Una donna chiamata Maixabel

Spagna, anno 2000, un commando armato dell'ETA entra in un locale e giustizia due uomini. La moglie di uno di questi è Lara Maixabel (Blanca Portillo) che, molti anni dopo, diventa direttrice di una associazione per le vittime del terrorismo: la donna accetterà di incontrare due dei membri del commando omicida, assegnati ormai alla giustizia e condannati a trentanove anni di carcere.

La regista spagnola Iciar Bollain, sempre sensibile allo sguardo femminile, qui assume quello della vedova Maixabel (Blanca Portillo), mettendo in scena questa struggente storia basata su fatti realmente accaduti. Partendo dall' atrocità di un omicidio, il film esplora ciò che accade dopo a chi sopravvive da entrambe le sponde: quella delle vittime, in questo caso la vedova e la figlia Maria (Maria Cerezuela), e quella dei carnefici, l'autista Ibon (Luis Tosar) e Luis Carrasco (Urko Olazabal). Da una parte la riflessione si concentra sull'elaborazione del lutto, senza cedere alla tentazione di odiare chi quel lutto l'ha provocato, ma celebrando la memoria di chi non c'è più come catarsi per portare un pò di luce nelle tenebre; dall'altra l'analisi è sulla capacità di chi ha infranto la legge, sia pure nel nome di un ideale politico, di capire i propri sbagli e, operazione ancor più ardua, convivere con un divorante senso di colpa. Efficace sceneggiatura che, pur appoggiandosi molto su sequenze dal forte impatto emotivo che a volte risultano eccessivamente forzate, ci accompagna pacatamente ma con determinazione al tanto atteso incontro, dove un fiore bianco celebrerà il complicato e non scontato rito del perdono. Veramente toccanti infine le sequenze in cui si ripercorre con la memoria il momento del delitto: madre e figlia prendono posto nel tavolo dove è stato commesso l'assassinio. Pellicola premiata in patria con tre premi Goya, tra cui miglior attrice protagonista.