L'arte della felicità
Durata
82
Formato
Regista
Il tassista napoletano Sergio ricorda con nostalgia il fratello scomparso, che da dieci anni viveva in Tibet, mentre porta i suoi clienti per le strade di una città piovosa e degradata.
Esordio cinematografico di Alessandro Rak, L'arte della felicità è una dimostrazione di come i limiti evidenti di produzione, ma anche la mancanza di idee forti e di una visione ampia, continuino a costringere l'animazione italiana a un provincialismo senza via d'uscita. Il viaggio di Sergio per le strade di Napoli è un giro a vuoto condito da un'insopportabile retorica esistenziale che culmina in un finale irritante e scontato, mentre la colonna sonora insistita (il tassista e il fratello erano musicisti) che vorrebbe costituire un fil rouge risulta solo ridondante. Se il tratto spigoloso e la regia frammentaria possono risultare interessanti, altrettanto non si può dire del soggetto risaputo e scandito dalla fastidiosa melensaggine dei dialoghi. Presentato alla Settimana Internazionale della Critica alla Mostra di Venezia nel 2013.
Esordio cinematografico di Alessandro Rak, L'arte della felicità è una dimostrazione di come i limiti evidenti di produzione, ma anche la mancanza di idee forti e di una visione ampia, continuino a costringere l'animazione italiana a un provincialismo senza via d'uscita. Il viaggio di Sergio per le strade di Napoli è un giro a vuoto condito da un'insopportabile retorica esistenziale che culmina in un finale irritante e scontato, mentre la colonna sonora insistita (il tassista e il fratello erano musicisti) che vorrebbe costituire un fil rouge risulta solo ridondante. Se il tratto spigoloso e la regia frammentaria possono risultare interessanti, altrettanto non si può dire del soggetto risaputo e scandito dalla fastidiosa melensaggine dei dialoghi. Presentato alla Settimana Internazionale della Critica alla Mostra di Venezia nel 2013.