Bushido

Bushidô zankoku monogatari

Anno

Paese

Durata

122

Formato

Regista

Kyoko (Yoshiko Mita) arriva in ospedale in seguito a un tentato suicidio. Il suo fidanzato Susumu (Kinnosuke Nakamura), consapevole di essere la causa principale del gesto dell’amata, ripensa alla storia della sua famiglia, formata da samurai ciecamente obbedienti ai propri superiori, e cerca di rompere il ciclo autodistruttivo.

Esattamente come negli Stati Uniti si stava rovesciando il mito dei western, così Tadashi Imai decide di riscrivere il genere cinematografico giapponese per eccellenza, quello dei samurai. Lo fa con un film volutamente antispettacolare e antieroistico, dove quasi tutta l’azione e la violenza avvengono fuori scena e dove i guerrieri vengono raccontati come vittime di un sistema sociale fagocitante e crudele. Attraverso la lettura dei diari dei suoi avi, Susumu non mette in discussione solo la romanticizzazione dei samurai, ma l’intera storia del Giappone, arrivando alla conclusione che non c’è molta differenza tra un’epoca in cui il capo clan poteva chiedere la vita dei propri sottoposti per capriccio e una contemporaneità in cui si sacrifica la vita personale per l’azienda per cui si lavora. Le storie raccontate sono dolorose e senza speranza, ma l’attenta regia e l’elegante fotografia evitano qualsivoglia morbosa indulgenza, favorendo piuttosto i dettagli più significativi (una katana insanguinata in seguito a un’esecuzione, uno sguardo dolente tagliato da una lama di luce). La potente denuncia del film non evita qualche ridondanza narrativa di troppo, ma era un rischio necessario per sottolineare la sistematicità della violenza e dell’abuso di potere, visualizzati anche tramite prospettive del tutto tabù per il Giappone di allora (l’omosessualità del terzo episodio) e elementi ancora delicati e scottanti (la sconfitta della guerra e le operazioni kamikaze). Tour de force attoriale per Nakamura, che interpreta tutti e sette i membri della famiglia di Susumu, caratterizzando ognuno con efficace sottigliezza, ma da non sottovalutare nemmeno la caratterizzazione delle protagoniste femminili, ingabbiate in decisioni sempre altrui e che per prime riconoscono le storture del sistema. La pellicola vinse l’Orso d’oro a Berlino, ex-aequo con Il diavolo di Polidoro.




Lascia un tuo commento

Potrebbero interessarti anche

Corsi

Sei un appassionato di cinema?
Non perderti i nostri corsi lorem ipsum dolor


Sei un’azienda, un museo o una scuola?
Abbiamo studiato per te lorem ipsum dolor

Con il tuo account puoi:

Votare i tuoi film preferiti

Commentare i film

Proporre una recensione

Acquistare i nostri corsi

Guardare i webinar gratuiti

Personalizzare la tua navigazione

Filtri - Cerca un Film

Attori
Registi
Genere
Paese
Anno
Cancella
Applica