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Tanti auguri David Lynch: i 70 anni di un genio assoluto

«Il mondo è diventato una stanza rumorosa. Il silenzio è il luogo magico in cui si realizza il processo creativo.»

 Eccentrico, schivo, poco propenso al dialogo e, soprattutto, alle interviste: David Lynch, classe 1946, nato a Missoula (Montana), compie 70 anni. Artista a tutto tondo (regista, pittore, musicista, scrittore) tra i più incisivi del XX e XXI secolo, ossessionato dalle immagini e dal loro (non) significato, Lynch ha saputo svincolarsi dalle regole del mainstream, costruendo e veicolando una poetica autoriale tanto visionaria quanto personalissima.

Eraserhead – La mente che cancella di David Lynch

Eraserhead – La mente che cancella

 

Il percorso lynchano (aggettivo ormai entrato di diritto nel linguaggio comune) inizia a metà anni ’60, con alcuni dirompenti cortometraggi (Six Figures Getting Sick, The Alphabet, The Grandmother) che già dimostrano appieno la propensione del giovane aspirante cineasta all’assurdo e al disturbante; ma è nel 1977 che Lynch esordisce ufficialmente nel panorama cinematografico con il lungometraggio Eraserhead – La mente che cancella. Un’opera prima non priva di ostacoli: a causa dello scarso budget, la lavorazione subì rallentamenti arrivando a durare sei anni, con Lynch costretto a chiedere sostegno a parenti e amici. Sforzi tutt’altro che vani, comunque: proiettata nelle sale d’essai, la pellicola assurge ben presto a cult, guadagnandosi di diritto un’aura dal sapore avanguardista.

The Elephant Man

The Elephant Man

 

Lynch può così realizzare, sostenuto da Mel Brooks nelle vesti di produttore, una delle sue opere più acclamate: The Elephant Man, ispirato alla storia vera di Joseph Merrick, uomo deforme vissuto nell’Inghilterra dell’Ottocento. Talmente straziante da risultare quasi insostenibile («Non sono un animale! Sono… un uomo!»), il film ottenne otto nomination all’Oscar, consacrando definitivamente un autore destinato alla gloria.

Dune di David Lynch

Dune

 

Ingaggiato dal produttore Dino De Laurentiis, Lynch gira Dune, adattamento dell’omonimo romanzo di Frank Herbert: il risultato, impersonale e forzato, fu tragico, soprattutto a causa di tagli e stravolgimenti in post-produzione. Scioccato, il regista si ripromise di mantenere il totale controllo sulle opere future. 

velluto-blu

Velluto blu

 

In tale prospettiva nasce Velluto blu, storia incentrata sulla perdita dell’innocenza e sul torbido nascosto dagli scintillii di una stucchevole cittadina di provincia. Grottesco, morboso, alienato e alienante, il film, grazie soprattutto a un cast in stato di grazia (un Dennis Hopper da antologia e una straordinaria Isabella Rossellini, all’epoca compagna del regista), riabilitò Lynch, segnando l’inizio di alcune storiche collaborazioni (con l’attore Kyle MacLachlan, con il compositore Angelo Badalamenti) e provocando comunque non poche polemiche. 

Cuore selvaggio

Cuore selvaggio

Il 1990 è un anno cardine nella carriera di Lynch: debutta infatti la serie televisiva I segreti di Twin Peaks, ideata con Mark Frost e trasmessa dalla ABC. Incentrato sull’assassinio della giovane Laura Palmer e sulle conseguenti indagini dell’agente FBI Dale Cooper (un iconico Kyle MacLachlan), Twin Peaks si rivela presto un fenomeno di culto, nonché un enorme successo di pubblico, entrando prepotentemente nell’immaginario collettivo (indimenticabile il personaggio del maligno BOB, interpretato da Frank Silva); ma Lynch, fedele alla propria idea di arte e avverso ai compromessi, abbandona ben presto il progetto, che comunque resterà a lui indissolubilmente legato, a causa di contrasti con la produzione. Dello stesso anno è Cuore selvaggio, road movie vincitore della Palma d’oro al Festival di Cannes.

Fuoco cammina con me

Fuoco cammina con me

 

Sulla scia di problematiche interne a I segreti di Twin Peaks, che ne bloccano la programmazione, Lynch gira Fuoco cammina con me, tentativo di riaccendere la fiamma relativa alle perverse (nonché per certi versi inedite) inclinazioni di Laura Palmer. Il risultato, benché apprezzabile negli intenti, non convince: troppe approssimazioni e incoerenze ne fanno un prodotto dedicato esclusivamente agli irriducibili appassionati. 

Strade perdute

Strade perdute

 

Nel 1997 Lynch realizza Strade perdute, rivisitazione in chiave onirica del noir di classica memoria. La matrice labirintica della narrazione, marchio autoriale inconfondibile, ne fa un’opera di difficile assimilazione, la cui non immediata comprensibilità mina il giudizio di pubblico e critica; quest’ultima, comunque, procederà con una doverosa rivalutazione negli anni successivi. 

Una storia vera

Una storia vera

 

Incline a spiazzare le aspettative, Lynch gira nel 1999 Una storia vera, la sua opera (in apparenza) più lineare, sommessa e intimista: viaggio fisico ed emozionale di un anziano protagonista in cerca di una tregua con il fratello malato, il film colpisce al cuore nonostante il distacco dagli abituali temi stranianti.

Mulholland Drive

Mulholland Drive

 

Temi ai quali Lynch ritorna negli anni Duemila, girando due tra le sue pellicole più affascinanti e riconoscibili: Mulholland Drive, storia di una donna alla disperata ricerca della propria identità, e INLAND EMPIRE, incentrato sulle traversie di un’attrice che dubita della propria percezione del reale. Complessi giochi di scatole cinesi in perenne bilico tra sogno e quotidiano, i due film raggiungono l’apice di una poetica mai così coerente dietro l’apparente gioco dell’assurdo: le immagini dominano, la parola è assoggettata alla sensazione visiva, la macchina-cinema supera se stessa infrangendo limiti e convenzioni. Il termine “disturbante” non ha mai trovato sul grande schermo una forma tanto compiuta. 

Inland Empire

INLAND EMPIRE

 

La prossima tappa della carriera David Lynch? Tornare a Twin Peaks per una già chiacchieratissima terza stagione della popolare serie tv che andrà in onda nel corso del 2017. Nell’attesa, l’invito è quello di scoprire anche le sue altre creazioni artistiche: non solo film, ma anche canzoni, quadri, cortometraggi e il recentissimo Duran Duran: Unstaged, documentario incentrato sulla celebre band britannica.

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