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Marco Bellocchio ospite speciale alla Festa del Cinema di Roma
Tra gli ospiti speciali più attesi della Festa del Cinema di Roma 2021 c'è sicuramente Marco Bellocchio, che ha preso parte a un degli Inconti Ravvicinati con il pubblico per raccontarsi partendo dai primissimi anni nel mondo del cinema e alcune storie dietro il suo documentario in uscita Marx può aspettare.


Attori amati e attori rimpianti 

Nel ‘52-‘53 m’innamorai di Marlon Brando in Fronte del porto, non in senso omosessuale, ma volevamo imitarlo tutti. James Dean è stata la mia adolescenza. Quando a vent’anni venni a Roma a studiare avevo una diffidenza verso quei cinque considerati i più grandi. Facevano grandi film ma anche una commedia con cui io non mi relazionavo. Mi sono accorto tardi che poteva essere una ricchezza, invece ho diretto Mastroianni una sola volta e una Volonté che però era un attore a parte. Potevo prendere Tognazzi per esempio per La Cina è vicina, sono contento però di aver preso Glauco Mauri che poi è tornato al teatro. Avevo una diffidenza provinciale verso questi attori, non come Ferreri che sapeva usarli, ma non ne ho nessun rammarico, semplicemente è andata così. All’epoca costituivano quello che oggi non esiste più cioè il box office, averli nel cast in buona probabilità garantiva un buon incasso.


Il melodramma


Il melodramma ha avuto per me una forza molto formativa. Vincere è un film che racconta molto quest’impeto, e il melodramma vi è rientrato in una forma più seria, meno ridica, sprezzare, sarcastica. Lo stesso Visconti, sedicente comunista, sebbene non fosse la sua formazione lo guardava con ammirazione. Ho realizzato per i cent’anni della morte di Verdi anche e un piccolo documentario su La traviata, Addio del passato, cui sono molto affezionato. 

La rivalità Piacenza - Parma 

Piacenza e Parma si contendono Verdi, ma Piacenza arriva sempre dopo Parma che era già una capitale. Piacenza è sempre stata seconda in questo, ma anche nei fasti cinematografici, se pensiamo a Bertolucci e se pensiamo a… (ride, ndr) noi siamo gente più tranquilla, più modesta. Io sono nato a Piacenza, ma Bobbio è dove ho fatto tante esperienze di vita e di rapporti, compresi i corti che realizzo da un po’ di anni coi giovani d’estate: brevi storie fatte con poco, che si risolvono in poco più di una settimana. Entro questi limiti ne sono uscite riflessioni di una certa profondità per me. 

La scelta di Lou Castel ne I pugni in tasca

A volte si sa già chi interpreterà un ruolo, mentre in quel caso non sapevamo chi potesse essere. Vidi un giovane alla mensa del Centro Sperimentale e mi sembrò avesse un volto molto bergmaniano, frequentava regia al Centro Sperimentale da esterno, gli facemmo un provino e andò bene. Il suo non essere per niente del nord, per niente bobbiese e per niente italiano dette qualcosa in più. Molto spesso quando si fanno i film si trovano gli attori all’ulimo momento, anche Salto nel vuoto avrebbe dovuto farlo Philippe Noiret ma all’ultimo momento dovette rinunciare e venne fatto il nome di Michel Piccoli, che entrò nel cast appena due tre settimane prima.


Il rapporto con Marcello Mastroianni

L’avevo incontrato due o tre volte, con gli attori capitava a volte che si eclissassero. Uscivamo da un film produttivamente disastroso, Gli occhi, la bocca, che non fece una lira, e anche lui non era più in auge perciò accetto a condizioni per noi vantaggiose. Era un uomo triste, molto triste, ma impeccabile, e aveva un grandissimo talento. Non faceva nessuno sforzo a scandire e dare significato, impeto oppure discrezione a quello che diceva. Era riservato, dormiva poco, la sera stava coi ragazzi, fumava ininterrottamente le sue Nazionali. Al mattino si presentava al trucco, un po’ dormiva, ma era impeccabile professionalmente. Certi attori acchiappano il personaggio e vanno avanti da soli, non c’era da dire nulla, al massimo “vai di qua vai di là”. Ho avuto con lui un rapporto di sincerità ma, come spesso accade, finito il film l’attore scompare. Ma è giusto che sia così, torna agli affetti, alla famiglia. Ed è raro per me mantenere una frequentazione assidua con un attore. Poi magari ci si vede al festival o in circostanze specifiche, ma lui andava per la mia strada e io per la mia. 

Vincere

Il film non si interessa tano alla complessità psicologica di Mussolini ma a come una donna non accetta di essere messa da parte da Mussolini, interessato solo al potere fino alla fine della sua dittatura e alla sua morte. Virgilio Fantuzzi (prete appena mancato) ammirava che pur ritenendomi io un miscredente e un ateo ci fosse in me un fondo di teismo e di religiosità. Secondo lui Mussolini dice “Sì, Dio non esiste!”, gli dà cinque minuti per fulminarlo e siccome non lo fulmina non esiste, alla fine del film, stando al buon gesuita, dio attende trenta quarant’anni per schiacciarne il busto metallico. Come se in quel momento Dio dicesse io esisto, ti condanno e ti castigo. Un’interpretazione acrobatica da buon gesuita per dimostra che io credo in Dio. Sostena anche se non fossi stato interessato al mondo della religione non avrei fatto un film come L’ora di religione. Su quel film c’è stata una discussione, molti cattolici l’hanno trovato stimolante e coinvolgente. La bestemmia del personaggio per due volte è parsa a molti una negazione che implica un coinvolgimento in questo tipo di problematica, altrimenti secondo loro non avrei avuto bisogno di mettere in campo questo tipo di scena. Questa è un’interpretazione di sacerdoti che hanno visto nell’urlo del fratello che bestemmia l’urlo di Cristo sulla croce. Con Virgilio anche senza frequentarci molto siamo rimasti molto amici e ho provato un profondo dolore quanto è morto.


Esterno, notte 

Buongiorno, notte era un film tutto interno alla prigionia di Moro. Qui invece si cerca di guardare fuori. La serie ha un suo andamento classico che parte dalla strage e sta sui personaggi che vivono esternamente la prigionia di Moro: Cossiga, Zaccagnini, Andreotti, Eleonora Moro e anche i terroristi, fino all’epilogo. Questa è la traccia. 

A cura di Davide Stanzione 

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