonda. Al mondo fantasmatico si lega, inevitabilmente, la sfera sessuale. Sono interessantissime le considerazioni di Zizek a questo riguardo: l’uomo ha necessità di collocare il destinatario del proprio desiderio sessuale all’interno di una cornice di fantasia.



Analizzando Solaris (1972), diretto da Andrej Tarkovskij, lo spettro della moglie del protagonista è depauperato della propria individualità; vive, infatti, in funzione del marito, in quanto proiezione mentale dei suoi ricordi e dei suoi più profondi e osceni desideri. La fantasia maschile viene così messa alla berlina, risultando oscena e meschina. Ed è proprio qui che Zizek introduce un altro aspetto fondamentale: quando le nostre fantasie vengono realizzate, esse si trasformano in incubi. È il caso di Scottie, il protagonista di La donna che visse due volte (1958) diretto da Alfred Hitchcock, e del suo morboso rapporto con Madeleine/Judy. Il personaggio interpretato da James Stewart è ossessionato dalla trasformazione, dall’atto di rivivere il passato e, in questo suo venefico tentativo di riportare in vita Madeleine, si nasconde il mortifero effetto di uccidere Judy. Soltanto a seguito di questo processo di mortificazione della donna, Scottie riuscirà a relazionarsi con la partner.



Arrivati a questo punto il filosofo sloveno fa un importante distinguo tra la necessità dell’uomo di collocare all’interno di una cornice fantasmatica il (s)oggetto del proprio desiderio e il modo in cui la donna si relaziona con il proprio mondo della fantasia. La sensualità femminile, sostiene Zizek con un ardimentoso spunto, si esprime attraverso le parole. Conosciamo già la straordinaria potenza evocativa del linguaggio, capace di far affiorare immagini dal buio dell’inesistenza; Zizek ci presenta due straordinari esempi di come la narrazione sia usata dalla donna in maniera estremamente erotica. Il primo di questi lo troviamo in Persona (1966) di Ingmar Bergman: la scena del racconto di un’esperienza passata è carica di sensualità proprio perché il regista svedese non cede alla tentazione di accompagnare le parole di Alma con immagini, dal momento che sono le parole la vera essenza dell’erotismo. Altro esempio illustre coinvolge le fantasie di Nicole Kidman in Eyes Wide Shut (1999) di Stanley Kubrick. Il sogno del tradimento di Alice tormenta il dr. William: l’intero film altro non è che il tentativo del protagonista di entrare nella fantasia della moglie e riportare equilibrio nella propria cornice fantasmatica. La fantasia maschile soccombe rispetto a quella femminile, estremamente più carnale e passionale: l’orgia nella quale viene catapultato il dr. William è asettica, figlia di una fantasia sterile.



Realtà e finzione sono quindi indissolubilmente legate tra loro, in un rapporto di dipendenza reciproca: chi non è abbastanza forte da affrontare la realtà utilizza il sogno come luogo in cui evadere e rifugiarsi. È altresì possibile, però, che nei sogni si possano celare “realtà peggiori” ed è proprio questo lo scopo del mondo reale: dare rifugio a chi non riesce a sopravvivere ai propri sogni.

Simone Manciulli

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