Psyco: il Motel è la mente di Norman Bates dove convivono Eros e Thanatos
16/06/2020
Inafferrabile, Psyco è uno dei capolavori del cinema che anche dopo 60 anni dalla sua uscita nelle sale non smette di porre interrogativi, regalare significati, donare nuove visioni, con quest’ultimo termine a ergersi come fil rouge universale nella filmografia di Alfred Hitchcock. Dopo l’enorme successo di Intrigo internazionale (1959), il regista rimane folgorato dalle pagine di Robert Bloch, a sua volta ispirato dalle vicende di Ed Gein, in un periodo in cui gli studi psicanalitici non erano sviluppati quanto lo sono oggi e in cui la mente di un serial killer rappresentava ancora di più un mistero. In tema di misteri, la verra domanda quindi è: chi è il protagonista di Psyco? Norman? Marion? Forse entrambi, magari nessuno dei due. Mistero.

Una giovane ragazza fugge con una somma di denaro e trova rifugio presso un Motel lungo la strada. Ad accoglierla, un giovane di bell’aspetto, di buone maniere, che, tuttavia, sembra nascondere qualcosa sotto la sua patina di gentilezza ostentata. Che sia attratto da lei? Senza dubbio, ma occorre fare un passo indietro, alle primissime sequenze del film, che si apre con Marion a letto con un uomo: in tempi di Codice Hays non fu facile far approvare questa sequenza (come molte altre, per ragioni differenti) che indubbiamente porta con sé la dimensione di Eros, per utilizzare il termine di Sigmund Freud. Sappiamo bene che la sua controparte, Thanatos, non tarderà ad arrivare. In proposito, lo stesso regista ha rivelato a François Truffaut in Il cinema secondo Hitchcock che «Janet Leigh non avrebbe dovuto portare il reggiseno» e che «questa scena sarebbe stata più interessante se il seno della ragazza si fosse strofinato contro il petto dell’uomo». Inoltre, Mauro Giori in Alfred Hitchcock - Psyco (Lindau, 2009) ha posto l’accento sull’«intrufolarsi voyeuristico della macchina da presa» nella camera da letto. Sarà solo il primo di tanti, in questo film, e a cambiare sarà solo il soggetto dello sguardo (da noi a noi con Norman) ma non l’oggetto: lei.

Torniamo quindi a Norman Bates e al Motel, che può esser visto come la proiezione materiale e metaforica della sua psiche disturbata. E Hitchcock è quasi sadico nel giocare con lui, con lei e con noi, che osserviamo il tutto: in diverse occasioni ha spiegato la differenza che corre tra suspense e sorpresa e nel caso di Psyco è sorprendente come le applichi entrambe. Siamo portati a chiederci se Marion riuscirà a fuggire con i 40.000 dollari senza farsi prendere dalla polizia (suspense) ma non siamo pronti al fatto che venga uccisa così brutalmente nella celeberrima sequenza della doccia (sorpresa). Thanatos entra finalmente in scena, dopo esser rimasto represso per buona parte del film, e come introdurlo se non con un montaggio forsennato pensato per aggirare la censura e che, a posteriori, risulta una delle tante sequenze memorabili e rivoluzionarie del cinema hitchcockiano. Non sarà il primo omicidio, perché anche la morte di Arbogast, travestita da semplice atto violento funzionale alla trama, nasconde una metafora nei modi e nei luoghi in cui avviene: è come se lui fosse la coscienza che sale i gradini di una scala, ripida e faticosa; per questo li sale anche lentamente e quando si avvicina a scoprire la verità, la protezione di quest’ultima si avventa contro di lui, lo colpisce ripetutamente scaraventandolo sulla stessa scala mostrata pochi istanti prima, che ora si è trasformata in una discesa mortale.

Quindi, chi è il vero protagonista di Psyco?
La pellicola si apre a molteplici risposte, ma è plausibile pensare che i soldi della giovane non siano l’unico MacGuffin del film, anzi, che tutto l’intreccio sia un’enorme MacGuffin per mettere in mostra la vera protagonista dell’opera: la mente umana. Nello specifico, la mente di Norman Bates, che il suo Motel rappresenta in maniera efficace e quantomai simbolica, in cui convivono pulsioni erotiche (Eros), pulsioni di morte (Thanatos), voyeurismo, stanze segrete sotterranee dove nasconde(re) i (nostri? suoi?) segreti più profondi e inconfessabili, mascherati alla luce flebile di una finestra che mostra solo ciò che si desidera far vedere e che spesso trae in inganno.

Lorenzo Bianchi

Una giovane ragazza fugge con una somma di denaro e trova rifugio presso un Motel lungo la strada. Ad accoglierla, un giovane di bell’aspetto, di buone maniere, che, tuttavia, sembra nascondere qualcosa sotto la sua patina di gentilezza ostentata. Che sia attratto da lei? Senza dubbio, ma occorre fare un passo indietro, alle primissime sequenze del film, che si apre con Marion a letto con un uomo: in tempi di Codice Hays non fu facile far approvare questa sequenza (come molte altre, per ragioni differenti) che indubbiamente porta con sé la dimensione di Eros, per utilizzare il termine di Sigmund Freud. Sappiamo bene che la sua controparte, Thanatos, non tarderà ad arrivare. In proposito, lo stesso regista ha rivelato a François Truffaut in Il cinema secondo Hitchcock che «Janet Leigh non avrebbe dovuto portare il reggiseno» e che «questa scena sarebbe stata più interessante se il seno della ragazza si fosse strofinato contro il petto dell’uomo». Inoltre, Mauro Giori in Alfred Hitchcock - Psyco (Lindau, 2009) ha posto l’accento sull’«intrufolarsi voyeuristico della macchina da presa» nella camera da letto. Sarà solo il primo di tanti, in questo film, e a cambiare sarà solo il soggetto dello sguardo (da noi a noi con Norman) ma non l’oggetto: lei.

Torniamo quindi a Norman Bates e al Motel, che può esser visto come la proiezione materiale e metaforica della sua psiche disturbata. E Hitchcock è quasi sadico nel giocare con lui, con lei e con noi, che osserviamo il tutto: in diverse occasioni ha spiegato la differenza che corre tra suspense e sorpresa e nel caso di Psyco è sorprendente come le applichi entrambe. Siamo portati a chiederci se Marion riuscirà a fuggire con i 40.000 dollari senza farsi prendere dalla polizia (suspense) ma non siamo pronti al fatto che venga uccisa così brutalmente nella celeberrima sequenza della doccia (sorpresa). Thanatos entra finalmente in scena, dopo esser rimasto represso per buona parte del film, e come introdurlo se non con un montaggio forsennato pensato per aggirare la censura e che, a posteriori, risulta una delle tante sequenze memorabili e rivoluzionarie del cinema hitchcockiano. Non sarà il primo omicidio, perché anche la morte di Arbogast, travestita da semplice atto violento funzionale alla trama, nasconde una metafora nei modi e nei luoghi in cui avviene: è come se lui fosse la coscienza che sale i gradini di una scala, ripida e faticosa; per questo li sale anche lentamente e quando si avvicina a scoprire la verità, la protezione di quest’ultima si avventa contro di lui, lo colpisce ripetutamente scaraventandolo sulla stessa scala mostrata pochi istanti prima, che ora si è trasformata in una discesa mortale.

Quindi, chi è il vero protagonista di Psyco?
La pellicola si apre a molteplici risposte, ma è plausibile pensare che i soldi della giovane non siano l’unico MacGuffin del film, anzi, che tutto l’intreccio sia un’enorme MacGuffin per mettere in mostra la vera protagonista dell’opera: la mente umana. Nello specifico, la mente di Norman Bates, che il suo Motel rappresenta in maniera efficace e quantomai simbolica, in cui convivono pulsioni erotiche (Eros), pulsioni di morte (Thanatos), voyeurismo, stanze segrete sotterranee dove nasconde(re) i (nostri? suoi?) segreti più profondi e inconfessabili, mascherati alla luce flebile di una finestra che mostra solo ciò che si desidera far vedere e che spesso trae in inganno.

Lorenzo Bianchi