Alpha
Alpha
Durata
128
Formato
Regista
In una società dominata dalla paura della contaminazione causata da un terribile virus, la tredicenne Alpha (Mélissa Boros) cerca di trovare il suo posto nel mondo. Il complicato rapporto con la madre (Golshifteh Farahani) e con il misterioso zio Amin (Tahar Rahim) si complica quando la ragazza decide di tatuarsi l'iniziale del suo nome.
A quattro anni dalla "rivoluzionaria" Palma d'oro per Titane (2021), Julia Ducournau torna in concorso a Cannes con un nuovo, azzardato progetto dalle tinte forti. Se il film precedente, nonostante alcune parentesi fuori fuoco, vive di una viscerale tensione che porta a fiammeggianti riflessioni sulla contemporaneità, qui ogni singolo momento appare involuto e pretestuoso, sia dal punto di vista formale, sia da quello dei temi messi in gioco. Il corpo, ora lacerato ora cristallizzato in una fissità marmorea (l'unica intuizione degna di nota di tutto il film), è di nuovo al centro dell'immaginario della regista francese, sotto il segno di una continuità e di una coerenza cinematografica sicuramente apprezzabile. La tossicodipendenza, la paura del contagio che richiama chiaramente l'incubo dell'AIDS e la visione problematica dell'adolescenza sono tutte tematiche risapute, a cui Ducournau non riesce a dare una chiave di lettura realmente accattivante, in un film così macchinoso da diventare quasi irricevibile. Una pellicola che sembra voler andare ostinatamente contro le attese dello spettatore, sulla base di una autorialità fine a se stessa che spinge il dramma verso un body horror di seconda mano, trovando parziale riscatto solamente nella suggestiva sequenza finale. Il pesante passo falso di una regista e sceneggiatrice comunque talentuosa, giunta al non facile punto di confermare il clamoroso successo del film precedente. Presentato in concorso al Festival di Cannes.