A testa alta
La tête haute
Durata
120
Formato
Regista
Malony (Rod Paradot) è un sedicenne inquieto, vittima di continue esplosioni di violenza e perennemente nei guai con la giustizia. Un giudice (Catherine Deneuve) e un assistente sociale (Benoît Magimel) provano ad aiutarlo, ma la loro si rivela un'impresa più complicata del previsto.
Scritto dalla stessa regista Emmanuelle Bercot insieme a Marcia Romano, il film si sviluppa attorno a un anomalo percorso di formazione in cui il giovane protagonista, ogni volta che sembra avvicinarsi a trovare un proprio equilibrio, finisce per ripiombare nel vortice della criminalità. Rimasto senza un padre fin da quand'era piccolo e cresciuto da una madre instabile con un altro figlio (minore) a carico, Malony non ha fiducia nel mondo degli adulti e finisce perennemente per scontrarsi anche contro chi vorrebbe dargli una mano. Non c'è grande originalità nella pellicola e l'andamento è piuttosto prevedibile: il ritmo, quantomeno, non è male e la regista sa come muovere una macchina da presa che segue da vicino il suo protagonista dal primo all'ultimo minuto. Peccato, però, che le rare sequenze degne di nota vadano a perdersi in un quadro complessivo irrisolto che fatica a trovare una linea da seguire con coerenza. A tratti “politico”, a tratti esistenziale, il film si perde anche a causa di una serie di circostanze narrative degne del peggior cinema del dolore (l'incidente automobilistico) e di un finale inadeguato. Incomprensibilmente scelto come titolo d'apertura del Festival di Cannes 2015.
Scritto dalla stessa regista Emmanuelle Bercot insieme a Marcia Romano, il film si sviluppa attorno a un anomalo percorso di formazione in cui il giovane protagonista, ogni volta che sembra avvicinarsi a trovare un proprio equilibrio, finisce per ripiombare nel vortice della criminalità. Rimasto senza un padre fin da quand'era piccolo e cresciuto da una madre instabile con un altro figlio (minore) a carico, Malony non ha fiducia nel mondo degli adulti e finisce perennemente per scontrarsi anche contro chi vorrebbe dargli una mano. Non c'è grande originalità nella pellicola e l'andamento è piuttosto prevedibile: il ritmo, quantomeno, non è male e la regista sa come muovere una macchina da presa che segue da vicino il suo protagonista dal primo all'ultimo minuto. Peccato, però, che le rare sequenze degne di nota vadano a perdersi in un quadro complessivo irrisolto che fatica a trovare una linea da seguire con coerenza. A tratti “politico”, a tratti esistenziale, il film si perde anche a causa di una serie di circostanze narrative degne del peggior cinema del dolore (l'incidente automobilistico) e di un finale inadeguato. Incomprensibilmente scelto come titolo d'apertura del Festival di Cannes 2015.